Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava – Social Media Manager

Un saluto a tutte e a tutti,

un saluto alle autorità presenti, al consiglio comunale, all’amministrazione e al sindaco Cesare Chiesa che ringrazio per l’invito, ai rappresentanti delle Forze Armate e delle associazioni tutte, e saluto e ringrazio per la partecipazione soprattutto voi cittadine e cittadine di Stevani, di Rosignano e del Monferrato.

Un ringraziamento anche alla diocesi e all’amministratore parrocchiale don Carlo Baudino e al diacono Ippolito per averci accolti qui, presso la parrocchia di San Giacomo a Stevani, per celebrare l’anniversario del prossimo 4 novembre: la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate.

Per comprendere meglio l’importante significato di questa ricorrenza, è necessario partire con una contestualizzazione storica.

Il 4 novembre è il giorno nel quale il nostro Paese ricorda l’Armistizio di Villa Giusti del 1918, armistizio che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste, e portare a compimento il processo di unificazione iniziato con il Risorgimento. Il 4 novembre 1918 terminava così, per l’Italia, la Prima Guerra Mondiale. Conflitto che si concluse, invece, nella sua interezza, l’11 novembre con l’Armistizio di Compiègne.

Per onorare i sacrifici dei soldati italiani caduti a difesa del nostro Paese, il 4 novembre 1921 ebbe luogo la tumulazione del “Milite Ignoto” presso l’Altare della Patria a Roma.

Relativamente a quel periodo siamo soliti ricordare sostanzialmente due episodi: la disfatta di Caporetto e la successiva riscossa attraverso le vittorie sul Piave e a Vittorio Veneto.

Ma numerose riflessioni scaturiscono da un’attenta analisi dei fatti che hanno preceduto quell’armistizio, e di ciò che è venuto dopo e che ancora oggi ha effetti sulla nostra società.

Nella corso della Prima Guerra Mondiale, 600 mila italiani furono catturati come prigionieri di guerra, metà dei quali (300 mila) dopo Caporetto, significa 1 italiano su 100 (allora l’Italia contava 30 milioni di abitanti), e molti di loro vennero rinchiusi a Mauthausen. Questo nome vi ricorda qualcosa? Allora era un campo di dura prigionia ma pochi anni dopo divenne, come tutti tristemente sappiamo, uno dei simboli della follia nazista. Campi di sterminio volti ad annientare tutti coloro che erano ritenuti inferiori o di ostacolo all’affermazione di quel regime totalitario: ebrei, rom, omosessuali, portatori di handicap e molti soldati e partigiani catturati e condannati ad atroci sofferenze.

Alla fine del primo conflitto mondiale l’Italia piangeva 650 mila morti e 450 mila mutilati, parliamo di ragazzi giovani, dai 18 ai 20 anni. Ricordate i ragazzi del ‘99? Neo diciottenni mandati in prima linea al massacro.

In più, concluso il conflitto, l’economia era in ginocchio.

In questo clima iniziarono a serpeggiare sentimenti di sfiducia, verso la classe politica, verso il sistema parlamentare e verso il popolo considerato poco patriottico e bisognoso di essere riportato sulla retta via. 

Inizialmente lo pensavano in pochissimi ma questo sentimento riuscì ad affermarsi, dando vita alla dittatura fascista: il periodo più buio della storia del nostro Paese.

È importante citare questo passaggio perché esattamente 100 anni fa in questi giorni, tra il 28 e il 31 ottobre 1922, uomini radunati in varie località d’Italia diedero ufficialmente inizio alla Marcia su Roma: un corteo armato che si sarebbe concluso nei giorni successivi nella Capitale. Giorni nei quali il re Vittorio Emanuele III rifiutò lo stato d’assedio che avrebbe permesso all’esercito di intervenire; e consegnò di fatto, il ruolo di presidente del Consiglio del Regno d’Italia a Benito Mussolini (che codardamente rimase a Milano sino all’ultimo). Iniziò così, come detto, la dittatura.

Ed è importante ricordare, alla luce di quanto detto relativamente al sentimento disfattista, che il fascismo iniziò qualche tempo prima attraverso azioni squadriste di pestaggio, omicidio e intimidazione, anche qui nelle nostre colline.

Oggi intendiamo ricordare tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per il nostro Paese e lasciarci, dopo tante terribili vicissitudini, un’Italia contraddistinta dai valori di democrazia, libertà, uguaglianza e pace.

Ecco, questa è l’Unità Nazionale. 

E il 4 novembre si celebrano, infatti, anche le Forze Armate. Forze Armate che oggi sono forze di pace e di mantenimento del diritto internazionale. Tanto sul suolo nazionale quanto fuori.

Oggi, mediamente, sono circa 8 mila, con punte di 12 mila, i militari italiani impegnati in missioni all’estero, dislocati in Asia, Africa ed Europa. La metà opera nel nostro continente. A tutti i nostri soldati vengono universalmente riconosciute doti di professionalità e umanità. Donne e uomini che ancora oggi rischiano la loro vita per ideali superiori. Ricordiamocelo tra pochi giorni, il 12 novembre, per l’anniversario della strage di Nassiriya nella quale persero la vita 19 tra carabinieri e soldati italiani, più 2 civili sempre italiani. Al di là del quadro generale, loro erano in Iraq per mantenere la pace.

E come non ricordare la guerra che sta infiammando il nostro continente. Speravamo che il drammatico conflitto nella ex Jugoslavia avesse insegnato qualcosa, invece, ancora oggi, un Paese ne invade un altro e non si capiscono pienamente le motivazioni. C’è un’unica certezza in queste vicende: la sofferenza delle popolazioni.

Mi preme portare all’attenzione una canzone, Henna di Lucio Dalla, scritta proprio contro la guerra nei Balcani che si presta benissimo a queste riflessioni. Il cantautore ci presenta un soldato che invita il proprio superiore a pensare all’assurdità della guerra e, quest’ultimo, non gli risponde continuando a fumare. Recita:

“Adesso basta sangue

Ma non vedi?

Non stiamo nemmeno più in piedi, un po’ di pietà

Invece tu invece fumi con grande tranquillità”

Bene, che questo 4 novembre ci inviti a riflettere sul valore della pace, ormai ritenuto da noi acquisito ma non presente in buona parte del mondo, affinché non ci sia più indifferenza e nessun bambino, nessuna donna e nessun uomo nel mondo debba più temere per la propria vita. 

Desidero concludere questo intervento con un particolare pensiero agli IMI, gli Internati Militari Italiani: 600 mila militari che all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 scelsero coraggiosamente di restare fedeli agli italiani rifiutando di aderire alla Repubblica Sociale e allearsi con la Germania di Hitler. Questo comportò un enorme sacrificio perché vennero deportati nei lagher nazisti. Molti di loro non tornarono, molti altri riuscirono a ritrovare la propria famiglia ma la durezza della prigionia non consentì loro di sopravvivere a lungo.

Il valore di questa scelta verrà ricordato sabato 19 novembre alle ore 10 presso il cimitero di Casale Monferrato. In quell’occasione verrà inaugurato il Famedio in loro memoria, realizzato grazie al contributo di molte realtà locali, e accoglieremo i resti di 6 IMI monferrini (più un settimo che sarà tumulato a San Salvatore Monferrato) che dopo oltre 70 anni torneranno nella loro terra.

Viva le Forze Armate, Viva la Democrazia, Viva la Repubblica italiana!

Gabriele Farello

Stevani (Rosignano Monferrato), 01/11/2022