Federica Vanossi: Anafiotica quartiere della città di Atene

Esiste un quartiere nella città di Atene che pochi conoscono. Si chiama Anafiotica e segue il perimetro delle mura che dall’Acropoli salgono fino al Partenone. Se vado da sola, prendendo la metropolitana da casa al centro città, non riesco a ritrovarlo di viaggio in viaggio.

Ammetto di avere uno scarso senso d’orientamento ma, in questo caso, si tratta di entusiasmo che non si contiene e di voli pindarici, quelli così familiari a me che con la fantasia sono andata a nozze, che mi  confondono fino al punto di perdermi ancor prima di arrivare e rendermi conto che è notte inoltrata e occorre ritornare.

Nel caso io sia con mia figlia, forte dell’ ironia con cui mi stuzzica e cerca di riportarmi alla realtà, Anafiotica diventa la prima meta di ogni fuga in Grecia. 

Mille e affascinanti casette bianche con le persiane dipinte di azzurro compongono una cartolina che ricorda Santorini, oppure Paros e ovviamente Anafi da cui, nel lontano ottocento, arrivarono i primi due abitanti e ricostruirono un’isola nella metropoli.

 Dal punto più alto si scorge il mare e il Meltemi confonde le idee, tanto da credersi in mezzo all’Egeo. Dello stesso colore sono gli scalini ripidi che ricongiungono alla Plaka o all’entrata del Tempio dedicato ad Atena. 

Se ti siedi sul primo gradino, partendo dalla piccola chiesa su cui svetta orgogliosamente la bandiera greca, vedi il mare e, chiudendo gli occhi, ti tuffi nel mare verde-azzurro di estati passate e future, in un oceano di risposte affermative che abbagliano i forse ed i se. 

Senti il Meltemi che scompiglia i capelli e gusti il più bello dei tramonti, senza essere distratto dal cigolio dei cancelli che si chiudono o dalle grida festose delle famiglie di Anafiotica che si siedono per sorseggiare un ouzo con le olive nere e ne offrono ai passanti.

Volo ad Atene e non ho bisogno di solcare il mare con un traghetto per raggiungere un ‘oasi lontana. Mi inerpico sulla collina e siedo, con le gambe che danzano libere, sui muretti bianchi tirati a lucido e domino l’intero Egeo e la città,  i dubbi in cui annegavo un tempo e le certezze da cui parto con la rincorsa, per vivere la vita che ho abbracciato senza rimorsi e con la serenità che questa terra mi elargisce a mani piene.