A mio caro nonno.

Questo argomento mi porta a quell’epoca, l’infanzia, dove il patio della casa dei nonni non era solo un patio pieno di fiori, piantine d’aromi vari e alberi di frutto, dagli agrumi, a le viti che s’inalzabano fino a fare una sorta di tetto verde chiaro s’un traliccio fatto da mio nonno, dove trascorrevo molto tempo, sotto delicati e fini raggi di sole che riuscivano a farsi strada fra i rami delicati.

Se la mia nonna, “la Vitto” era tosta, mio nonno gareggiabba al meno per il secondo posto, ed io sono come lui, parecchio testarda.

Insomma, arrivava l’estate, che all’epoca anche se faceva caldo si poteva fra virgolette, sopportare. A lui non bastava però; allora, dopo cena, iniziava il rito; prima prendeva lo sdraio che pure si apriva ad angolo piatto e quello già era una marcia in più perché gli permetteva di mettere al primo posto un paio di trapunte in cotone fresco per ammorbidire il tutto, poi le lenzuole da letto singolo e quello che mi sorprendeva di più è che addirittura portava da lasciare ai piedi, un manto leggero, col tempo capii, mano a mano che trascorrevano le ore, la rugiada si faceva presente, allora era il momentodi tirar su la trapunta.

Anche s’era un pò asciutto a livello sentimenti, cioè, poco amorevole con i nipoti; adesso che ci penso, anche con gli altri; gli stavo attaccata come una cozza. A modo suo faceva scherzi ironici che; facevano imbestialire a più d’uno, Ogni tanto pure a me, però, in fondo capivo la sua ironia, solo il tempo mi fece capire che sarei diventata come lui.

Tornando alla pseudo-brandina, scoprì che le sere che faceva molto caldo, dormiva fuori. Allora, corsi da nonna e chiesi tutta l’attrezzatura necessaria per sistemarmi come lui. E riuscii nell’intento. Quando mio nonno vide avvicinarsi un altro ” letto” fece una smorfia e io ero più che soddisfatta.

Il meglio arrivò dopo, patio buio, silenzio infinito, non una palabra. Qualche abbaio di un cane vicino. Non del nostro. Lui si addormentò in men che non si dica.

Invece, per me era tutta un’avventura. Il chiaro di luna mi accecava, le stelle scintillanti come in un pentagramma, danzavano a tempo, una potente e duratura, altra delicata e dolce e la brezza di notte inoltrata portava i rami più fini di qua e di là. Dopo anni mi chiedo ch’è stato delle lucciole, non solo quelle del patio, che nel cielo si camuffavano con gli astri a miei occhi, minuscoli; non li vedo più frequenti come addietro. E lì restai, finché le palpebre si appesantirono e si chiusero.

Uno di tanti ricordi.

Tua.

Da: fridalaloka.com


Non molti lo sanno ma era particolarmente “di moda” nel Novecento dormire all’aperto nelle notti più calde dell’anno, un’abitudine utile anche ad evitare di contrarre malattie particolarmente contagiose. Chi aveva una terrazza, una veranda o meglio ancora un giardino, poteva allestire una vera e propria camera da letto sotto le stelle, godendo delle temperature più gradevoli della notte e respirando aria fresca.

Da: @alenkasm/123rf

Nel primo Modernismo, questa possibilità diventò una vera e propria strategia, non tanto o non solo per tenere lontano il caldo quanto per proteggersi dalla diffusione della tubercolosi, un problema che si riscontrava soprattutto nelle città densamente popolate e che si riteneva potesse essere prevenuto proprio stando all’aria fresca e all’aperto.

I portici delle case americane del XIX secolo, soprattutto negli stati meridionali degli Usa, erano spesso allestiti come intere camere da letto con spazi disponibili per tutta la famiglia e anche nella New York della metà del XX secolo, era comune trovare sui tetti dei grattacieli persone che riposavano.

Anche durante l’epidemia di influenza spagnola, dopo la prima guerra mondiale, questa “moda” è stata ripresa. Ma tale tradizione ha origini ben più antiche e la conoscono meglio i paesi mediorientali e asiatici, dove il caldo si fa sentire con più forza e dove non è infrequente, ancora oggi, vedere persone che dormono sui tetti o comunque all’aperto.

Diversi architetti e urbanisti nel mondo hanno poi utilizzato questa strategia per rendere più gradevoli i soggiorni delle persone.Un esempio è il Los Angeles Lovell Health House di Richard Neutra (1927-29), una struttura modernista fatta di reti di terrazze e solarium, su cui erano allestite anche camere da letto per dormire all’aperto.

@Palm Spring art museum

C’erano anche delle vie di mezzo, ovvero camere da letto che potevano facilmente diventare all’aperto al bisogno. Un esempio è la creazione di Albert Frey, Frey House II, a Palm Springs , le cui pareti della camera da letto sono state sostituite da porte scorrevoli in vetro e tende giallo vivo. Lo spazio notte interno/esterno di Frey incastonato nella roccia era estremamente flessibile e si adattava alle diverse esigenze

Insomma, dormire all’aperto è stata una risposta storica sia alle malattie che al gran caldo e oggi questa tradizione, diffusa in diverse parti del mondo, potrebbe tornare utile per riuscire quantomeno a riposare un po’ in queste calde serate, se non si ha (o si è scelto di non utilizzare) l’aria condizionata o i ventilatori.

Certo dormire fuori non è sempre facile e forse non è adatto a tutti o a tutti i luoghi: pensiamo ad esempio a chi vive in zone dove ci sono molte zanzare o altri animali (magari chi sta vicino ad un bosco). C’è poi chi potrebbe avere problemi di rumore, sicurezza, comfort, privacy o chi abita in zone con condizioni meteorologiche avverse.

Non possiamo nascondere che ogni spazio presenta una serie di potenziali problemi, ma in alcuni casi questi si possono affrontare e risolvere. In conclusione, non sarà la soluzione definitiva per tutti ma l’antica tradizione (o “moda” come volete chiamarla) di spostare la camera da letto all’aperto, in questi giorni “bollenti” merita sicuramente una rivisitazione.

Dati: Financial Times