IL POLPETTONE DI FAGIOLINI E ALTRI PENSIERI, di Laura Boero

(Quando cucinare è amore)

Quando Mario arriva a casa con un sacchetto di fagiolini, lo guardo ( il sacchetto) e gli dico ” NO ! ” Lui capisce e ribatte

” Ma figurati, volevo solo usarli per un’insalata con il tonno !” 

Poi restano in frigo un paio di giorni, una parte li pulisco subito, li lavo li faccio bollire e li mangiamo in insalata. Gli altri restano lì e mi guardano ogni volta che apro il frigo. E’ una conversazione muta tra me e loro. 

Siamo liguri tutti e due, ( io e il fagiolino) più mugugni che parole. 

Alla fine vincono loro, metto a cuocere un paio di patate ed inizio il tour de force che culmina nel Polpettone di Fagiolini.

Ma questa piccola cronaca familiare di fatti che si svolgono invariati da anni, mi apre un mondo di riflessioni su come il cucinare per qualcuno sia in realtà un modo di esprimere affetto, più forte e concreto di un ” ti voglio bene “, “ho pensato a te” “vorrei farti contento.”

Io non sono un tipo espansivo, vuoi per carattere, vuoi per educazione, non saprei, eravamo tutti così in casa nostra e ancora siamo così ( quelli che restiamo) per cui mi rendo conto adesso del vero significato di tutta una serie di piatti che negli anni ho preparato a persone che non ci sono più e alle quali ho voluto bene.

Cominciamo con i dolci: Il tiramisù: savoiardi, crema al mascarpone e caffè.

Quello era per mio padre, prima in occasione di ricorrenze, poi per quando ormai non mangiava più niente.

Per il mio tiramisù però faceva un’eccezione e se lo divorava goloso, sotto lo sguardo compiaciuto e riconoscente di mia madre che avrebbe dato un braccio pur di fargli mangiare qualcosa.

Il secondo destinatario era Mattia: quello era il dolce che gli facevo trovare ad ogni ritorno dalla Svizzera, come a dirgli :

“Goditi un po’ di famiglia…ogni tanto.

” Come il tiramisù noi siamo qui ad aspettarti “

Poi la serie di torte, cucinate per mia suocera e la sua badante.

Le sfornavo e poi le fotografavo, postata la foto su Face Book, mi arrivava la notifica di Elena quasi subito. 

” Bella torta, peccato sia lontana..”, e la replica mia: 

“Mario è in viaggio tra poco arrivano, lui e la torta “….e poi i commenti…

“Mamma ha detto che era buona…la puoi rifare !” ..quante risate…

La torta in questione era una torta di cioccolato, cannella, pere e amaretti sbriciolati.

Non la faccio più da tanto tempo.

Il polpettone di fagiolini invece era per mia madre. 

La ricetta era sua, ligure, originale, me l’aveva passata anni prima ed io tra vari mugugni avevo continuato a farla. 

Alla fine lei la ricetta se l’era dimenticata e mi diceva.”ma come lo fai?” “Mamma… ma se me l’hai insegnato tu …”

“eh …ormai non me lo ricordo mica più…”

Mi ricordo le domeniche passate a tenerle compagnia, a portarle quello che avevo cucinato, pensando e organizzando tutto dal mercoledì precedente,

facendo lo slalom tra i veti della sua dieta…questo no, questo si…e poi il piacere di vederla mangiare cose buone, sane, che le piacevano, come il polpettone di fagiolini appunto, la frittata di zucchine e cipolle..la parmigiana di melanzane…

Si inanellano nel ricordo tutte quelle domeniche, estate e inverno, passate insieme, a tavola, come una famiglia normale, a mangiare ogni volta un piatto diverso, per invogliarla e rinforzarla un pochino. 

“Sacco vuoto non sta in piedi.” le dicevo e lei sorrideva, ricordandosi forse di quante volte l’aveva detto a mio padre.

Adesso non ho più nessuno per cui cucinare piatti speciali, Mario è uno che si accontenta e poi in alcune cose è perfino più bravo di me. 

Un po’ per salvaguardare la sua salute, un po’ per fargli fare una dieta la più sana possibile, sono più i rifiuti che riceve che i piatti speciali che gli preparo.

Mi mancano un po’ questi pensieri culinari..tant’è vero che quando una mia amica, reduce da una brutta caduta e immobilizzata a letto, mi ha chiesto ridendo una porzione di peperonata, mi sono ritrovata a sorridere e, tornata a casa, gliel’ho fatta subito.

Si ricomincia, ho pensato. Ciao Adriana.