DI ZATTERE, MEDIAZIONE E ALTRI SUGGERIMENTI TEMPERANTI

di Valeria Bianchi Mian

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Lettere alla Psicologa su Alessandria today!

Mi è capitato di recente sotto gli occhi un documentario sulle formiche. Non ricordo in quale luogo del mondo, questi esserini super collaborativi hanno imparato a creare una zattera vivente, e tutto ciò per due scopi principalmente. L’imbarcazione-formicaio, che mi ricorda il Levitano di Thomas Hobbes ma con la regina delle formiche al posto del monarca, ha la funzione di ponte per mettere in salvo le larve quando la casa base è minacciata da alluvioni o altri disastri. Poiché si è rivelata evolutivamente funzionale, la zattera è stata diciamo così ‘brevettata’ come metodo per trasferire tutto il formicaio in siti più ricchi di cibo e più idonei alla specie. Insomma, la collettività si ingegna.
Questa cosa mi ricorda il senso filo rosso di Archa Psychodrama, la manifestazione internazionale alla quale ho partecipato di recente.
Coralità istintiva, nel caso delle formiche, impensabile per noi umani ancora tanto neolitici, nonostante la neocorteccia.
O forse proprio per via della neocorteccia, la quale dovrebbe aiutare e invece ci incarta tra estremi nel collettivo e nel personale.
Non ce la facciamo. Dentro e fuori dai Social abbiamo bisogno di nemici. Il nemico ovviamente è sempre fuori dal nostro cervello e dalla nostra anima. Non riusciamo a riconoscere dentro l’altro-da-noi il nostro stesso gemello oscuro.
Dunque, ecco che le guerre civili si combattono fuori, là dove c’è quello senza mascherina e quello con, là dove c’è il runner indefesso e quello abbruttito davanti alla DAD, là dove c’è quello che va in piazza, vaccinato o meno, a gridare contro l’altro, e quello che sulla tastiera scrive devi morire male.
Io non ce la faccio. Sarà per deformazione professionale, sarà perché ho sempre avuto la tendenza a guardare le cose prima da un verso e poi dall’altro, ma è naturale che io resti prima di tutto basita, paralizzata, in riflessione, e che poi, con calma, operi una dinamica del dubbio, quando non salomonica.
Mezzo bambino-Verità a te e mezzo a te.
Il punto è che, se faccio Salomone così come ho fatto, in un’ottica che tenga conto di tutti gli aspetti delle faccende, con i temi caldi di questi ultimi anni – maternità surrogata, decreti e leggi, migrazioni della nostra specie, vari virus animali e comportamenti sociali di Homo Sapiens Sapiens – tutte e due le parti in causa pretendono il bambino intero.
Conoscete la storia, no?
Ora.
Credo che la modalità del mio pro pro prozio Biffi, che fermò una battaglia tra due tribù a Cartagena in Colombia verso la fine del diciannovesimo secolo, semplicemente sorridendo e cercando di operare una mediazione tra i due capi, sia vincente solo fino a quando non ti tagliano la testa per ficcarla sopra un palo e festeggiare tra nemici alla faccia tua.
Al pro pro prozio Biffi è andata bene.
Ha guadagnato una statua nel centro della città sudamericana.
A noi mediatori di questa epoca pazza, non resta neppure l’essere ascoltati.
Spesso ci odiano, quando non capiscono.
Vedremo.
Nel frattempo scusate se non do ragione a nessuno, a meno che, individualmente, non portiate la vostra ragione consci della sua concreta limitatezza.
Un carissimo saluto e buon lavoro.

V.

No, non ero io la bella fricchettona nella foto. Ma l’espressione dubbiosa di questa ragazza con sogni e speranze accese mi piace, anche se il suo sogno è finito lì.