ALZARSI

Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso
Il comando dell’alba:
“Wstawac”;
E si spezzava in petto il cuore.

Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre è sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
“Wstawac”.

PRIMO LEVI, La tregua, 1963

Alzarsi è una poesia di 14 versi, in cui Levi contrappone le notte e i risvegli nel Lager (le notti feroci; i sogni densi e violenti; breve sommesso il comando dell’alba) a quelli del ritorno a casa, alla normalità (il nostro ventre è sazio; abbiamo finito di raccontare). Ma anche ora torna il comando straniero: “Wstawać”. In polacco, non in tedesco, perché Auschwitz si trova a solo 50 km da Cracovia.
La pagina finale della “Tregua”, il romanzo allegro e ottimista del ritorno a casa, riprende la poesia iniziale e la spiega: “E’ un sogno dentro un altro sogno, vario nei particolari, unico nella sostanza. Sono a tavola con la famiglia, o con amici, o al lavoro, o in una campagna verde, in un ambiente placido e disteso, apparentemente privo di tensione e di pena; eppure provo un’angoscia sottile e profonda, la sensazione di una minaccia che incombe. Al procedere del sogno, a poco a poco, tutto cade e si disfa intorno a me, lo scenario, le pareti, le persone. Sono al centro di un nulla grigio e torbido: sono di nuovo in Lager, e nulla era vero all’infuori del Lager. In questo sogno odo risuonare una sola parola, non imperiosa, anzi breve e sommessa: il comando dell’alba in Auschwitz, una parola straniera, temuta e attesa: alzarsi “Wstawac”.
La poesia è divisa in due strofe. Nella prima il sogno di trovarsi nuovamente nel Lager; nella seconda il ritrovato calore dell’ambiente famigliare. Notevoli il poliptoto (la stessa parola usata in funzioni grammaticali diverse) di sognare; il climax di tre verbi al 4° verso. Troviamo quattro enjambements forti. Insistita paratassi (proposizioni brevi), che serve per scolpire e rimarcare il tono perentorio e asseverativo. Nella prima strofa domina l’imperfetto indicativo, il tempo durativo (esprime il passato nel suo svolgimento); nella seconda il presente. L’iterazione in ripresa del comando in lingua polacca “Wstawac”, costituisce in parallelismo il traliccio della poesia: posto infatti in scalino.