La maggior parte dei turisti arriva in questo borgo prendendo i battelli. Io e Enrico siamo giunti qui in macchina. Abbiamo dovuto percorrere una strada piena di curve. Nel viaggio abbiamo ammirato le colline terrazzate, le sommità dei colli  su cui si ergevano cinte murarie o castelli medievali con i loro torrioni. Abbiamo ammirato la fitta e rigogliosa vegetazione, gli angoli di macchia mediterranea. Abbiamo anche visto il mare e il borgo in lontananza. Abbiamo visto ulivi, limoni, vigneti, i trenini monorotaie con cui i lavoratori si spostano tra le vigne; abbiamo visto le rocce a strapiombo sul mare e strisce di sabbia con i villeggianti che si crogiolano al sole. C’è voluto molto tempo e molta pazienza per parcheggiare la macchina. L’abbiamo messa lontana dal centro. Non potevamo fare altrimenti. Abbiamo iniziato  a camminare. Abbiamo visitato il dedalo di carruggi del paese.  E’ stato snervante rigirarsi tra questi vicoli, perché sono sempre invasi dai turisti stranieri. Mi ha detto mio padre che un tempo non c’erano i battelli e nemmeno l’autostrada. Qualche decennio fa borghi come questo erano conosciuti da poche persone. Forse non era giusto allora. Ma non è giusto nemmeno ora che siano preda di questo turismo di massa.  Anche i prezzi degli alberghi e dei ristoranti sono rincarati esponenzialmente nel giro di pochi anni. Ora le cantine delle enoteche, i bar, i ristoranti sono sempre molto affollati. A me piace molto la cucina ligure: le cozze di La Spezia, le trofie al pesto, le olive taggiasche, i ravioli alla ricotta, le focacce. I prezzi esposti fuori dai ristoranti però ci scoraggiano. Alla fine troviamo un ristorante economico. Entriamo. Ci accomodiamo. Ordiniamo qualcosa e ci mettiamo a parlare. Enrico mi dice che la politica soffre di una crisi profonda, anche se è sempre stata l’arte del compromesso. Secondo lui nella società civile c’è scarso senso dello stato e mancanza di dovere civico. Quindi non c’è da meravigliarsi che le cose vadano male. Poi parliamo dei giovani. Lui sostiene che la libertà a priori delle nuove generazioni non è vera libertà e non è minimamente paragonabile a quella delle generazioni precedenti, che hanno dovuto conquistare quei diritti e quelle libertà. Poi mi dice che ci sono giovani, che farebbero carte false per un passaggio televisivo e mi chiede se è questa la vera libertà. Quindi cambia argomento e si mette a riflettere sul fatto che siamo tutti di corsa e che è un mondo in cui domina l’attivismo e la frenesia. Enrico sostiene che la fretta è cattiva consigliera: ecco allora l’approssimazione, la superficialità in molti. Poi passa ad un altro argomento: i soldi. Secondo lui ormai non conta il denaro, ma gli status symbols, che permettono di ostentare ricchezza. Per giungere a questi status symbols molti sono disposti alle peggiori meschinità, al servilismo, alla doppiezza, all’inganno. Quindi mi dice che le feste hanno perso  la loro vera anima e il loro vero significato: per lui il periodo natalizio ormai è diventato la festa dei commercianti. Il panettone ha avuto la meglio sulla nascita di Cristo, così come la colomba e le uova al cioccolato sulla sua resurrezione. Mi dice che per il consumismo non si fa che inventare nuove feste. Dopo tutte queste riflessioni Enrico conclude che per riuscire a convivere con l’idea della finitezza umana dovremmo ascoltare di più la nostra parte folle. Secondo Enrico dovremmo ascoltare di più gli artisti, gli umanisti, i filosofi: perfino i matti ed i disadattati. Lui dice che solo integrando questa parte folle, che nella maggioranza dei casi inibiamo totalmente, con la nostra parte razionale potremmo essere alla fine degli esseri umani davvero completi. Andiamo fuori a fumarci una cicca. Ritorniamo e continuiamo a parlare. Enrico mi dice che ha visto un film bellissimo: “21 grammi” di Inarritu. Mi dice che ci sono storie drammatiche che si intrecciano. E’ un film che parla della precarietà dell’esistenza e della morte. 21 grammi è il peso dell’anima. Infatti alcuni ricercatori hanno pesato persone morenti e hanno scoperto che da morte pesano 21 grammi in meno. Concordiamo sul fatto che è una mania del nostro Occidente quella di quantificare ogni qualità. Dobbiamo quantificare assolutamente tutto: matematizzare e quantificare tutto obbligatoriamente perché questi sono i dettami imposti dalla scienza e dalla tecnica e noi occidentali abbiamo una fiducia illimitata nelle scienze esatte. Ordiniamo il caffè. Abbiamo finto. Andiamo a pagare il conto. La cameriera è molto carina. Ci chiede se siamo stati bene. Noi rispondiamo che siamo stati bene. Poi la salutiamo. Quindi usciamo fuori e ci fumiamo un’altra sigaretta. Guardo il porticciolo, le barche a motore, il mare al tramonto con le sue tinte e le sue tonalità. Strisce di raggi di sole giocano con il mare. E’ un gioco eterno, che si ripete a ogni fine del giorno. Rimaniamo così sospesi in silenzio tra il tepore dei raggi di sole e il vocio, che giunge dai tavoli dei ristoranti.