Massimo Sartelli. Medico: Considerare il COVID come un’influenza significherebbe minimizzare quello che è stato e quello che potenzialmente può ancora essere

Mi aggancio a qualche post che assimila ormai il COVID all’influenza.

Ci sono più motivi per non assimilare il COVID ad una influenza.

Il primo è per non minimizzare ciò che è stata la pandemia con più di 4 milioni di morti direttamente legate al virus e molte altre dovute a cause indirette come diagnosi tardive. E poi per ciò che ha rappresentato per i malati o gli stessi parenti che hanno vissuto la malattia in una triste solitudine lontani dai propri cari.

Un secondo motivo è di natura prettamente strategica perché se è vero che il coronavirus ha molte caratteristiche in comune con la banale influenza (entrambi sono virus respiratori contagiosi, possono diffondersi attraverso aerosol, goccioline e superfici contaminate, presentano una sintomatologia simile con febbre, tosse e affaticamento) gli aspetti per i quali differiscono sono altrettanti. Ad esempio la velocità di diffusione del COVID e la sua capacità di causare patologie molto più gravi dell’influenza, oltre che il maggior lasso di tempo che deve passare affinché i sintomi del SARS-CoV-2 si manifestino e la più lunga contagiosità degli infetti. L l’Rt dell’influenza stagionale, ovvero il numero di persone che di media può contagiare un singolo infetto, è di 1,3 circa, mentre quello della variante Delta si aggirerebbe potenzialmente intorno a 7. Una persona con variante Delta, dunque, potrebbe infettare in media 7 persone. 

È vero che i vaccini contro il coronavirus dovrebbero avere un impatto proporzionale maggiore sui decessi per COVID. Finora, i vaccini anti COVID più comuni utilizzati nel Regno Unito (ovvero Oxford/AstraZeneca e Pfizer/BioNTech) riducono il rischio di ricovero per Covid di oltre il 90%. Di conseguenza, il programma di vaccinazione ha ridotto sostanzialmente i decessi per Covid. Tuttavia, sembrano molto più utili per prevenire i ricoveri che che per limitare la trasmissione del virus, quindi si prevede che i casi di COVID potrebbero aumentare ancora per qualche tempo. Più grande è l’epidemia, più possibilità ha il virus di trovare persone vulnerabili che non hanno ricevuto le vaccinazioni o non sono sufficientemente protette dal vaccino. In aggiunta un virus più circola e più muta, ed in un momento di grossa pressione sul virus, dovremmo cercare di farlo circolare il meno possibile continuando a rispettare le misure di protezione personali, che sono state un po’ allentate ma non rimosse, continuando a tracciare i positivi circoscrivendo i focolai e sequenziando le mutazioni.

Considerare il COVID come un’influenza significherebbe minimizzare quello che è stato e quello che potenzialmente può ancora essere.

Ciò per dire che siamo sulla strada giusta ma il COVID non è stato sconfitto.