Per chi avesse voglia e curiosità di leggere questo testo non breve ripropongo brevi e forse non scontate riflessioni sul LAVORO

Dopo la sconfitta operaia alla Fiat nel 1980, malgrado la straordinaria, quasi disperata ( e ricca di simbologia) immagine di Enrico BERLINGUER davanti ai cancelli di Mirafiori è iniziato un lungo periodo che ci ha portato sino ad oggi.
Un periodo che ha visto la progressiva mortificazione del LAVORO come SENSO, come VALORE, come espressione della dignità delle persone ed è persino banale ripeterlo:
sono prevalsi altri modelli legati all’immagine, all’inconsistenza, fino a giungere ad una sfacciata esibizione della ricchezza da parte di alcuni (privilegiati?) come espressione di successo, di capacità e di furbizia.
Il lavoro è stato sempre più relegato in secondo piano, nella migliore delle ipotesi , commiserato certamente allontanato dai modelli proposti alle giovani generazioni.
Il berlusconismo è stato in qualche modo attore ma anche figlio di questa tendenza più profonda e di più lungo periodo.
Oggi ci si accorge in molti che questa era soltanto una gigantesca mistificazione della realtà, che non può esserci Dignità e quindi Civiltà senza che al centro ci sia il LAVORO.
Ci si accorge che la speranza del futuro è stata uccisa da un modello economico-sociale barbaro, nemico della persona, anche stupido nella sua incapacità di guardare avanti.
Possiamo tornare a dire con Marx che il LAVORO come espressione della creatività umana è il vero motore della Storia?
Possiamo cominciare a dire che NON il totem della COMPETITIVITA’ , del riconoscimento di un presunto MERITO sono la molla che muove il mondo ma LA CURIOSITA’ (quella che stimola la nostra voglia di sapere, conoscere e saper fare) che è anche nemica della PAURA (del nuovo, del diverso, del non conosciuto, della perdita di qualche cosa) e con essa la VISIONARIETA’ che ci consente di immaginare il nostro futuro e di crearlo (penso a figure come Steve Jobs o ad Albert Einstein che arrivò a definire la relatività generale e la gravità, immaginando una realtà non direttamente visibile)
Einstein e come lui altri scienziati (e non solo) non pensavano al ”riconoscimento del proprio merito” nel loro lavoro: il merito c’era già in sé, in quello che facevano, il riconoscimento non riguardava loro che cercavano solo di soddisfare la loro curiosità di sapere e di fare (ed in questo c’era la loro gratificazione).
Forse se riuscissimo a liberarci di questi assurdi e incredibili modi di pensare che pure vanno per la maggiore anche tra i cosiddetti “riformisti” di sinistra e recuperassimo il VALORE reale delle cose che facciamo per quel che sono e non per il prezzo che il “mercato” assegna loro, forse se appunto il LAVORO tornasse al centro, le attuali odiose e sempre più grandi disparità economiche e sociali si potrebbero eliminare e le persone libere di esprimere pienamente e senza vincoli le proprie capacità.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che si ripropone l’idea una società comunista!?

Bene corriamo il rischio, ma non di una rifondazione di qualche cosa che non si è mai realizzato,
bensi della costruzione di una società, in fondo, solo meno stupida

Gianfranco ISETTA 18/08/2012