LA MACCHINA DEL TEMPO

(liberamente tratto dal film, The Time Machine, 1960)

Pubblico di seguito la SETTIMA PARTE del racconto a cui seguirà l‘ultima

“La sua giacca, arrotolata all’estremità, divampò con una fiamma intensa e luminosa. Tutta la grotta risultò illuminata o, per lo meno, così apparve ai Morloch, i cui occhi, abituati a vivere da sempre nell’oscurità, non riuscirono a sopportare quella luce. Retrocedettero all’impazzata e in modo disordinato all’indietro e, alla fine, lasciarono che il viaggiatore del tempo scoprisse un altro luogo interessante. Si trattava dell’antro dove erano tenuti in vita, prigionieri e sfamati, pronti per essere, poi, macellati, gli abitanti della superficie, da poco rapiti. Tra di essi, vi era anche Sheila che lo riconobbe all’istante. << Forza! >> – disse Edmund, all’indirizzo di chi l’aveva accompagnato fin là – << Fa uscire i tuoi compagni da lì e invitali a seguirci! >> Non se lo fece ripetere di nuovo. All’improvviso, una piccola folla di esseri umani, con in testa la giovane fanciulla salvata dalle acque, si dispose ordinatamente alle spalle del viaggiatore del tempo, sollecitata, adesso, a gran voce anche dal suo accompagnatore che, ancora una volta, sembrava aver preso in prestito una nuova e più determinata coscienza. Il gruppo si diresse verso il posto da dove si accedeva al foro in superficie. Con grande attenzione, l’uomo teneva alta e ben visibile la torcia accesa. Era impossibile che qualche Morloch avesse trovato il coraggio di avvicinarsi. Raggiunta la via di fuga, uno dopo l’altro, gli abitanti del nuovo mondo, guidati dall’accompagnatore di Edmund che, ora, con temerarietà, rivelava la strada d’uscita verso l’alto, riemersero all’aria aperta e alla luce del sole. Nel frattempo, il viaggiatore del tempo, memore della sua macchina, si diresse all’interno della caverna, in direzione opposta. Non era solo. Nonostante, l’avesse scongiurata di mettersi in salvo con tutti gli altri, Sheila, assecondando in lei le ragioni di un cuore che, ora, aveva iniziato a battere senza apatia e a percepire un’emozione intensa che la giovane donna neppure sapeva si chiamasse amore, volle a tutti i costi andare con lui. La via era libera. La fiamma della torcia continuava a fare il suo lavoro a dovere. Nessun Morloch era disposto ad avvicinarsi. Alla fine, al termine di un vertiginoso tragitto, a strapiombo su un dirupo e lungo uno stretto sentiero, scavato nella roccia, uomo e ragazza giunsero in una grande sala naturale, subito posta dietro il portale di metallo, sovrastato dalla testa nera della sfinge. Da un lato, era collocata la macchina del tempo del viaggiatore, in perfette condizioni e senza alcun danno.”

CONTINUA

(Tutti i diritti riservati all’autore Maurizio Coscia)

L’autore Maurizio Coscia ha realizzato in self publishing l’opera,