
La strada di Cormac McCarthy
Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri
La strada
Cormac McCarthy
Noi non mangeremmo mai nessuno, vero?
No. Certo che no.
Neanche se stessimo morendo di fame?
Stiamo già morendo di fame.
Hai detto che non era così.
Ho detto che non stavamo morendo. Non che non stavamo morendo di fame.
Ma comunque non mangeremmo le persone.
No. Non le mangeremmo.
Per niente al mondo.
No. Per niente al mondo.
Perché noi siamo i buoni.
Sì.
E portiamo il fuoco.
E portiamo il fuoco. Sì.
Ok.
Certo che dopo Cecità di Saramago, La strada non è certo la strada giusta per tirare un sospiro di sollievo.
Sono passata da una cecità bianco latte, ad un mondo grigio cenere.
“Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l’inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo”
La strada è un libro essenziale…in tutti i sensi.
…è una distopia essenziale, indispensabile leggerlo almeno una volta nella vita;
…è essenziale nella scrittura, una scrittura scarna, priva di fronzoli, di giri di parole, non esiste il superfluo, non c’è più nulla di superfluo, anche i puntini e le virgolette dei dialoghi sono di troppo;
…è essenziale nelle ambientazioni e nei colori: solo ed esclusivamente desolazione, terra bruciata grigio cenere, polvere, tanta polvere da sentirla quasi in bocca, riga dopo riga, alberi bruciati, animali estinti;
…è essenziale nelle sensazioni: fame, freddo, paura, dolore;
…è essenziale nella trama e nei protagonisti, un padre e un figlio in un mondo post-apocalittico che percorrono la strada verso sud in cerca di terre più calde…eppure
…eppure una volta terminata la lettura ci si accorge di quanto sia denso, intenso, commovente, pieno di piani di lettura, questo libro meraviglioso.
Un padre e un figlio, l’uno l’universo dell’altro, per i quali il passato non conta, esiste solo il presente, il futuro è inimmaginabile.
“Sapeva solo che il bambino era la sua garanzia. Disse: Se non è lui il verbo di Dio allora Dio non ha mai parlato”
Una storia con una potenza emotiva devastante, un libro non per stomaci deboli, eppure McCarthy ha saputo farmi arrivare tutto l’amore per la vita, la famiglia e la giustizia.
La vita, a cui padre e figlio sono aggrappati con tutte le loro forze e le energie, le poche che restano.
Camminano inesorabili verso sud, verso la speranza di un mondo migliore, una nuova vita. Il padre sa che sarà pressoché improbabile trovarla, ma non può e non deve privare il figlio della luce della speranza.
La famiglia, si sostengono, si aiutano, si consolano, si raccontano, litigano, discutono e profondamente si amano. Uno il sostegno dell’altro, uno la forza dell’altro, uno la ragione di esistere dell’altro.
Ti posso chiedere una cosa?
Sì, certo che puoi.
Tu cosa faresti se io morissi?
Se tu morissi vorrei morire anch’io.
Per poter stare con me?
Sì. Per poter stare con te.
Ok.
La giustizia, perché anche in un mondo disumanizzato, senza più regole sociali, dove gli uomini per sopravvivere si mangiano a vicenda, loro sono i buoni, coloro che nonostante tutto hanno un gesto d’amore e generosità verso un vecchio incontrato sul loro cammino, un vecchio che chiede aiuto, a loro che hanno pochissimo più di lui.
E allora nel peggior scenario che si possa immaginare, senza luce, senza vita, senza colori, quello che fa da contraltare è il fuoco, il fuoco che accendono per riscaldarsi, per cucinare il poco che trovano, per far luce nel buio denso della notte, il fuoco dell’amore che sono riusciti a conservare nei loro cuori.
Ed è questo fuoco, questo amore, che riapre alla speranza, alla fratellanza, all’accoglienza, non più solo individui ma collettività.
Non tocca a te preoccuparti di tutto.
Il bambino disse qualcosa che l’uomo non capì. Cosa?, disse.
Il bambino alzò gli occhi, il viso sporco e bagnato. Sì, invece, disse. Tocca a me
Buona lettura!