Lo so che con questo scritto mi attirerò delle antipatie, ma ritengo che certe cose vadano scritte perché ometterle è un atto di mistificazione intellettuale o quantomeno letteraria. Sono comunque vecchio e me ne frego. Voglio dire la mia, anche se qualcuno me la farà pagare. Avere un minimo di onestà intellettuale non paga a questo mondo! Per qualche altro queste cose saranno delle ovvietà,  però da non scrivere, da non dire perché sono scomode. Invece ritengo che vadano scritte, dette, sostenute. Potranno essere scomode, ma non le ritengo scorrette.  Premetto che userò la parola ideologia per come comunemente la si intendeva decenni fa e per come la si intende oggi; talvolta userò il termine  in modo ironico dato che mi ricordo dei poveretti che ancora oggi ci credono, nonostante gli orrori dell’applicazione dell’ideologia marxista nel mondo. La poesia civile non esiste più fortunatamente o è poca cosa. È un antico retaggio dell’impegno, dell’engagement e cazzate varie, con cui ci hanno scassato a più non posso. Spesso i più si professano contro il sistema, sembrano avere chissà quale furore iconoclasta e poi esprimono loro stessi, come quasi sempre. Premetto che per combattere un sistema bisogna prima averlo capito e poi bisogna trovare la soluzione: sono molto scettico che i marxisti riescano in entrambe le cose, utilizzando analisi e ricette molto datate, appartenenti a un’epoca molto lontana. Premetto anche che un autore è ideologico quando la sua opera è tale e/o  la sua poetica e/o la sua presa di posizione è tale. Il nocciolo della questione è che la poesia italiana contemporanea è una roccaforte ideologica della sinistra e perciò è un luogo precluso a molti. La comunità poetica è accogliente solo per chi si dichiara di sinistra. Basta esserlo a parole. I fatti sono un altro paio di maniche! La coerenza non è richiesta. L’importante è la dichiarazione di intenti. I poeti sono buoni e cari, ma hanno uno smisurato “orgoglio luciferino”, come l’aveva definito Dario Bellezza. Bisogna stare attenti. La poesia italiana di oggi è un campo minato, dove solo i sinistrorsi mettono le mine e perciò sanno dove camminare. Personalmente sono stanco di una comunità poetica fatta quasi  tutta da  gente di sinistra che da sola se le canta e se le suona senza alcun contraddittorio. Prova a levare alta la tua voce se sei liberale apartitico come me e vieni sommerso dalle critiche; nel caso migliore ti tocca l’ostracismo artistico o un odio cortese. Bene che ti vada ti toccano le shit storm online o le stroncature molto faziose.  Non dico tutte ma molte valutazioni critiche o certe carriere addirittura si basano su pregiudizi ideologici. Ma questa è vera talentocrazia, vera meritocrazia, vera democrazia?  Insomma la poesia è cosa loro. Anche la storia dell’arte, la sociologia, la psicologia sono discipline fortemente orientate a sinistra, ma lasciano spazio e libertà di scelta anche a chi non è tale. In esse inoltre ci sono dei criteri oggettivi e c’è una scientificità innanzitutto. La comunità poetica a discorsi sembra tanto aperta, mentre in realtà si chiude a riccio quando qualcuno la pensa diversamente. Solo i sinistrorsi possono difendere strenuamente i valori della poesia o coloro che fingono di essere di sinistra.  Non sono io che la sta buttando in caciara e la sto mettendo in politica. Sto solo prendendo atto che da decenni i poeti la stanno buttando  in caciara e la stanno mettendo in politica. È come se ci fosse scritto: “divieto di ingresso per gli anticomunisti”. È una regola non scritta che chi è liberale o di destra non può entrare, a meno che non riesca a collaborare giocoforza con giornali di destra, non riesca ad avere una cattedra universitaria, non faccia carriera nell’editoria o non diventi personaggio pubblico per qualche motivo. Ma la selezione è durissima per chi è liberale. Per molti veterocomunisti poetici oggi liberale è un’offesa, salvo poi scrivere in qualche angolo remoto del web che decenni fa avevano ragione a uccidere Sergio Ramelli o Luigi Calabresi oppure salvo firmare in difesa del terrorista rosso Cesare Battisti, oggi reo confesso. Alcuni autori, stando così le cose, sono liberali ma non si dichiarano tali né professano idee liberali per quieto vivere. La regola per chi non è di sinistra è di non esporsi e tollerare l’intollerabile. Una vulgata sempliciotta vorrebbe che il mondo delle patrie lettere fosse  di sinistra perché la crema della crema, i migliori stanno a sinistra. Mai sentito parlare di gramscismo, di spartizione di poteri nel dopoguerra tra forze politiche, di disinteresse totale del centrodestra nei confronti della cultura (“con la cultura non si mangia”)? C’è ancora oggi molto settarismo ideologico perché molti poeti e critici sono ancora oggi veterocomunisti e credono di essere depositari assoluti della verità.  Ma questa esclusione, questa sorta di imbuto ideologico comporta anche le sue controindicazioni: chi viene fatto fuori non acquista né legge più libri di poesia o riviste. In nome del poeticamente corretto anzi del politicamente corretto viene fatta una selezione. Bisogna sempre essere compagni e sognare la rivoluzione o la rivolta camusiana.  Questo è quello che bolle in pentola a mio avviso. L’importante è l’affinità ideologica in un tempo in cui l’ideologia marxista è morta e sepolta. Tutti dicono di guardare la resa poetica, ma sotto sotto valutano le idee sottese a una silloge, insomma all’orientamento politico di un autore. L’ideologia viene considerata la conditio sine qua non. Viene sempre prima dell’estetica.  Poi naturalmente dopo essersi comportati in questo modo si lamentano del fatto che nessuno legge poesia. Sanguineti aveva scritto che l’ideologia era linguaggio. Dietro a ogni opera c’è un intento politico. Si può essere di sinistra, centrosinistra, centro, liberali o di destra. Chi dice che oggi sinistra o destra non esistono più e sono categorie desuete mente e cerca il consociativismo. Ma perché il linguaggio poetico e l’ideologia devono essere esclusivamente di sinistra? Forse il mondo della poesia è un modo di parte perché troppo di parte, politicamente parlando. E se la verità fosse che la poesia è un luogo troppo chiuso e per pochi? Per alcuni sa di muffa; è qualcosa di stantio. In nome di una rivoluzione che non avverrà mai ci si avvelena il sangue, si fanno discussioni all’ultimo sangue, si emarginano autori, anzi si fa di tutto per non farli diventare autori. In nome di una verità che non sarà mai verità si azzuffano  quattro tromboni, si elargiscono premi senza alcun valore, si attribuiscono etichette di poeti e si danno consensi critici a più o meno giovani. Fondamentale è starci seri e mentire, dire che la selezione avviene in base al merito e al talento. Invece ci sono compagni che non valgono assolutamente niente e a cui viene dato un incentivo, una raccomandazione, una spintarella benevola. Qualcuno potrebbe fare esempi e sostenere che anche tizio o caio sono di destra e si sono affermati. Ma spesso erano molto più bravi degli altri, erano qualche spanna più alti degli altri, hanno faticato di più o hanno intrallazzato di più. Poi naturalmente bisogna conoscere e bisogna quindi frequentare letterati, poeti. Sono così contenti che qualcuno li caghi che diventano anche benevoli, indulgenti e sono pronti a fare qualche favore. Inoltre ci sono anche i favori/compromessi/ricatti sessuali, le mani morte, gli approcci sfrontati degli affermati.  Dispiace che chi si professa di sinistra dica di  abbracciare totalmente la selezione darwiniana (e questo sarebbe già un male), anche se invece del migliore poeticamente parlando si premia il più compagno. Non c’è da stupirsi che anche i letterati facciano massoneria in un Paese in cui anche Lotta Continua è diventata una grande lobby continua. Le grandi case editrici, anche se in mano a Berlusconi,  sapendo che questo è l’andazzo generale per quieto vivere e cercando di soddisfare lo zoccolo duro dei lettori tutti di sinistra, pubblicano autori a loro poeticamente cari. Insomma è questione non dico di tessera di partito ma di orientamento politico. Alcuni potrebbero dire che non è colpa di nessuno se solo le persone di sinistra o centrosinistra leggono. Ma sarebbe come dare degli ignoranti totali o dei cretini totali a chi è liberale o di destra. E se la roba pubblicata non fosse fatta da capolavori? E se fossero schifezze che non meriterebbero di essere lette? Un tempo una mia amica quando gli proponevo qualcosa da leggere dopo averne verificato la qualità mi diceva: “che sarà mai? A me non sembra questa grande cosa. Tutto qui?”. Se veramente ci fosse una vera selezione in base al talento forse questo non succederebbe. In realtà oggi tutti pubblicano. La pubblicazione a pagamento è un contentino che si dà a tutti. In verità per migliorarsi bisognerebbe leggere gli altri. Ma come si fa, se tutti pubblicano, a distinguere il grano dal loglio, visto che neanche la critica riesce a stare al passo con i tempi o è critica militante e quindi non obiettiva?  Negli anni ’70 certe poesie di certe studentesse femministe, pubblicate nelle riviste,  avevano almeno un  valore sociologico. Oggi di molti libri di poesia dubito che abbiano alcun valore. Oggi in attesa di criteri universali e oggettivi (che per ora non ci sono) per riconoscere il talento poetico ci vorrebbe qualcosa che riequilibri politicamente le sorti in poesia e in letteratura. Che vengano messi in cattedra anche più professori liberali!  Auspico non solo le quote rosa ma anche le quote politiche nelle facoltà umanistiche, che sono costituite da insegnanti tutti di sinistra e che sfornano laureati tutti di sinistra. È dalle facoltà universitarie che inizia tutto. Non c’è una sola verità.  Ci sono diverse scuole di pensiero,  diverse aspiranti verità,  tutte o quasi potenzialmente legittime. Fino a oggi invece nelle patrie lettere c’è stato il monopolio esclusivo della sinistra. Per come sono andate le cose, culturalmente parlando, la sinistra non si è dimostrata antropologicamente migliore, non è mai stata un paese nel Paese come la riteneva Pasolini, tanto geniale quanto masochista. Ci vorrebbe una rivoluzione liberale nelle patrie lettere, nella poesia. Altrimenti sarebbe più giusto togliere il valore legale alle lauree in lettere, in storia, in filosofia. Qualche discussione faccia a faccia con qualche letterato l’ho fatta anche io e alla fine in modo benevolo mi diceva: “ok. Va bene. Hai le tue ragioni. Però fateci almeno riprendere da una rivoluzione non avvenuta. Fateci riprendere dalla sconfitta. Oggi tutto il mondo o quasi è liberal.  Ma almeno lasciateci qualcosa anche a noi di sinistra. Lasciateci qualcosa di sinistra a noi di sinistra”. E entrambi, accomunati da ben poco o addirittura da nulla, ridevamo amaro assieme per qualche istante.