Federcontribuenti. Dalla Fiera di Milano il grido d’allarme del settore conciario italiano: perso il 40% delle scommesse

Fabrizio Salvitti, consigliere nazionale della Federcontribuenti, in visita presso gli espositori alla fiera LINEAPELLE conciarie associate, ha potuto ascoltare gli imprenditori del settore: ”la conceria italiana sta vivendo un dramma, dovuto soprattutto al crollo delle vendite del settore delle scarpe”. Nel 2020 le vendite al dettaglio hanno subito un crollo del 45% confermato anche nel 2021.

(nei centri commerciali alcuni marchi di pelletteria permettono di acquistare scarpe e borse pagando in 3 rate con scalapay, dove stiamo andando?)

Tutte le aziende del settore conciario hanno visto crollare il fatturato anche del 50% , vale a dire 4 miliardi in meno. ”Avevamo un primato nel mondo – spiega Salvitti -, l’industria conciaria italiana leadership a livello internazionale che copriva il 65% dell’intera produzione UE e il 23% sul totale mondiale. Il lockdown ha generato un abbassamento della richiesta dell’intero compartimento del 40% mettendo a rischio tutte le imprese conciarie e soprattutto le mette a rischio acquisizione straniera. Sarebbe un dramma per la nostra economia in quanto perderemmo un importante comparto made in Italy”.

Il crollo riguarda soprattutto la vendita di scarpe e borse: ”rassicuriamo la larga platea ecologista, tra l’altro la Federcontribuenti promuove interventi categorici in difesa del pianeta e supporta il movimento contro il cambiamento climatico, le concerie sono industrie che recuperano degli scarti (industria alimentare) e sono altamente virtuose sul piano ecologico, ma la domanda è: perché costa tanto acquistare un prodotto interamente fatto in Italia? Cosa incide sui costi imposti al consumatore finale? In cima il costo del lavoro, le tasse sul lavoro, nessuna tutela sull’aumento delle materie prime, nessun vero investimento sulla messa in vendita nella grande distribuzione dei prodotti italiani. Non possiamo sempre e soltanto puntare sull’export perché finisce poi che gli italiani acquistano su marketplace stranieri e noi perdiamo interi indotti, occupazione, economia nazionale ed estera. Queste imprese sono a rischio come tutte le imprese che puntano sul prodotto italiano. Fin quando la politica non smetterà solo di parlare e metterà in campo misure concrete per incentivare la ripresa industriale, sostenendo chi produce prodotti in Italia con scelte ecologiche ed incentivare i consumatori ad acquistare prodotti fatti in Italia imponendo alle grandi catene di distribuzione il 50% dei nostri prodotti sui loro scaffali la ripresa resterà una chimera da tirare fuori in campagna elettorale”.