CANDELE, KONSTANTINOS KAVAFIS 

Elvio Bombonato

CANDELE

Stanno i giorni futuri innanzi a noi

come una fila di candele accese –

dorate, calde, e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,

penosa riga di candele spente:

le più vicine dànno fumo ancora,

fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,

la memoria m’accora del loro antico lume.

E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,

come s’allunga presto la tenebrosa riga,

come crescono presto le mie candele spente.

KONSTANTINOS KAVAFIS, Poesie, tr. Filippo Maria Pontani

Le candele potrebbero essere le candeline delle torte, oppure, ipotesi più accreditata, i ceri delle chiese ortodosse (Yourcenar).  I giorni del futuro hanno le candele accese ‘dorate, calde e vivide’, mentre le candele del passato sono spente, ‘fredde, disfatte, e storte’.  

Il poeta non vuole vederle, perché il loro aspetto gli procura sofferenza, così guarda solo le candele accese, non si vuole voltare indietro per non vedere quanto ‘si allunga la tenebrosa riga’, e neppure ‘come crescono presto le sue candele spente’.  

Questa poesia, mediante la metafora delle candele accese/spente, è un’allegoria della brevità della vita umana, e del rapido approssimarsi della morte.