In memoria di Franco BASAGLIA, morto a 56 anni il 29 agosto 1980. Psichiatra, teorizzò e praticò un altro approccio alla “malattia mentale”, denunciando il carattere di esclusione e di classe dei manicomi.
Nell’inverno del 1944, mentre era studente universitario a Venezia, fu arrestato per attività antifascista. Raccontò poi:«Quando entrai per la prima volta in una prigione, ero studente in medicina. Lottavo contro il fascismo e fui incarcerato. Mi ricordo della situazione allucinante che mi trovai a vivere. Era l’ora in cui venivano portati fuori i buglioli dalle varie celle. Vi era un odore terribile, un odore di morte. Mi ricordo di aver avuto la sensazione di essere in una sala di anatomia dove si dissezionano i cadaveri. Quattro o cinque anni dopo la laurea, divenni direttore di un manicomio e, quando entrai là per la prima volta, sentii quella medesima sensazione. Non vi era l’odore di merda, ma vi era un odore simbolico di merda. Mi trovai in una situazione analoga, una intenzione ferma di distruggere quella istituzione. Non era un problema personale, era la certezza che l’istituzione era completamente assurda, che serviva solamente allo psichiatra che lì lavorava per percepire lo stipendio alla fine del mese»
(in Conferenze brasiliane, 1979)
La figlia Alberta, in un’intervista curata da Simonetta Fiori, parlando del movimento antimanicomiale guidato da sua padre Franco, disse:
«Era un movimento con tutte le sue contraddizioni, non la favola bella come l’hanno voluta raccontare”.
Cosa intende per favola bella?
“C’è chi ha voluto fare di mio padre una sorta di padre Pio che liberò i matti dalle catene. Oppure, all’opposto, ecco il ribelle velleitario che chiuse i manicomi infischiandosene delle conseguenze”.
Chi era invece suo padre?
“Dimostrò che l’impossibile diventa possibile. Dieci anni prima del suo esperimento, era impossibile che un manicomio potesse essere distrutto. Lo disse anche poco prima di morire: magari i manicomi torneranno a essere chiusi, ma abbiamo dimostrato che si può assistere le persone folli in un altro modo. Non aveva ancora vinto, e lo sapeva bene. Il suo progetto è stato realizzato solo in parte. Ma è riuscito a imprimere una svolta da cui non si torna più indietro. Ora bisogna andare avanti” (“Repubblica”,14 febbraio 2014).
Alberta Basaglia ha raccontato la sua esperienza di bambina cresciuta in quegli anni in “Le nuvole di Picasso. Una bambina nella storia del manicomio liberato”, Feltrinelli 2014.

Post di Alberto Panaro, illustrazione di due anni fa.