È una bella giornata, di quelle che vien voglia di rilassarsi e godersela fino in fondo. Fabrizio se ne sta seduto su uno scoglio ad ammirare il mare, appena mosso da una leggera brezza. Più lontano scorge due uomini con la canna da pesca. Sono sufficientemente lontani. La sua presenza non viene nemmeno notata. Sa che è arrivato il momento; lo sente. Respira profondamente gli ultimi attimi della sua vita. Si alza e si mette in piedi sullo scoglio; chiude gli occhi e contemporaneamente toglie dalla mente ogni pensiero, e poi, con estrema leggerezza, si lascia cadere in acqua. Rimane immobile, mentre si inabissa, e quando decide di aprire la bocca, quel poco di acqua che gli entra lo scuote dalla paura, portandolo ad agitarsi violentemente, come a sfuggire alla morte che sta pian piano offuscando la sua mente. Un ultimo, istintivo sforzo, l’aiuta, attraverso il movimento degli arti, a risalire. Fabrizio si ritrova, ansimando, con la testa fuori dall’acqua, a ridosso degli scogli. Da un momento all’altro potrebbe svenire, allora, prima che questo accada, con piccole e lente bracciate raggiunge l’appiglio roccioso più vicino, allunga le mani e vi si aggrappa, per poi, lentamente, salire sullo scoglio. Una volta su, rimane disteso prono col cuore che batte a mille; tossisce, mentre dalla bocca e dal naso gli fuoriesce dell’acqua. Il battito cardiaco rallenta; prova a parlare, dire qualcosa, ma le parole non gli escono. L’attanaglia una forte paura. Riprova ancora, e poi di nuovo, fino a quando non pronuncia le prime, flebili parole, fino ad un urlo smorzato.

« … oh Dio! Aiutami!»