SOTTO UN TIMIDO RAGGIO DI SOLE

(di Eduardo Terrana)


Francesca si crogiolava al tepore di un timido raggio di sole. Bella, dolce, sinuosamente provocante, se ne stava sdraiata, totalmente rilassata, con gli occhi socchiusi rivolti al cielo.
Le sue esili braccia non evidenziavano vibrazioni nervose. Le mani adagiate sulla sabbia dorata cadenzavano ritmi silenziosi evocati dalla memoria o dalla fantasia. Francesca non sembrava fuori posto in quel meraviglioso paesaggio incorniciato in una vegetazione splendida, sullo sfondo di un mare meravigliosamente azzurro, sotto un cielo che sembrava avere i colori dell’agata ametista con sprazzi di aragonite intensa.
Un tenue venticello giocava con i suoi capelli, di un castano soffice trattenuti da un fermaglio color avorio, creando dei getti delicati di sabbia su quel corpo di un roseo vermiglio. Un contrasto da favola si offriva all’occhio di chi in quel momento avesse posato lo sguardo sullo sfondo di quella insenatura: un mare argenteo, calmo e piatto appena mosso da increspature di onda che sembravano rincorrersi tutte nella stessa direzione; quattro faraglioni che parevano messi lì da madre natura a far da guardia perché nessuno osasse disturbare la privacy di Francesca, novella Venere uscita dalle onde.
Francesca godeva pienamente del calore del sole, che le abbronzava la pelle. La testa languidamente reclinata sul lato destro, l’espressione del viso serena, Francesca pareva volersi mimetizzare con i colori del paesaggio intorno.
Pareva, si, perché quel luogo solo apparentemente tranquillo nascondeva una grossa insidia, che Francesca non poteva minimamente supporre. Un’ombra si aggirava furtiva tra la folta vegetazione che separava la spiaggia dalla strada di accesso a quel mondo stupendo. E d’un tratto uno tsunami di violenza si abbatté su quell’incanto profanando l’innocenza e la purezza del corpo di Francesca che madre natura aveva sino a quel momento custodito in un letto di sabbia caldo e invitante.
Quanto tempo era passato da quel momento di violenza inaudita, Francesca non se ne rese conto, ancora stordita, nuda, sanguinante, provò a mettere a fuoco i suoi ricordi e le sue idee. Si alzò a fatica, più di un livido guastava il suo corpo snello, abbronzato, stupendo. Provò a dirigersi verso l’ombrellone dove teneva i vestiti. A fatica riuscì a percorrere quelle decine di metri che a lei parvero essere chilometri ciottolosi di strada. Il tempo di prendere il telefonino per avvisare casa di quanto le era accaduto e perché venissero a prenderla che si sentì male, come di svenire, neanche il tempo di rivestirsi e così la trovarono quelli del 118 che, avvisati dai genitori, erano intervenuti a soccorrerla. I medici la trattennero in ospedale, una emorragia interna, dissero ai familiari, consigliava il ricovero di qualche giorno.
Dopo tre giorni di cure finalmente fu dimessa e Francesca ritornò a casa.
La sua giornata però adesso trascorreva in modo diverso. Non era più allietata dalla freschezza della sua risata, della sua allegria, Francesca aveva perso il gusto di sorridere, di conversare, lei che amava tanto il dialogo con le persone; lei che amava tanto andare fuori, gite in montagna, gite culturali e d’estate immancabilmente una intera stagione di mare e di sole in quella meravigliosa insenatura che lei aveva scoperto ed era diventato il suo angolo di paradiso, non avvertiva la voglia di uscire.
Donna Noemi, la madre, seguiva l’andamento della figlia con riservata ansietà, comprendeva che il trauma subito era stato scioccante per lei.
Osservava la figlia che di giorno in giorno si faceva sempre più estranea, più pensierosa, più irrequieta e così passarono i giorni tra rifiuto del cibo, ricorso alle visite del medico e sedute dallo psicologo.
Un mattino Donna Noemi guardò più a lungo Francesca. “Ma ti sei ingrassata figlia mia? Eppure non mangi niente!” Francesca lasciò che il silenzio cadesse su quelle parole. Un mattino però avvertì qualcosa di strano e decise di consultare lo specialista. Non disse nulla alla madre. Il medico, dopo una attenta e scrupolosa visita, la guardò negli occhi e le disse: ”A parte che dovrebbe mangiare un po’ di più, perché la trovo denutrita, per il resto va tutto bene, lei aspetta un bambino! Le prescrivo una dieta da fare perché adesso lei deve mangiare per due, per sé e per il bambino che porta in grembo!”. Francesca rimase di sasso a sentire quelle parole. “Lei aspetta un bambino”, non se lo aspettava di certo una notizia del genere. Ringraziò il medico e riprese la strada verso casa. Il pensiero però era fisso su quelle parole “Lei aspetta un bambino”, e non riusciva a farsene una ragione. Giunta a casa la madre la vide preoccupata più del solito e le chiese se stava bene. Francesca questa volta non lasciò che il silenzio si sostituisse alle parole, guardò la madre con occhi umidi di pianto e le disse: “Mamma aspetto un bambino!” Donna Noemi rimase colpita da quell’annuncio inaspettato. “Come aspetti un bambino?”. “Si mamma, non ci sono dubbi, il medico me lo ha confermato. E ne sono convinta perché adesso faccio caso che da un paio di settimane ho un ritardo del ciclo. E’ proprio certo, aspetto un bambino!” Quella mattina madre e figlia parlarono a lungo e ricollegarono l’evento alla violenza subita da Francesca. “E ora, figlia mia, cosa pensi di fare? Vuoi tenere questo figlio o vuoi abortire? Pensa a cosa dirà la gente. Se lo fai nascere sarà per tutti un bastardo sempre.”
“A me non importa di cosa dirà la gente”, urlò Francesca, “a me importa del mio bambino. Questo è mio figlio! io sono sua madre e lo difenderò sempre contro tutto e tutti. Lo curerò, lo crescerò e gli vorrò sempre bene. Non lo rinnegherò mai. Non lo ucciderò per amore della gente”. Donna Noemi non replicò a quelle parole, doveva riflettere, aveva bisogno di capire per accettare la nuova realtà. Scegliere tra l’onore della famiglia e l’amore per la figlia.
Per diversi giorni il dilemma la tormentò. Francesca si rifiutava di trattare l’argomento. Appariva diversa, più serena, aveva ripreso anche a mangiare seguendo la dieta del medico e spesso si guardava allo specchio. Vedeva il suo corpo trasformarsi lentamente ma costantemente, giorno dopo giorno, e posava spesso la sua mano sul ventre per percepire gioiosa i primi sintomi della nuova vita che si stava sviluppando in lei. Era felice di questo. Era stata educata al rispetto di sani principi e valori, al rispetto dei sacramenti e del valore della vita umana. Accarezzava con dolcezza il suo ventre, Francesca, e il sorriso le illuminava il viso, “sarò mamma, sarò mamma”, si ripeteva tra sé e sé e si sentiva felice e appagata.
Donna Noemi colse appieno la trasformazione di Francesca. Capì, finalmente, che doveva starle vicino con amore e partecipare alla sua gioia.
E furono giorni di gioia vera ma anche di frenesia intensa. Le visite ginecologiche, le ecografie e poi il corredino da preparare, la ginnastica preparatoria, il mondo esterno appariva proprio lontano.
Era una bella domenica di sole la mattina che Donna Noemi e Francesca decisero di fare una gita nella loro villetta in collina. Francesca era già al sesto mese e tutto procedeva nella norma. La madre portava la macchina e Francesca sedeva al suo fianco. Una musica dolce allietava il viaggio mentre mamma e figlia parlavano e facevano progetti.
Si risvegliò Donna Noemi confusa e stordita, in un letto dell’ospedale. “Ma dove sono? cosa è successo?” chiese all’infermiera, dopo che si riprese un po”. ”Stia tranquilla signora, più tardi la visiterà il medico e le darà tutte le delucidazioni.”
No, non stava tranquilla Donna Noemi, non si dava pace, era agitata, il pensiero era a Francesca e al bambino che portava in grembo. Il tempo sembrava si fosse fermato. “Ma quando verrà il medico?” si chiedeva e con lo sguardo vagava nel vuoto del soffitto bianco, totalmente assorta nei pensieri.
E il medico venne alfine. “Buongiorno Signora, come si sente?” “Male dottore! Può dirmi dottore perché sono qui e mia figlia dove?” “Un incidente, Signora, pare che lei abbia sbandato per salvare un cane che le ha attraversato improvvisamente la strada. La macchina ha sbattuto violentemente contro un grosso platano e l’urto più forte è stato sulla parte destra.” “E mia figlia? C’era mia figlia accanto a me, dov’è? come sta? “
“Sua figlia si riprenderà presto. Abbiamo dovuto intervenire d’urgenza perché sono insorte delle complicazioni che hanno compromesso la gravidanza, l’urto è stato violentissimo, sua figlia adesso è fuori pericolo ma il bambino purtroppo lo ha perduto. Adesso provi a riposare un po’ per quanto possibile, domani potrà vedere sua figlia.”
“Riposare”, si disse Donna Noemi, “come faccio a riposare, un incidente per salvare un cane e Francesca che rischia la vita e il bambino morto” e le lacrime vennero giù abbondanti.
“Mamma ho perso il bambino!”, “Si! Francesca, lo so! Il medico mi ha già informato.; ma tu adesso cerca di riprenderti, è stata una tragica fatalità che come un macigno ci è finita addosso”, e si abbracciarono e le parole cedettero alla commozione.
Tornarono a casa dopo qualche giorno, ristabilite nel fisico ma non nello spirito. Francesca volle un funerale cristiano e una sepoltura per i resti della sua piccola creatura.
Francesca si chinò e depose con dolcezza un mazzo di rose sulla tomba fredda e nuda e una lacrima si posò su un petalo di rosa e d’incanto una nuvola splendente apparve ai suoi occhi e un pargolo la salutò con la sua manina e Francesca sentì la sua voce: “mamma, non piangere, sii felice, perché io sono nella luce!” E tutto svanì all’improvviso. Francesca tentò di afferrare la nuvola, di trattenerla, di accarezzare quel pargolo, suo figlio! rubatole alla vita ancor prima di venire al mondo. Non si spiegava il mistero, era stata realtà o visione? ma ringraziò il Signore per quel miracolo. Il sole era ormai alto nel cielo e la giornata si offriva per essere vissuta con rinnovata fiducia e speranza.

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