La mostra “Visioni di Volpedo” di Giuseppe Pellizza, curata da Aurora Scotti ed allestita nello studio del pittore, è l’evento centrale della Biennale 2021, undicesima edizione della rassegna.

“Visioni di Volpedo” prende il via, appunto, dal patrimonio identitario del pittore, dal suo legame con la tradizione contadina e con la vita del paese natale.

Proprio come omaggio a Pellizza e all’amore per il suo paese si è scelta come opera principale della Mostra “La piazza di Volpedo”, tela di ritorno da un accurato restauro eseguito nel laboratorio milanese di Enrica Boschetti, che, oltre ad aver restituito ai colori il vigore originario, ha permesso di scoprire l’esistenza di un’opera antecedente sul retro della tela, raffigurante un paesaggio in Appennino e ha reso leggibile in maniera nitida la data apposta dal pittore, 1889, sconfessando l’attribuzione all’anno precedente in vigore fino a quel momento.

La piazza di Volpedo è uno dei punti cardine della ricerca pellizziana e segna la scelta di indirizzare la sua pittura sullo studio attento e l’interpretazione del vero, puntando sul paese natale e i suoi dintorni, in una coincidenza tra arte e vita che segnò buona parte della sua produzione. Emerge l’attento studio compositivo con esplosione della luce e assenza totale dei neri. Pellizza celebra Volpedo esattamente come nei quadri rinascimentali si rappresentavano le piazze ideali, cioè con una visione luminosissima.

Nello studio di Pellizza, La piazza di Volpedo dialoga con il vivace bozzetto che riproduce, in taglio differente, il medesimo soggetto e con un’altra veduta del borgo, ripreso in periodo differente dell’anno, Volpedo sotto la neve, dipinto sempre nel biennio 1888-1890, una stagione felice di vita e di pittura.

In evidenza anche l’opera riscoperta sul retro della Piazza di Volpedo, che, in verticale e con colori diversi, rappresenta un paesaggio di montagna, impostato attraverso ripidi tagli dello spazio e realizzato con pennellate memori dei Macchiaioli. Non è un azzardo avvicinare questa realizzazione agli studi sul paesaggio raccomandati da Giovanni Fattori, di cui Pellizza fu allievo all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel corso del 1888. L’esigenza di applicarsi nell’esecuzione dal vero aveva indotto il giovane artista a lunghe sedute en plein air sia in Volpedo che nei dintorni, fino ai picchi più alti dell’Appennino.

Completa l’esposizione una fotografia di qualche anno successiva al quadro pellizziano appartenente all’archivio di Don Crispino Guerra. La foto è interessante perché riproduce la piazza esattamente dalla stessa prospettiva di Pellizza, anche se presa in un momento particolare della vita del borgo, cioè quella del mercato.

La mostra, di cui è disponibile anche un piccolo catalogo, è aperta fino a domenica 3 ottobre e visitabile, con mascherina ed esibizione del greenpass, nei pomeriggi di venerdì, sabato e domenica, dalle 15 alle 18.

Merita poi una visita l’intero paese, con il tratto di mura spagnole ancora visibili, e, in particolare, la romanica Pieve di San Pietro, già citata in documenti del X secolo e che assunse l’aspetto attuale a partire dal XV secolo. All’interno si possono ammirare affreschi di notevole pregio, attribuiti alla scuola di Manfredino e Franceschino Boxilio, titolari della più importante bottega del tortonese.

Recenti restauri hanno consentito il recupero dei dipinti dell’abside con la figura del Cristo pantocratore circondato dai simboli dei quattro evangelisti, la Vergine da un lato e San Michele Arcangelo dall’altro. Nel registro inferiore è posta la figura di Re Davide, affiancata sui due lati dai Dodici Apostoli e da un’immagine del Cristo in Pietà.

Diverse le colonne recanti affreschi con figure di santi; di rilievo l’edicola addossata al terzo pilastro destro, raffigurante la Vergine in trono con i santi Giacomo ed Agata (1502), opera di Giovanni Quirico Boxilio.