Antonella Viola: Abbiamo davvero bisogno del merito?

Nessuno più di me crede nel merito applicato ai settori strategici e competitivi del mondo del lavoro. Ho una storia personale dolorosa in questo senso: quando ancora non esisteva l’abilitazione scientifica nazionale e si andava in giro per l’Italia a fare concorsi, sono stata costretta più volte a ritirarmi perché il mio curriculum era troppo forte e avrebbe rotto schemi che si erano decisi a tavolino. Sono stata minacciata, lusingata.. e alla fine ero così disgustata dal sistema che quando arrivò il “mio concorso” (quello in cui dovevo vincere io, sempre per calcoli e incastri accademici) non mi presentai, mandai un sms in cui dicevo che dovevo portare i bambini a scuola. E lasciai l’Italia. Avevo un curriculum da ordinario da anni, ma ero ancora una ricercatrice perché non sono “figlia” di nessuno, nel senso che non ho mai avuto un capo in Italia. Ricordo che quando finalmente arrivarono le abilitazioni nazionali ed io partecipai, tra i vari giudizi (tutti positivi) ce n’era uno in inglese che diceva: ma come è possibile che questa persona non sia già prof. ordinaria da anni? Ho dovuto vincere un ERC Advanced Investigator Grant da 2,5 milioni di euro per diventare ordinaria e continuo a sostenere che il Consiglio Europeo della ricerca sia stato e sia ancora oggi uno strumento fondamentale per favorire la meritocrazia nell’accademia italiana. Ma la scuola, è una cosa diversa. La scuola deve accogliere e accompagnare tutti i bambini e le bambine verso un processo di crescita e formazione, senza metterli in competizione tra loro. La scuola deve insegnare la cooperazione, la complementarietà, il valore delle differenze, l’utilità degli errori. L’unico obiettivo della scuola dovrebbe essere di non lasciare indietro nessuno, insegnando ai nostri ragazzi che la bellezza del viaggio sta nel percorso, non nella meta.