Mumbai, 34 gradi, è il mio giorno libero
Decido entusiasta di andare a far visita al mercato del centro
Aspetto l’autobus sgangherato che dalla verde e disagiata periferia, mi porta alla confusa e chiassosa città
Faccio un giretto nell’enorme mercato, un “centro commerciale” occidentale, all’aperto
Mi allontano per scattare delle fotografie e dipingere degli acquerelli, il tempo passa, non me ne accorgo
Alle 18.00 circa scende la sera, ed io affretto il passo verso la fermata dell’autobus più vicina
Sforzi inutili, ancora non sapevo che quella notte non l’avrei passata nella mia stanzetta dell’ospedale
Non avrei dormito sola quella notte, bensì abbracciata alla morte
L’autobus non arriva, il traffico sfrecciava rumoroso accanto a me, la gente si fermava per dirmi cose che non comprendevo
Sudata, preoccupata, stanca, sola e impaurita, guardo incantata un punto fisso, mentre il traffico suona incessantemente quel clacson maledetto
Qualcuno mi prende le caviglie, mi giro di scatto terrorizzata ed ai miei piedi, c’è un mucchietto di stracci sporchi e puzzolenti. Due occhi neri e lucidi mi fissano, mentre le sue ossute mani mi stringono forte le caviglie
Mi abbasso, gli porgo una carezza e dolcemente gli tolgo le mani dalle caviglie
Amrit, 17 anni, ha saputo solo dirmi di non lasciarlo solo
Lo visito con gli strumenti che porto sempre con me, la vita attorno continua veloce e rumorosa
Capisco subito che la situazione è disastrosa, era ormai la morte a guardarmi e chiedermi di non abbandonarlo
Mi siedo accanto a lui, gli accarezzo i ricci neri pieni di pidocchi. Lui si accoccola su di me ed io lo abbraccio, come due pezzi di puzzle che s’incastrano perfettamente
Scende la notte, nessuno al mondo sa dove mi trovo, le mie braccia non hanno mai lasciato Amrit
Le ore scorrevano e il suo cuore batteva sul mio petto sempre più flebile e lento
Mi addormento
Qualcuno mi sposta e mi strattona, apro a fatica gli occhi, il cielo è chiaro ma non c’è ancora il sole, non capisco nulla
Alcuni uomini hanno strappato Amrit dalle mie braccia e lo hanno caricato su un carretto, occupato già da altri corpi
Mi sono sentita strappare il cuore dal petto e le viscere dall’addome, Dio che dolore!
Corro al carretto, lo cerco, gli occhi neri della morte mi guardavano, ora vuoti e opachi
Le lacrime mi scendevano senza piangere, senza fare rumore e non sono finite mai.
Dal mio diario di vita in India come infermiera
✍🏻&📸 Nicoletta Zappettini
Che storia però complimenti