Il sole si affaccia all’orizzonte. Giulio apre gli occhi, il suo sguardo si incrocia con quello immobile e stanco di Stefano.

– Già! Non hai dormito. Sarà così per un po’ di tempo, poi crollerai e ti lascerai vincere dal sonno; un momento bellissimo, da ricordare. Per te la prima soddisfazione. Non ce ne saranno molte altre, sino alla fine della tua breve vacanza. –

– … ti ringrazio per il sostegno che mi dai. –

– Mi sei simpatico. –

– Ehi, lo sai che non me l’ha detto mai nessuno. Non avrai intenzioni di legarti a me? –

– Non ci penso nemmeno. Il fatto di essere simpatico, non significa che sei il mio tipo. –

Qualcuno degli ospiti si alza per lasciare l’albergo.

– Dove vanno così presto? –

– Non credo che non te ne sia accorto; dormiamo sotto un monumento cittadino, e non possiamo affatto considerarci parte integrante della sua architettura – risponde Giulio. – Quelli del luogo e i turisti potrebbero avere da ridire, perciò è il momento di prendere la nostra roba e sparire. –

– Non riuscirò a rimanere a lungo in piedi senza aver bevuto un buon caffè – dice Stefano.

– Ti capisco. Purtroppo la colazione non rientra nel servizio in camera. Andiamo, ti offro un caffè in un bar. Domani tocca a te. Non dimenticarlo, potrei rimanerci male. –

La piazza è grande, ombreggiata da alberi secolari. Nel mezzo una fontana di pietra, stile moderno, viene quasi ignorata dalle persone presenti. Un uomo, sessantenne, barba lunga e grigia, vestito alla meglio, seduto su una panchina, accanto uno zaino, con un piatto di plastica in mano butta per terra del cibo che è beccato da una miriade di piccioni. Nella panchina di fronte, Stefano e Giulio, osservano.

– Questo benedetto cibo che ci danno alla mensa a volte non lo mangiano neanche i piccioni – dice tra sé e sé l’uomo.

Stefano accenna un sorriso.

– È il nostro luogo di ritrovo obbligato, nel senso che ci possiamo sedere, sdraiarci se vogliamo, è sufficientemente ampio e non è distante dalla mensa. Siamo persone pigre – confida Giulio – ed è anche il motivo per il quale cerco di venirci il meno possibile. –

– Cosa si fa qui tutto il giorno? –

– Niente. Te l’ho detto, ci si sta comodi. Forse troppo. –

L’uomo dei piccioni accoglie il nuovo arrivato con un impercettibile sguardo, sotto lo svolazzare festoso dei volatili.

– Calma, piccioncini, un po’ di riguardo per il signore, potreste infastidirlo – Niente di peggio che essere bersaglio di un escremento liquido piovuto dal cielo. – … è quello che temevo. Finirete per allontanare dalla piazza tutta la brava gente – dice l’uomo, quasi con senso di colpa nei confronti del suo dirimpettaio. – Se si ripeterà, sarò costretto a non darvi più da mangiare. –

Stefano, da parte sua, non ha in mente di rovinarsi la giornata, così tenta di cancellare il problema pulendosi la giacca con un fazzolettino di carta.

– … si dice che porta bene – sostiene Giulio, tentando di confortare l’amico.

– Se potessi farlo, mi divertirei al tiro al bersaglio – confessa con tono pacato Stefano.

– Se ci tieni a non farti nemico il filosofo, faresti bene ad andarci cauto con certe affermazioni. È un terreno minato. Capisci? –

– Certo. Penso, però, che a questi insopportabili pennuti potrebbe insegnargli le buone maniere. Comunque, in ogni caso non mi sono simpatici. –

– … l’ho capito. O pensi che sia rimbambito – afferma con determinazione l’uomo. – Le buone maniere, dici, mi sembra un’impresa ardua, se proprio ci tieni a conoscere il mio parere. Lo senti questo brontolio? Niente paura, è la sveglia del mio stomaco che reclama di essere riempito. Dai, alziamo le chiappe da qui, non vorrei arrivare alla mensa a festa conclusa. –