Il peperoncino
Quanno ner sangue circola ‘sto foco

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Si sente un friscicore dappertutto
Perchè la qualità che cià sto frutto
infiamma,dà salute e dico poco…

Con lui po’ fa figura qualunque coco
e grazie a lui se digerisce tutto,
(parlanno con rispetto) senza un rutto,
che si c’è gente attorno po’ fa gioco.

In un “peperoncino” basti dì
Che un medico ungherese cià trovato
Un buggerio di Vitamina”c” .

A occhio e croce fa penzà a un’inezia
Invece st’Ungherese fu chiamato
pè daje er “PREMIO NOBBILE DI SVEZIA” Aldo Fabrizi

Doveroso iniziare con una poesia del grande Aldo Fabrizi, poeta dialettale, attore e non solo.

Cosa c’è di più emozionante del peperoncino se non il peperoncino stesso? Ci fa arrossire,
lacrimare, tossire, spasimare, appassionare, l’afrodisiaco del popolo, a portata di tutti.
Quando parliamo di peperoncino nel linguaggio comune lo identifichiamo con il colore rosso, non è cosi, il peperoncino può avere diversi colori, magari le fiamme in comune!
Dal latino ” capsicum” deriva da ” capsa” che significa scatola, deve il nome alla forma del frutto che ricorda una scatola con dentro i semi. Altri lo fanno derivare dal greco ” kapto” che sognifica mordere, il riferimento è evidente con il piccante che morde la lingua, fuoce e fiamme aggiungerei. Il peperoncino giunse grazie a Cristoforo Colombo, perchè questa spezia già era conosciutissima nel 5500 a. C..
Una delle proprietà più conosciute c’è quella ” rubefacente” ovvero riscalda e richiama l’afflusso di sangue migliorando il microcircolo e riducendo l’infiammazione di nevralgie, torcicolli, angine, lombaggini. I benefici del peperoncino derivano da un insieme di sostanze antiossidanti contenuti nel suo interno: vitamina c, carotenoidi, polifenoli.
Per le sue numerose qualità terapeutiche, colore rosso e forma di cornetto, al peperoncino si sono sempre riconosciute pure funzioni scaramantiche. Nella tradizione contadina si appendeva una collana di peperoncini per la casa al fine di tenere lontano gli spiriti negativi. Presso alcune famiglie il giorno del matrimonio c’era l’uso di regalare da parte dei genitori ai futuri sposi una catenella di peperoncini come simbolo che sarebbe stato garantito contro le avversità della vita. Ad esempio a Napoli ne vendono di tutti i materiali, dal materiale più umile, all’argento, oro. La formula del mitico ” Pappagone”, personaggio interpretato dal grande Peppino De Filippo, diceva ” Aglio, fravaglio, fattura cà nun quaglia. Corna bicorna, capa e’ alice e capa r’aglio”. Tutta la formula da recitare conaglio e peperoncini intrecciati.

Treccia di aglio e peperoncini

Insomma il peperoncino è ” bono”. In una regione italiana San Peperoncino è meglio di San Valentino, parlo dellla Calabria, dove spadellano peperoncini fritti e al piccante sono abituati. Poi se non c’è eros cosa ci facciamo di san Valentino? e qui mi viene da ridere, e molto. I miei erano d’origine campana di cui vado orgogliosa, il peperoncino in ogni pietanza, mio padre lo metteva perfino nel brodo, poi cominciava a tossire per il troppo piccante. Io allora mi domandavo, perchè metterne cosi tanto perchè poi tossisce? Il mistero è fitto ancora oggi, ma io tranne nel brodo lo metto dovunque, a pezzi, in polvere, fresco, colorato, una goduria dei sensi, un esaltazione di qualsiasi cibo. Il cioccolato al peperoncino? ne vogliamo parlare? Una coppia furibonda e di eros ne hanno tanto, suggerisco di farne incetta. Tornando al mio amato peperoncino, emozione e delizia del palato, esaltazione in ogni tavola, si sposa con tutto e lo fa con passione di fuoco e tanta, tanta emozione, da lacrimare. Articolo di Iris G. DM

Ode al diavolicchio di Gabriele D’annunzio.

Ospite che a noi vieni, intelligente,
ed hai papilla tremula, sapiente,
questa che noi t’offriamo è la tepente
anco preziosa
salsedine del mare che si sposa all’aroma di terra generosa
e a quel che l’arca serba a noi prezioso pane croccante.
Nel glauco mare che già amaro in sante
Rampogne il Vate disse, nel sonante
Mare che specchia Febo italo amante
Divino ardente,
di tra i flutti prendemmo la silente figliolanza del cefalo lucente,
il turgido merlango paziente,
il gran testa,
l’orata a rombo, tutta d’or contesta,
il salifero scorfano, la mesta murena grassa dalla strana vesta
a maglie nere
degli scogli dell’Adria; dai fiorenti orti cogliemmo il timo,
i rossardenti diavoletti folli e le virenti erbette fini.
Il fuoco lento infine alle terrine porose demmo,
e il canto alle marine spiagge che vider navi anche col rostro,
nessun brodetto mai eguaglia il nostro!

La mia ode al peperoncino, sfigura vicino ai grandi,ma , certe volte le brutte figure sono divertenti.

Ode al peperoncino
La casa era fatta di blocchi di tufo,
profumava di terra e di antico,
le tegole cotte dal sole,
in cima un gallo scolorito segnavento,
le finestre sbiadite delle stesso colore della terra.
Ma su ogni dove brillavano peperoncini,
archi di peperoncini,
vasi di terracotta stracolmi di peperoncini.
cespugli lucenti e piccanti.
Sulle porte, sotto gli archi, sotto i patiii assolati.
Un tripudio di forme di passione,
e ceramiche traboccanti.
L’ora che il tramonto accende,
dalle colline il vento che nessuno attende,
un refolo lieve, una lacrima che accarezza
un impalpabile mano. Iris G. DM

Per finire in bellezza una mia famosa ricetta, che io definirei, un jolly per ogni occasione.

Va bene per la mezzanotte oppure alle quattro del mattino quando rientriamo da una festa morti di fame.

Sazia e soddisfa anche se a casa abbiamo poco e niente, una goduria, uno scivoloso appagamento dei sensi, di cosa parlo? Dei famosi spaghetti aglio, olio e peperoncino.

In una pentola al momento del bollore e aver salato, mettere a piacere lo spaghetto quello grosso di Gragnano, nel frattempo far sfrigolare, insieme a olio evo, pezzetti di aglio fresco e peperoncino altrettanto, vista la stagione. Abbondare con tutte e due. Calare la pasta molto al dente e mantecare, poi servire in una ciotola capiente, il piatto e piccolo, e mangiate.

Bob appetit.

Articolo di Iris G. DM

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