Gli ultimi sviluppi del caso dei due giovani suicidi hanno dato nuova linfa a Parker, convinto, come i suoi collaboratori, che le indagini dovevano essere riaperte. Non ha idea quale possa essere l’epilogo, ma sarà sicuramente sorprendente. Incombe la sera; l’uomo decide di staccare la spina e ritornare a casa, sentire il calore umano della sua famiglia. Sceso dall’autovettura, Parker volge lo sguardo alla finestra della casa di Norah, da cui si scorge l’interno illuminato da una tenue luce. Aperta la porta d’ingresso di casa sua, il detective viene accolto da Doll, il piccolo volpino bianco, che scodinzola in segno di gioia. Il detective ricambia, accarezzandolo.

«Avrà sentito la tua macchina e si è messo lì ad aspettare che entrassi» dice la signora Parker, appena sopraggiunta.

«È davvero sorprendente, perché credo di non aver dato nessun segnale della mia presenza» risponde il figlio.

«A lui non sfugge nulla. Vado in cucina a preparare la cena.»

«Kate?»

«È nella sua stanza.»

«Lei non mi ha sentito.»

«Forse avrà le cuffie nelle orecchie per la musica; tante volte mi sono messa a urlare a squarciagola senza ricevere un minimo di attenzione. Pensavo che tu lo sapessi.»

«Delle cuffie? Certo, solo che lo dimentico, o magari … »

«Speri che le cose cambiano.»

«Già.»

«Scordatelo! Bene, ora vai da lei, non vedi l’ora di vederla.»

***

In effetti la signora Parker non si sbagliava, Kate è seduta davanti al computer, con le cuffie alle orecchie. Non sente bussare, tantomeno aprire la porta. Con la coda dell’occhio scorge la discreta presenza del padre. Si toglie le cuffie, si alza dalla sedia e va ad abbracciare il detective.

«Ciao Papà!»

«Ciao piccola! Ho provato a bussare …»

«Potrebbero sparare cannonate, con le cuffie non sento nulla.»

«Sì, lo so.»

«Rimani qua?»

«Certo! Cosa facevi?»

«Stavo facendo delle ricerche su internet.»

«Qualcosa di importante?»

«Non proprio … su un cantante di musica pop.»

«Potrebbe essere importante per te.»

«Sì, è così.»

«Stai crescendo.»

«Me lo dicono tutti.»

«E ti fanno i complimenti, soprattutto i ragazzi.»

«Se è per questo, quelli li fanno a tutti.»

«Avrai i tuoi corteggiatori, non puoi negarlo.»

«Chiamali pure così, io li definirei dei mocciosi che si danno arie da grandi.»

«Un rapporto conflittuale» osserva Parker.

«È il minimo che possa dire di loro.»

«Nessun fidanzatino?»

«Che io sappia no» risponde con un sorriso, Kate.

«Me lo diresti se ce l’avessi?»

«Sì, nessun problema. Come mai me lo stai chiedendo?»

«Be’, lo sai, sono curioso … »

«Per me quando mi fai certe domande c’è sempre sotto qualcosa» osserva, col sorriso birichino, la ragazza.

«Mi piacerebbe conoscere le persone che frequenti, tutto qui» replica Parker.

«È mio padre o il detective John Parker in questo momento a parlarmi?»

«Tuo padre, naturalmente!»

«Sicuro che non abbia a che fare con il tuo lavoro?»

«Cosa fai, ti metti a scrutare dentro di me?»

«Sì, perché sono convinta che non mi stai dicendo tutta la verità.»

«Cristo! Quando ti metti un’idea in testa nessuno riesce a togliertela.»

«Credo che in questo ci somigliamo molto.» afferma Kate.

«E va bene; spesso mi capitano tra le mani dei casi raccapriccianti … dannazione, non voglio turbarti la serata con queste storie!»

«Ne vedo di peggio in TV» ammette la ragazza.

«Quello che voglio … »

«E che ti dica chi sono i miei amici, i corteggiatori, e soprattutto con chi esco.»

«Be’, non voglio un elenco dettagliato, ma in linea di massima è così. Conoscere le persone che frequenti, non credo che sia una pretesa eccessiva.»

«Ok. Vuoi che ti faccia i nomi ora?» dice con velata ironia, Kate.

«No, desidero conoscerli personalmente» risponde sulla stessa falsariga, Parker.

«Alcuni li conosci già.»

«Più avanti proseguiremo col resto del gruppo. Io scendo, vado a dare una mano alla nonna. Tra poco si cena. Ti aspettiamo.»

«Va bene.»

***

Parker trascorre una bella serata con la sua famiglia, gustando a tavola i magnifici piatti preparati dalla madre, intervallati da amene conversazioni. Alla fine decidono di non fare troppo tardi, e così si ritirano nelle rispettive stanze. Una magnifica dormita è quello che ci vuole per recuperare le energie psicofisiche. La mattina seguente il detective si approccia al nuovo giorno con un’aria rilassata, serena.

«Hai dormito bene» osserva compiaciuta la signora Parker, seduta al tavolo della cucina intenta a fare colazione insieme al figlio e alla nipote.

«Sì, stupendamente!» risponde il detective. «Voi?»

«Non posso lamentarmi.»

«Nemmeno io» dice Kate.

«Ottimo! È il modo migliore per iniziare la giornata» Afferma l’uomo, quando suonano alla porta.

«Deve essere Norah, l’ho invitata a fare colazione con noi» dice la signora Parker, alzandosi dalla sedia per andare ad aprire la porta.

«Buongiorno!» dice l’amica, entrando in cucina.

«Ciao!» risponde Kate.

«Buongiorno a te!» le porge il saluto Parker.

«Scusate per il ritardo … »

«Non pensarci, siediti» la tranquillizza la padrona di casa.

«Mi ha chiamato un mio collega alle sette di mattina, tenendomi quasi un’ora al telefono, una cosa da non crederci» dice Norah.

«Nessuna cosa importante da dirti?» domanda la signora Parker.

«Assolutamente no!»

«Cos’è un abitudinario?»

«Non era mai successo finora, non vorrei che si ripetesse.»

«Forse … si tratta di un tuo corteggiatore» Interviene, col solito sorriso birichino, Kate, incrociando lo sguardo del padre.

«Spero che ti sbagli» risponde Norah. «In questo caso sarei costretta ad anticipare le mie dimissioni. Che poi, pensandoci bene, non sarebbe un grosso guaio.»

«Lo capirai presto quali sono le sue vere intenzioni» dice il detective. «Se vuoi, potrei darti una mano.»

«Nel caso, malauguratamente, fossero rivolte alla mia persona? E in che modo? Dissuaderlo?»

«Perché no! Con le buone maniere, s’intende.»

«Me la caverò da sola» replica con una dolce espressione la donna.

***

Finita la colazione, Parker e Norah lasciano la casa per raggiungere le rispettive mete. Si soffermano a parlare accanto alla macchina della donna.

«Da voi è come ritrovarmi in una seconda famiglia … » dice Norah.

«Mi fa piacere» osserva il detective. «Spero che non sia troppo invadente.»

«Assolutamente no! Forse lo sono io … » risponde la donna.

«Ammesso che fosse così … mi piace. Al lavoro?»

«Sì.»

«Il tuo collega, o probabile corteggiatore, ti starà aspettando.»

«Lo sai che non ci stavo pensando … non in questo momento; vai anche tu in ufficio?»

«Sì, passerò un attimo in ufficio, berrò l’ottimo caffè di Jennie e dopo scenderò sul campo di battaglia.»

«Allora, buona giornata. Ci vediamo.»

«Buona giornata anche a te. A presto.»

Norah sale in macchina e si allontana, mentre Parker raggiunge la sua berlina, quando, ad un tratto, scorge appena distante, ferma, l’autovettura nera con i vetri fumé.

«Cristo!» esclama il detective. «Chiunque tu sia la tua presenza inizia a darmi sui nervi. Mi conosci molto bene, sai le mie abitudini, gli spostamenti, non sono un mistero per te, non è così? Be’, goditi il gioco finché ti sarà possibile, perché prima o poi la tua faccia me la ritroverò ad un passo, e allora, lascio a te immaginare l’epilogo.»

Parker sale sulla vettura, e contemporaneamente la macchina misteriosa si mette in movimento, andandosene.