Dote ai 18enni da tassa di successione, Draghi frena Letta

Imposta di successione e opportunità per i giovani

Chiamato da poco più di un mese alla guida del Partito Democratico – alcuni hanno scritto “al capezzale”,  Enrico Letta, nel maggio scorso ha proposto di reintrodurre una tassa al 20% per la successione in linea diretta  di patrimoni superiori ai cinque milioni di euro, circa l’1% più ricco della popolazione.

Il regime attuale nel nostro Paese prevede che non si paghi nessuna imposta per la successione in linea diretta fino a un milione di euro, dopo questa cifra l’aliquota è del 4%. Se il passaggio di beni avviene tra fratelli o sorelle, la percentuale della tassa di successione arriva al 6%, con una franchigia per ciascun erede di 100.000 euro.

Nella recente storia italiana l’imposta di successione in linea diretta fu del tutto abolita dal secondo governo Berlusconi con la Legge n. 383 del 2001 e parzialmente reintrodotta, con la franchigia a un milione di euro e l’aliquota a 4%, dal secondo governo Prodi nel 2006 (D.L. n.  262).

I proventi della nuova imposta sarebbero destinati a dare ogni anno  “una dote ai giovani”, ai circa 280.000 diciottenni meno dotati di risorse familiari per lo studio, per la casa o per avviare un’attività.

L’idea di Letta muove da ragioni di equità sociale che affondano le radici nella cultura della sinistra:  chiedere un contributo ai più ricchi per dare risorse ai giovani che, da reddito ISEE, si trovano nella parte inferiore della scala sociale, perché siano meno svantaggiati nelle opportunità di studio di lavoro, di sistemazione abitativa.

La proposta del nuovo segretario PD può anche appellarsi al fatto che nei paesi europei con i quali più ci confrontiamo l’imposta di successione in linea diretta è decisamente più alta – in Germania è al 30, in Spagna al 34, in Gran Bretagna al 40 per cento e in Francia al 45 – e garantisce allo stato gettiti ben maggiori di quanto avviene in Italia. In proposito, circa tre mesi prima dell’iniziativa di Letta, su “Repubblica” era comparso un articolo di Raffaele Ricciardi che riportava i risultati di una ricerca fatta dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani, guidato da Carlo Cottarelli,  dal titolo: “Tassa di successione: Francia, Germania e Spagna incassano fino a 13 volte più dell’Italia” (6 febbraio 2021).

Il presidente  Mario Draghi ha impedito che l’idea di Enrico Letta divenisse una proposta da discutere al tavolo del consiglio dei ministri, dove avrebbe causato prevedibili contrapposizioni, dichiarando:  “In generale non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli”. Al suo giudizio si è accodato Matteo Renzi, il quale, pur concedendo che “l’idea di dare una mano ai giovani è sacrosanta”, ha bocciato l’iniziativa giudicando addirittura “una follia” l’intenzione di alzare le tasse in un momento di  crisi. (ospite a “Zona bianca” di Rete 4).

Ovviamente contrarie le forze politiche di destra che, obbedendo a una sorta di riflesso condizionato, non hanno perso l’occasione di evocare la frusta e generica accusa alla sinistra che  “mette le tasche nelle mani degli italiani”, e Silvio Berlusconi ha chiamato “immorale” l’idea di Letta.

Nello stesso PD non sono mancate le prese di distanza. L’ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci ha dichiarato di condividere totalmente la risposta del presidente Draghi.

Oltre ai giudizi dati in sintesi per orientare i propri seguaci, polemizzare e cercare consenso, percorrendo i siti di informazione politica, si incontrano anche riflessioni più articolate, come quella di Vincenzo Visco  e quella del gruppo già citato dell’Osservatorio conti pubblici italiani.

L’ex ministro del Tesoro, in un articolo pubblicato su www.rivistailmulino.it,  ricorda che l’imposta di successione è un caposaldo della cultura liberale, sostenuta a suo tempo da Luigi Einaudi, vista come uno strumento per migliorare le condizioni di eguaglianza all’interno della società e ridurre la concentrazione dei patrimoni.

Tuttavia, oltre alle considerazioni generali sulla difficoltà di accertamento della ricchezza e sul fatto che la libertà della trasmissione ereditaria ai figli e al coniuge è fortemente radicata nella nostra cultura, Visco non condivide la logica della soluzione di complessi problemi socio economici con bonus monetari – i 10.000 euro per i diciottenni – sottesa alla proposta di Letta.

La ricerca dell’Osservatorio conti pubblici italiani, svolta da Edoardo Frattola e Giampaolo Galli, dato atto che un’accresciuta imposta di successione sulle ricchezze maggiori è uno strumento di equità sociale,  aggiunge: “E’ difficile evitare che essa, non potendo incidere sulle quote societarie e sui beni nascosti all’estero, finisca per incidere soprattutto sulle proprietà immobiliari del ceto medio e sia percepita come una “tassa sulle disgrazie” in quanto tende a colpire i beni di coloro che muoiono prematuramente, prima di avere potuto sistemare gli affari di famiglia.” Il rischio sarebbe quello di colpire soprattutto le proprietà immobiliari del ceto medio, già bersagliate dalle imposte.

Queste analisi più meditate e in parte critiche, riconoscono che l’idea di Letta ha colto un nodo importante per lo sviluppo della società italiana, ed è probabilmente per ragioni contingenti e di equilibrio politico che Mario Draghi ha rimandato l’esame della questione. Né forse il segretario PD si aspettava o era disposto a pretendere un immediato inserimento  della sua proposta nel programma di governo.

Enrico Letta ha assunto la guida di un partito che resta di gran lunga la maggiore forza politica del centrosinistra ma non riesce per ora a risalire nei consensi dopo la sconfitta alle elezioni politiche 2018, nelle quali il PD raccolse poco più di sei milioni di voti, ed è afflitto dalla consapevolezza di tre debolezze che gli impediscono di aggregare gran parte delle forze democratiche del Paese: la difficoltà di formulare una proposta politica forte, condivisa, chiaramente riconoscibile; la continua conflittualità interna che rende l’immagine di un partito lacerato dalle lotte di potere; la difficoltà di apertura alla società civile, tante volte dichiarata necessaria,  a cui si lega la scarsa capacità di attrarre i giovani. Prendendo la guida del partito Letta ha voluto dare il segnale sia all’interno sia all’esterno, che si apre una stagione nuova per il partito. La sua proposta sull’aumento della tassa di successione, unita a quella per il voto ai sedicenni e alla ripresa dello Jus soli, parla all’identità del partito  e alle forze democratiche per dare il messaggio  di un PD che vuol essere più determinato nel proporre una politica solidaristica, ridistributiva, inclusiva, di maggior giustizia sociale, attenta in particolare al futuro del Paese che sarà migliore se i giovani avranno migliori opportunità.

L’idea di dare risorse ai diciottenni tassando la successione sui grandi patrimoni non arriverà forse sul tavolo del governo, però potrebbe agire utilmente in due direzioni: da un lato mostrando l’urgenza di una riforma complessiva di un  sistema fiscale gravoso ma poco equilibrato ed equo, dall’altro spingendo l’azione del governo ad essere particolarmente determinata nel realizzare gli obiettivi di lotta alle disuguaglianze generazionali e di recupero del potenziale dei giovani che dovrebbero essere parte qualificante  delle riforme finanziate con i fondi europei.