OLTRE IL TEMPO, di Antonio Costantino. Recensione di Enzo Concardi

Oltre il tempo, oltre questo nostro tempo terrestre che ci è stato dato per vivere, oltre questa nostra vicenda umana che si dipana spesso con irrazionalità tra mille incertezze e dubbi, non sappiamo cosa esiste, non sappiamo cosa ci aspetta. Potrebbe apparire questa posizione di Costatino – che caratterizza la sua poetica esistenziale – un atteggiamento agnostico nei confronti dei quesiti, dei perché della vita, sui quali tutti almeno una volta ci siamo interrogati. Tuttavia propendo per un’altra interpretazione dell’inquietudine del poeta: egli si misura essenzialmente con le dimensioni del mistero, dell’arcano, dell’enigma che avvolgono la nostra parabola biologica e spirituale e con ciò si avventura in un terreno antropologico e religioso in senso ampio, sulle tracce di una ricerca dell’identità e del destino dell’individuo e del senso della storia. La sua anima è sempre vigile e attenta alla dialettica senso-non senso, significato e assurdo, caos e finalità. Il tempo tiranno se ne va in un baleno e corre verso la fine come la sabbia di una clessidra: per ognuno di noi non ci sarà una seconda possibilità o forse si, se varcheremo la soglia in compagnia della speranza. È il perenno motivo del tempus fugit che Michele Miano mette in evidenza nella sua prefazione al libro, insieme alle tematiche della natura, agli incanti della memoria, alla dialettica illusione-delusione, alle incessanti riflessioni esistenziali, che sono le principali cifre del canto costantiniano. Inoltre – caratteristica peculiare secondo il prefatore – v’è la presenza di una insularità tutta siciliana delle radici, dell’identità, della classicità legata alla Magna Grecia e ai suoi miti.

Ad una attenta lettura dei testi dell’autore noto dapprima la sua inclinazione a scrivere liriche sempre molto aperte, non conclusive o definitive, nelle quali il lettore trova spunti per continuare il discorso da lui iniziato, anche in proprio, come se lo invitasse a creare insieme nuovi versi. Gli strumenti a lui cari del fare poesia non sono tanto linguistici, ma emotivi e dimensionali: sciorina una lirica che viaggia quasi sempre nei livelli onirici e visionari, con un distacco dal mondo reale talvolta voluto per la non accettazione del dato di fatto, talaltra cercato nel mondo del sogno per scoprire nuove possibilità e gamme esistenziali; crea immagini, rievocazioni, letture delle voci del cosmo e della natura abbastanza frequentemente in modo criptico, penso per stimolare il lettore a seguire il filo segreto dei suoi discorsi, per condurlo sui temi della vita e della morte quasi senza accorgersene; parla, racconta, narra, interloquisce, dialoga poeticamente rivolgendosi a un tu indefinito che, di volta in volta, può essere l’uomo, il lettore, la donna amata ed anche sé stesso, conferendo al suo stile un tono confidenziale nel quale si può leggere tanta partecipazione ed empatia alla vicenda propria ed altrui; coniuga attraverso atmosfere artisticamente accattivanti e suggestive concetti nascosti nel mistero, nel segreto, nell’arcano, nell’invisibile – come ho già detto in precedenza – ma che qui voglio rimarcare per le valenze comunicative e di alto sentire; costruisce una poetica molto dinamica, dove non vi sono staticità di sorta, dove non appaiono punti morti o fermi ma solo scorrere di ritmi, scansioni, armonie, note in continuo divenire; il fiabesco e l’onirico s’interrompono ogni tanto con risvegli improvvisi, come se il poeta smettesse il suo soliloquio per ritornare dall’irreale al reale; ed ancora sembra che il quotidiano, la cronaca, la storia non interessino al poeta, cantore di viaggi e incursioni nell’io senza tempo e spazio, con rarissimi riferimenti a episodi e luoghi concreti.

Una poesia dunque dell’irrazionale e dell’inconscio, testimoniata ovunque e sintetizzata in questi versi: “Tu ancora pensato non hai / di fuggire dall’umanità / vuoi nel mondo finire dei sogni. / I raggi tocchi del tramonto / cercando fiabesche lontananze. / L’inizio è del viaggio che porta nello spirito / dove bianco e nero, dolce e amaro, / triste e allegro non contano più. / Ricordami come solo san fare le donne / e non aprire oggi la porta del silenzio” (La fuga dal mondo). Il lettore scoprirà da sé le infinite cavalcate d’immagini di Oltre il tempo, come le ombre accomunate al sentimento d’estraneità e solitudine, l’effimero della vita rappresentato dalle sottili cime dei cipressi, il ‘futuro avrà i tuoi occhi’ di rimembranza pavesiana, le notti lunari che popolano i suoi versi riportandoci tocchi di romanticismo, il tacere della civetta, il dialogo sulle stelle che sembra un estratto del Piccolo Principe, l’ombra di sé che sdoppia la personalità alla maniera pirandelliana, l’uscita di sicurezza: “Nulla esiste che non sia l’amore / del tuo caldo abbraccio” (L’abbraccio).

Enzo Concardi

Antonio Costantino, Oltre il tempo, pref. Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 102, isbn 978-88-31497-62-6, mianoposta@gmail.com.