Ecco un racconto di vita marinara o montanara sott’acqua.
Titolo: “Un Normale … sub”.
Ieri ho visto un servizio di RAI 3 Marche, giratomi da un amico fraterno, sul rugby subacqueo a Jesi, inviatomi da Domenico Alessandrini, Presidente della Monsub (Monsano – An). Fu il mio 1° istruttore di subacquea a Sirolo, con immersioni con le bombole ai Sassi Neri e alle due Sorelle, così presi finalmente “l’Open Water Diver”, che mi permetteva di scendere a meno 18 metri di profondità in sicurezza, ancora con le tabelle quadre, che penalizzavano fortemente i tempi d’immersione, rispetto ai moderni computer al polso, che presi molto più tardi. C’era stato un precedente giovanile, dove avevo rischiato di morire. A Castro nel meraviglioso Salento, davanti alla grotta della Zinzulusa (Cenciosa), dove senza muta, con un corpetto sbracciato di neoprene da 5 millimetri, con bombole prese a nolo da un distributore di benzina e caricate con lo stesso compressore per gonfiare le gomme, m’immersi dallo scoglio, col mono-stadio e un solo erogatore, e dopo aver vagato fino alla riserva, m’accorsi che la leva era già tirata, così in fretta e furia, rischiando l’embolia, un elica ed altre tremende lacerazioni polmonari … risalii. Con grande stupore mi ritrovai lontanissimo dalla costa. Non volli lasciare la bombola nel mare, mi tolsi solo i 2 pesi di piombo alla cintura, che recuperai prima di terminare la vacanza, ed iniziai a nuotare, per fortuna con le pinne, ed ero ancora un “delfino”. Trovai uno scoglio in mezzo ai ricci e rimasi esausto prima di riprendere sempre a nuoto il percorso per ritornare da Rita, molto preoccupata. Non mi spaventai, anzi mi appassionai a tal punto che decisi di continuare. Andai avanti negli esami, immergendomi a Capri, anche sotto il Monacone, davanti ai Faraglioni di Tragara e la Villa di Curzio Malaparte, a forma di falce e martello, l’autore del romanzo “La Pelle”. M’immersi col maestro che davanti alla Grotta Azzurra portò Stefano Macula a vincere il mondiale di profondità in “Assetto Variabile”, così il giorno successivo mi portò nella Grotta dello Sbuffo, dove s’entrava in un sifone molto stretto, a meno 20 metri, per risalire come in un imbuto all’incontrario, fino a potersi togliere gli erogatori, poiché in alto si vedeva un barlume di sole, quindi aria e con l’aria l’ossigeno. La bellezza di questa grotta è che ha un secondo sifone, e quando entra l’onda si nebulizza l’acqua di mare e di colpo si viene immersi nella nebbia più fitta, poi quando il polmone espira l’onda, si risucchia tutta la nebbia, e così in eterno. Nelle Pelagie, col “Mediterraneo Immersion Club” del fratello del Sindaco Martello, frequentate per alcuni anni, tante altre immersioni meravigliose. Veniva in barca con noi anche il Ministro Tullio De Mauro… in incognito, amante della pesca con la canna e la giornalista Carmen Lasorella, col suo amico fotografo di guerra… e così ci s’immerse anche alla Secchitella di Linosa, coi pesci Balestra, che ti aggredivano le pinne e i pesci ermafroditi Pappagallo, mangiatori di corallo, giunti nel Mediterraneo, tramite il Canale di Suez … dell’Aida Verdiana … e a Lampione, uno scoglio sperduto nel mare, con un faro, una specie di Mastaba egiziana, coi gradoni a -10, -20, -30, -40, dov’è facile incontrare le tartarughe Careta-Careta, immense Cernie, e una miriade di altre forme di vita. “L’Advance” e “Ricerca e Recupero” li sostenni a Pantelleria, con Maria Ghelia, la 1^ subacquea italiana e Marzorati, sommozzatore dei Pompieri di Torino, alla ricerca delle vestigia antiche, che venivano poi segnalate e recuperate dai Carabinieri. Due volte Ustica “terra bruciata”, dove il mare è un Museo fragile, con l’itinerario archeologico subacqueo, che attirava barche a vela straniere, con la chiglia di cristallo, per scrutare e non solo… i reperti dello Stato Italiano. A San Vito lo Capo, nella meravigliosa riserva dello Zingaro, dove a 50 metri sotto la vecchia tonnara, s’entrava in una grotta con milioni di scampi, che si aprivano e richiudevano dietro al passaggio, illuminato dalle torce. Fantastica fu quella settembrina allo Scoglio Corrente di Favignana, un isola a forma di farfalla, anche di contadini coi trattori per coltivare la terra, con visita alla tonnara Florio, gentilmente offera dal Rais della mattanza, nell’atroce “camera della morte”… con l’avvistamento di grossi Dentici e Tonni, ma quando si risalì, la barchetta, ancorata male sulla secca a – 20 metri, s’era scarrocciata con le onde, così si dovette raggiungerla a nuoto, ma per fortuna era stata rallentata dall’ancora sospesa nel vuoto, con Rita sopra a prendere tutto io Sole possibile, ignara di partire per Trapani e chissà dove. A Santa Marinella e nel cupo e profondo lago di Castel Gandolfo, per l’esame “Dive Master”, dove gl’istruttori mi avevano sabotato uno dei due erogatori, quello che usavo, per vedere se andavo in panico. Rimanendo sul fondale, misi il secondo in bocca e proseguì l’esame, dove mi sganciai le bombole e chiusi rubinetto che perdeva. Con Tiziana, una specie di pesce con le branchie, al Touring Club delle Tremiti, con una delle più belle immersioni, sotto l’arco di Capraia, e ancora nelle Eolie a Stromboli, nella Sciara del fuoco e intorno a Stombolicchio coi Barracuda. A Castel Sardo, alla ricerca di un sub in apnea d’aspetto, rimasto in grotta a – 40 metri, e ritrovato in una notturna, quando al ritorno al villaggio sul gommone, la grande nave della Finanza non ci speronò per un miracolo, anche se eravamo ben segnalati con le luci. Ci oltrepassarono senza accorgersi di noi. Altre immersioni le feci alla Maddalena, poi con la barca a vela alla conquista di Lavezzi, dell’esclusivissima Isola di Cavallò, residenza estiva dei Savoia, che così potevano vedere un lembo di terra perduta dopo il referendum fra Monarchia e Repubblica, per fortuna vinse la seconda, e dove le anziane mogli dei calciatori, mostravano i loro seni al silicone… e la Corsica, un tempo italiana assieme a Nizza, la patria di Garibaldi, poi giunto con la famiglia a Caprera, dove morì; altro luogo di bellissime immersioni. Per anni ed anni il mio sangue era una schiuma, con 3 ripetitive al giorno nei periodi di vacanza. Io che non amavo il mare, cercai le montagne sott’acqua, fino a diventare uno “Scuba Master Instractor”, quindi avrei potuto rilasciare il 1° brevetto subacqueo: l’Open Water Diver, ma preferii chiudere i gruppi, mentre con una grande retina alla vita, recuperavo quintali d’immondizia, e per ricondurre nel gruppo chi s’era perduto andando in panico, oppure subiva nelle profonde la narcosi d’azoto, immergendosi per follia, sempre più in profondità. Li seguivo e tiravo da una pinna, facendo segni di risalire piano a profondità meno pericolose. Mi affidavano sempre i più scalmanati, o coglioni, o le persone più “ricche e potenti”, incapaci di comprendere che sotto si devono seguire e rispettare molte più regole, che fuori dall’acqua. Ricordo l’esame più difficoltoso, nel mare di Monopoli con Abbatescianni, un istruttore, ex Incursore della Marina Militare, dove l’esame era in condizioni proibitive, per le onde e le correnti marine, una volta in acqua ci si doveva aspettare stretti all’ancora, poi continuare a tenersi stretti alle rocce, fui l’unico a sostenere l’esame. Stranamente tornavo in superficie ancora con 100 atmosfere, mente tutti gli altri con la riserva. Non consumavo e per l’assetto neutro, utilizzavo il corrugato del jacket, per gonfiarlo a bocca con l’espirazione, quindi senza mai sprecare aria. Parlavo sott’acqua con una buona dizione da farmi capire da chiunque. Avrei potuto recitare un mio spettacolo di burattini. Ci ho anche pensato di costruire una marionetta palombaro per animarla sotto la superficie del mare, e una marionetta con gli sci per fare assieme una gara di slalom in montagna. Poi smisi quando all’arco dei “Baci Perugina” a – 50 metri, mentre guardavo rapito, le Ricciole che pasteggiavano a Castagnole, e le Gorgonie in balia delle correnti, pensai che se mi fosse capitato qualcosa, Rita sarebbe rimasta sola. Fu l’ultima mia immersione oltre 15 anni fa, ma non ho rimpianti… c’è sempre un inizio esaltante e una presa di coscienza, che come tarlo, in questo caso fortunatamente avanza, facendoti mettere in fila alcune priorità. Il ricordo più bello: un’immersione profonda nella roccia a Capo Caccia di Alghero, col filo d’arianna per ritrovare l’uscita e per giungere a uno scoglio dov’erano fossilizzati due Cervi, ma ci si andava solo con l’istruttore e i permessi… e ancora in Egitto, in India e in tanti altri mari-oceani, dove se si avvistava uno Squalo Bianco e una grande Manta, immediatamente ci si buttava in acqua, con la barca in movimento… per vedere l’effetto che fa. Fu così che allestimmo nel 1992 lo spettacolo “Quel Tesoro del Mare”, anche sul tema ecologico, oltre che fiabesco.
Vittorio Zanella … un normale … sub.
Info sullo spettacolo: vittorio@teatrinodelles.it

Vittorio Zanella