a cura di : Vittorio Zanella

Siamo vicini al Centesimo anniversario della nascita di Otello Sarzi e vorrei ricordarlo così. Venne a Ferrara il T.S.B.M. del Maestro Otello Sarzi, da San Tommaso della Fossa (RE), con la “Gondola Fantasma” di Gianni Rodari. Un meraviglioso spettacolo allestito in una laguna veneta, costruita tramite le celle esagonali ingrandite di un alveare. I ponti, i campielli e le case sulle palafitte erano rese in modo stravolgente dai merletti, pizzi e trini, montati su ventagli, che nell’aprirsi ricreavano lo stupore del luogo, come se ci si stesse camminando, con lo sguardo dall’acqua, ai tetti, fino al cielo. Per caso andai a vedere lo spettacolo alle Grotte Boldini. Era il 1978. Corsi da lui, così mi assunse nella sua Compagnia come allievo nell’estate del ’79, per l’allestimento del “Castello” di Franz Kafka, ridotto a 504 parole, che avrebbe debuttato al Teatro Nazionale di Milano, con le musiche di Giorgio Gaslini e Gianluigi Trovesi, con la Regia di Gabriele Marchesini, che mi venne a prendere con la sua renault 5 azzurra nella stazioncina di San Tommaso della Fossa, praticamente nel nulla, per portarmi in quel grande cascinale/comune, abitato da 30 “matti sani”, diretti dal Mangiafuoco Otello. Mi parve da subito un mestiere completo, meglio dire una forma d’Arte esaustiva, poiché comprendeva tutte le altre: quelle considerate maggiori, ma soprattutto quelle dette ingiustamente minori, che attraverso la trasformazione dovuta al ribaltamento, prendevano nuovo slancio, fino a toccare le stelle e ancora più in su. In fondo ogni Arte è fatta prevalentemente da se stessa, ed ognuna vive un po’ per conto proprio, ma in questo straordinario mestiere, perché resta sempre intriso di artigianalità, tutto si costruisce e si crea dal nulla. Anche l’oggetto più impensato e di uso comune, può divenire prezioso e pulsante di vita propria, come nella “Genesi”, dove mani molto sapienti modellarono la materia più umile, insufflandole la vita, facendola divenire più vera di quella che scorre in ogni corpo e testa. Rimanevo incantato ore a vedere le due mani del Maestro Otello, con due palline infilate negli indici a mo di testa, nel riprendere l’idea del grande russo Sergey Obraztsov, sulla musica del “Mattino” di Grieg. Quelle mani sapevano amarsi come poi ho amato io la persona a cui donai il cuore, non c’era differenza fra quelle mani e due corpi che si amano con tutto lo slancio. La raffigurazione era tutt’altro che oscena, assolutamente poetica, quasi sacra, nel mostrare fra due mani che si toccano e si stringono, quella fiducia che ti fa diventare un’entità unica, smisuratamente forte, capace di sopportare qualsiasi evento, che solo due mani ben unite possono cercare di fare. In quei momenti delle prove del Maestro, tutto scompariva e restava solo la mia mente e quelle mani, capaci di catturare ogni respiro, che veniva trattenuto fino alle lacrime. Difficilmente due persone riescono a trasformarsi in Arte come due mani di burattinaio che si sfiorano, tutto sta nell’interpretazione divenuta sintesi assoluta di ogni comportamento umano. Non c’è bisogno della parola, un po’ come visto ieri nel corpo danzante del Maestro Bolle e delle sue bravissime ballerine. Ecco il “mio” Mestiere è anche questo. A volte è un danza di mani, dove il pubblico deve smettere di vederle come semplici parti degli arti, ma trasformarle con la complicità dell’intelligenza in due corpi, e ancora molto, ma molto di più. (V. Z.).

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