16 agosto ’24, ecco il corpo di Matteotti. Su quel delitto nasce il regime fascista

DI ILARIA ROMEO  https://www.strisciarossa.it/

Il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti, deputato e segretario del Psu (Partito socialista unitario, il partito di Filippo Turati e Claudio Treves), viene rapito sul lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma e ucciso. Il suo corpo sarà ritrovato il 16 agosto nelle campagne fuori Roma.

Benito Mussolini ordina la morte del leader socialista per mettere a tacere le sue denunce di brogli elettorali attuati dalla dittatura nelle elezioni del 6 aprile 1924 e le sue indagini sulla corruzione del governo.

“Voi che oggi avete in mano il potere e la forza – aveva detto il 30 maggio Matteotti alla Camera -, voi che vantate la vostra potenza, dovreste meglio di tutti gli altri essere in grado di far osservare la legge da parte di tutti. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della nazione”.

Se la libertà è data – prosegue il deputato socialista – “ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Molto danno avevano fatto le dominazioni straniere. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni” (leggi tutto il discorso).

Sarà l’ultimo discorso pubblico di Giacomo Matteotti. Si racconta che a chi si congratulava con lui per il discorso alla Camera Matteotti avesse risposto sorridendo: “E adesso potete preparare la mia orazione funebre”. E infatti il 13 giugno Filippo Turati darà in Parlamento la notizia della sua scomparsa. Per protesta contro il rapimento e l’assassinio del deputato socialista, tutta l’opposizione parlamentare si ritira sul cosiddetto Aventino.

Seguono mesi di braccio di ferro, in cui il governo fascista sembra sul punto di capitolare.

Ma il 3 gennaio 1925, con un famoso discorso alla Camera, Mussolini assume in prima persona la responsabilità politica del delitto: “Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l’arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento ad oggi”.

Nonostante le ricerche ininterrotte, il corpo di Matteotti sarà ritrovato per caso solo il 16 agosto nei pressi del comune di Riano dal cane di un brigadiere dei Carabinieri in licenza (il cadavere era ormai in avanzata fase di decomposizione, quindi fu necessaria una perizia odontoiatrica per il riconoscimento).

Il 20 agosto alle ore 18, solo quattro giorni dopo il ritrovamento, partirà da Monterotondo il treno che riporterà a Fratta Polesine la bara con la salma. Migliaia di lavoratori, operai e contadini assiepati ai bordi della ferrovia renderanno omaggio in silenzio alla salma del deputato socialista barbaramente trucidato dai fascisti.

Il giorno prima dei funerali la vedova aveva scritto al ministro dell’Interno Federzoni chiedendo che al funerale non fossero presenti esponenti del PNF e della Milizia: «Chiedo che nessuna rappresentanza della Milizia fascista sia di scorta al treno: nessun milite fascista di qualunque grado o carica comparisca, nemmeno sotto forma di funzionario di servizio. Chiedo che nessuna camicia nera si mostri davanti al feretro e ai miei occhi durante tutto il viaggio, né a Fratta Polesine, fino a tanto che la salma sarà sepolta. Voglio viaggiare come semplice cittadina, che compie il suo dovere per poter esigere i suoi diritti; indi, nessuna vettura-salon, nessun scompartimento riservato, nessuna agevolazione o privilegio; ma nessuna disposizione per modificare il percorso del treno quale risulta dall’orario di dominio pubblico. Se ragioni di ordine pubblico impongono un servizio d’ordine, sia esso affidato solamente a soldati d’Italia» (la lettera di Velia Matteotti sarà pubblicata su «il Corriere della Sera» del 20 agosto 1924).

Il delitto Matteotti segna l’inizio del regime e costringe gli italiani impegnati in politica o comunque fedeli ai valori della libertà a scegliere da che parte stare. Si racconta che Sandro Pertini, eletto consigliere comunale di Stella, il suo paese natale, il 24 ottobre 1920, in una lista composta da esponenti dell’Unione liberale ligure, dell’Associazione liberale democratica, del Partito dei combattenti e del Partito popolare italiano, si sarebbe iscritto al Partito socialista unitario, presso la Federazione di Savona, il 18 agosto 1924, proprio sull’onda dell’emozione e dello sdegno per il ritrovamento, due giorni prima, del cadavere di Matteotti, che di quel partito era il Segretario.