Il Caffè di Massimo Gramellini: David e i becchini      

Daniela Degiovanni

Il Caffè di Massimo Gramellini

David e i becchini       

Stavolta il fetore social fa ancora più schifo perché la sua vittima è un morto e il morto un uomo mite e perbene come David Sassoli. Magari il problema fosse solo quel «Roby» che storpia il cognome in Sassolini e si confessa felice per la scomparsa di un vaccinato, accompagnando l’alato concetto con sette emoticon di facce sghignazzanti: un coglione non fa primavera e nemmeno paura. Ma poi c’è Paolo Becchi, il filosofo, che senza lo straccio di una prova, figuriamoci di una provetta, adombra il sospetto di una correlazione tra la malattia di Sassoli e il vaccino. E sulla scia di Becchi arrivano i becchini, a frotte.

Sassoli fronteggiava la leucemia da dieci anni, ma cosa volete che importi a questi saputelli del nulla, per i quali ogni lutto è un pretesto per seminare scompiglio?

In una giornata del genere viene voglia di scendere dalla giostra digitale: come direbbe Forrest Gump, «sono un po’ stanchino». Certi soggetti sadici e frustrati che si attribuiscono, bestemmiandolo, il nome di Popolo, sono sempre esistiti: affollavano le piazze dove si alzavano i roghi dell’Inquisizione e le ghigliottine della Rivoluzione. Ora però tengono in palmo di mano un aggeggio che consente loro di destabilizzare chiunque all’istante, e di farlo sentendosi influenti e impuniti. Ridurne l’impunità dipende dalle leggi, ma ridurne l’influenza dipende solo da noi. Non potendo ignorarli, dobbiamo svergognarli, fino a quando diventeranno ciò che sono: marginali, ma soprattutto ridicoli.