Scena seconda

La san Bernardo (la solita strada vecchia). Ormai è giorno.

Amalia, Eroc, Berta.

voce di Dino:

(15)

a Ecco che sta per entrare in scena

b Eroc, che è l’ultimo personaggio.

a Ha questi una bella cantilena!

b Amalia, attenta al suo linguaggio!

a Lo conosci poco, a malapena.

b Sembra più un pazzoide che un saggio!

c Sinceramente a me piace poco,

c E lo butterei subito sul fuoco!

(Amalia cammina pensierosa, fermandosi ogni tanto per fare qualche scatto. Incrocia un uomo che porta un secchio pieno d’acqua)

Eroc: Buongiorno, signorina!

Amalia: Buongiorno a lei!

Eroc: Che bella giornata, eh?

Amalia: Si sente che l’autunno è arrivato. Le colline sembrano coperte d’oro.

Eroc: Vero. Ci siamo già trovati su questa strada, qualche anno fa. Abbiamo chiacchierato anche un po’, proprio qui, su questa stessa curva.

Amalia: Mi ricordo! Lei si chiama Eroc. Mi pare sia un nome svedese.

Eroc: E lei si chiama Amalia.

Amalia: L’altra volta abbiamo detto di non usare il lei, mi sembra.

Eroc: Hai una buona memoria.

Amalia: Come stanno le tue pietre?

Eroc: ‘E difficile stare dietro a tutte quante.

Amalia: Porti un secchio pieno d’acqua, quindi vai a lavare le tue pietre della san Bernardo?

Eroc: Sì, certo. Proprio così, come l’altra volta. Ti ricordi quando ti ho fatto vedere la differenza fra una pietra piena di polvere e una appena lavata e bagnata? Luccica anche la pietra più grezza.

Amalia: Ho ancora le fotografie fatte quel giorno. Molto belle. Dopo quell’episodio, fotografo anche le pietre quando piove.

Eroc: Secondo te sono pazzo?

Amalia: Perché dovrei pensare una cosa del genere?

Eroc: Insomma, sono uno che lava le pietre. Lavare le pietre è, forse, una cosa inutile. Laterem lavare, così dicevano i romani per indicare una fatica sprecata.

Amalia: Se lo scopo di questa fatica è la contemplazione della bellezza che si racchiude in una comune pietra, allora essa non è inutile. Ci sono persone più pazze di te, che fanno fatiche maggiori per ricavarne molto meno. Non nuoci nessuno, lavando le pietre. Pazzi sono coloro che sprecano le proprie energie per fare del male agli altri, per sentire che la propria vita non sia priva di uno scopo, senza arrivare mai a capire che potrebbero essere più felici lavando le pietre.

Eroc: Sono belle, queste tue parole. Mi piace il tuo ragionamento. Voglio regalarti qualcosa.

(estrae qualcosa dalla tasca)

Questa è la mia pietra preferita. Dammi la tua mano.

Amalia: Ma, ma è…

Eroc: Un lapislazzuli.

Amalia: Non ho mai visto un blu più bello di questo. Non posso accettare un regalo di questo tipo. È troppo.

(mette il lapislazzuli nella mano di Eroc)

Eroc: Avvicinati. (le mette una mano sulla testa) Sei libera, Amalia.

(improvvisamente la pietra è dotata di una catenina fine. La mette al collo di Amalia)

Amalia: Tu sei l’osservatore.

Eroc: Confermo. Mi hai fotografato diverse volte, in tanti posti diversi, in giro per il mondo.

Amalia: Ma io non mi ricordo di averti mai fotografato. Non fotografo mai le persone.

Eroc: Lo so. Difatti non mi hai fotografato così come mi vedi adesso. Sono stato un baobab, una formica, la pioggia sulla tua finestra, un delfino, un uccellino…

Amalia: E chissà quante altre cose!

Eroc: Mi ricordo tutte le parole che pronunciavi, mentre mi mettevi a fuoco. Ora ti devo salutare, cara Amalia.

Amalia: Ci vedremo ancora?

Eroc: Sì. Presto, molto presto. Il più presto possibile.

Amalia: Ma se poi apparirai sotto un’altra forma, come farò io a sapere che sei tu?

Eroc: Non ti preoccupare. Lo saprai.

(Berta attraversa il palco, leggendo un foglio in silenzio. Né Amalia né Eroc la guardano)

Eroc: Buona giornata, signorina. (si inchina)

Amalia: Anche a te, lavatore di pietre.

(buio)

voce di Dino:

(16)

a Molto multiforme, questo gran spione!

b In tante cose si sa trasformare!

a Che bei regali fa, il furbacchione!

b Che le sue pietre vada a lavare,

a Giacché è finita la sua missione!

b Torni quindi presto al suo daffare!

c Oh! un galante uomo, sissignore,

c Ma se sparisce mi fa un favore…