Riportare la vita in periferia

Il 14 maggio si sono celebrati gli stati generali sulla natalità in Italia. Tema fondamentale per il futuro italico.

Il tema è vasto e deve tenere conto di più aspetti, ad iniziare da quello culturale senza la cui soluzione non avranno effetto significativo neanche gli interventi più radicali.

Quindi tanti sono gli approcci da considerare e da tenere insieme. Ne accenno soltanto uno, riprendendolo dalla relazione del Presidente ISTAT Blangiardo (così come riportato dall’Agenzia SIR).

Stati generali natalità: Blangiardo (Istat), “accrescere di mezzo milione i nati nel decennio”

Nel periodo 2014-2019 in Italia si sono registrati “meno 705mila residenti”: lo ha affermato il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, nel suo intervento stamattina agli Stati generali della natalità, in corso a Roma. “Meno 175mila residenti solo nel 2019 – ha precisato -: il calo ha riguardato 5.620 i comuni (71%) ove risiedono i 2/3 della popolazione. Meno 384mila residenti nell’anno pandemico 2020”. Per il presidente dell’Istat, “è necessario contrastare i segnali di spopolamento e ridare vitalità soprattutto ai piccoli centri delle aree interne e/o di montagna”. In 4.572 comuni (25,5 milioni di residenti) al 1° gennaio 2021 “ci sono più ultraottantenni (i bisnonni) che bambini con meno di 10 anni (i pronipoti). Il dato medio nazionale è di circa 1 a 1. In 1.088 comuni i bisnonni sono il doppio dei pronipoti e solo in 362 sono meno della metà. È necessario riequilibrare i rapporti tra le generazioni”, ha ricordato il presidente dell’Istat.

Quindi l’indicazione (non la sola ovviamente) è che bisogna “contrastare i segnali di spopolamento e ridare vitalità soprattutto ai piccoli centri delle aree interne e/o di montagna”. Che tradotto significa creare condizioni interessanti per vivere con servizi a disposizione là dove invece nei lustri passati abbiamo tagliato e ridotto, accentrando tutto nei grandi centri (le abbiamo chiamate economie di scala).

L’ho scritto e riscritto più d’una volta. Lo ripeto a costo di nauseare: ciò che conta per i territori, almeno per quelli che non sono località marine o montane rinomate oppure centri di importanza mondiale come Roma, Venezia o Firenze, è costituito da trasporti, scuole superiori, università, servizi sanitari, RSA o residenze per anziani, Tribunali, aziende produttive, servizi culturali, asili nido, possibilità di spostarsi rapidamente (strade sistemate, interventi sgombro neve, ecc.) ecc. Altrimenti, anche se oggi si è serviti da WiFi, si è di fatto isolati per la vita normale, quella famigliare, e in buona parte anche per il lavoro.

Cosa significa per il Piemonte? Cosa significa per la Provincia di Alessandria? Pensiamo alle aree poco servite, a quelle che sono state abbandonate perché semi isolate, a quante non hanno quasi più imprese che offrano lavoro e futuro. Quante volte si è detto che la nostra era una Regione Torinocentrica? Quante volte si è parlato dell’altro Piemonte (tutto l’est della Regione)? E quante volte Alessandria anziché rafforzare i centri-zona ha accentrato a sua volta? E i centri-zona quante volte hanno tenuto analogo comportamento con i Comuni minori del loro territorio?

Invertire quindi l’andazzo del recente passato di accentrare tutto; e tornare a considerare i borghi della Penisola non solo luoghi per il semplice riposo o per il fine settimana, è essenziale. Come è pure essenziale riconoscerne il ruolo delle comunità di vita, delle relazioni, del lavoro (libero creativo partecipativo e solidale così come lo ha definito Papa Francesco), delle esperienze di convivenza democratica o quelle che sono arricchimento di fede e spiritualità.

Sarà difficile ritornare sui propri passi; significa smontare un modello che sembrava vincente e che è stato perseguito pervicacemente (nonostante perplessità e sacrificio di aziende e servizi). Significa invece ripensare i paradigmi economici, produttivi, lavorativi, di istruzione che puntino sulle comunità e non sullo statalismo o sui semplici dati statistici; che si basino sulle persone, e interessi ed esigenze che li riguardano.

Mettere al centro l’attenzione delle periferie e dei piccoli centri per tornare a prendersi cura anche della famiglia e dell’aspetto legato a supportare la natalità del nostro Paese è allora veramente fondamentale. E se lo è per le famiglie, lo può essere anche per tornare a svilupparci in modo integrale, tenendo presente l’economia, la produzione, la socialità, l’ambiente.

E scopriremo, sono sempre parole di Papa Francesco, che davvero è tutto connesso.

E auguriamoci che la lezione questa volta non la dimentichiamo troppo in fretta per far spazio a interessi diversi o per cedere a nuovi slogan.