Le gelate di aprile e la siccità hanno compromesso la produzione su tutto il territorio

Coldiretti chiede più controlli su quelle in vendita per evitare che diventino tutte incredibilmente tricolori

Le castagne sono tra le indiscusse protagoniste dell’autunno ma quest’anno il meteo ha fatto la differenza. In negativo, ovviamente. Infatti, le gelate di inizio aprile e la siccità dei mesi estivi non hanno favorito la produzione che segna un netto calo rispetto allo scorso anno, praticamente un -90% sul territorio della provincia alessandrina.

E’ quanto afferma Coldiretti Alessandria rispetto ad un ritorno che era atteso, dopo che in alcune zone era stata rischiata addirittura l’estinzione per la presenza del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus) proveniente dalla Cina, che da anni infesta i boschi lungo tutta la Penisola provocando nella piante la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni.

In provincia la superficie coltivata a castagneto da frutto è di circa 980 ettari per una produzione, nel 2020, di 21.958 quintali prodotti mentre, a livello regionale, gli ettari sono 12.000 per 140 mila quintali e un fatturato che sfiora i 20 milioni di euro.

“Ancora una volta siamo di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici, questa volta ad essere colpita è stata anche la produzione di castagne che a causa della siccità e della gelata tardiva di inizio aprile scorso fa registrare un netto calo in tutta la provincia – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco  -. Il rischio, quindi, è quello di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Turchia, Portogallo, Grecia e dalla Spagna, considerato che le importazioni nel 2020 sono risultate pari a ben 24,3 milioni di chili di castagne, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori”.

Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori.

“Ancora peggiore è la situazione dei trasformati, per i quali non vi è l’obbligo di etichettatura di origine e per le farine di castagne che, non avendo un codice doganale specifico, non è neppure dato a sapersi quante ne vengano importate – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo -. A fronte di questa situazione, il consiglio è quello di acquistare le castagne e i trasformati presso i punti vendita ed i mercati di Campagna Amica diffusi in modo capillare su tutto il nostro territorio o di partecipare alle sagre e alle manifestazioni che, dopo la pandemia, sono tornate per rilanciare questo prodotto e far conoscere le tradizioni dei piccoli borghi”.

Si resta dunque molto lontano dai fasti produttivi del passato per quello che Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane”, simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni di giovani scolari: basta ricordare che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era pari a 55 milioni di chili.

Un patrimonio che continua, comunque, ad essere presente nelle tradizioni alimentari autunnali da consumare in diversi modi: arrosto (dopo averle incise sul lato bombato metterle in una padella di ferro con il fondo forato e cuocerle o sul fuoco vivo o in forno per circa 30 minuti, dopo la cottura si consiglia di avvolgerle in un canovaccio umido); lesse (dopo averle lavate accuratamente, cuocerle in abbondante acqua salata per circa 40 minuti); cotte in latte e zucchero; usate per particolari ripieni, nella preparazione di primi piatti.

 

 

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