Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava – Social Media Manager

Javier Marias

Domani nella battaglia pensa a me

Premetto che non conoscevo questo autore ma dopo la sua morte e le numerose recensioni positive sulla sua opera mi sono decisa a leggere qualcosa di suo. Ed ho scelto questo libro perché mi ha affascinato il titolo che mi richiamava una languida sensazione di amore. Niente di più sbagliato perché ho scoperto, insieme alla mia ignoranza, che il titolo dell’opera da me scelta è una citazione dal “Riccardo III” di Shakespeare dove Domani nella battaglia pensa a me” è la maledizione che il fantasma della regina Anna scaglia sul re responsabile della sua morte: un terribile anatema quindi. “Domani nella battaglia pensa a me, quando io ero mortale, e lascia cadere la tua lancia rugginosa. Che io pesi domani sopra la tua anima, che io sia piombo dentro al tuo petto e finiscano i tuoi giorni in sanguinosa battaglia. Domani nella battaglia pensa a me, dispera e muori”. Niente di più diverso da quello che credevo e mi aspettavo.

Devo quindi confessare di avere iniziato proprio male, quasi da lettrice sprovveduta; pur tuttavia la storia mi è apparsa da subito intrigante, pur nella sua descrizione per certi versi un po’ macabra: come definire la scena iniziale dove Victor, il protagonista e voce narrante, rimane di fianco alla donna, con cui si apprestava a passare una serata amorosa, chiaramente agonizzante, senza chiamare un’ambulanza, un parente, un vicino, insomma senza chiedere aiuto, ma rimanendo a guardare la tv senza volume finché lei non muore tra le sue braccia? E da quel momento la donna, Marta, che era per Victor quasi una sconosciuta, diventa la sua ossessione per cui sente il bisogno di avvicinare i vari componenti della sua famiglia: il padre, la sorella, il marito. E dalla descrizione del suo stato d’animo Victor fa defluire meditazioni e ricordi che si rincorrono in maniera quasi ossessiva per tutto il romanzo collegando tra loro eventi diversi della sua vita, tra passato e presente, tra realtà e memoria, con una profonda riflessione sulla vita e sulla morte.

Caratterizzato da uno stile molto particolare, che però ho trovato decisamente ostico (eppure ho letto senza troppi problemi scrittori come Marquez, Saramago, che hanno una scrittura non proprio facile facile) , ho faticato molto a leggere questo libro e sono arrivata alla fine con un certo sollievo: un libro difficile a mio avviso, che forse per essere apprezzato in tutto il suo valore ha bisogno di essere letto e riletto più volte.

Decisamente interessante l’epilogo “Quello che succede e quello che non succede”, che forse fornisce una chiave di lettura del romanzo, in cui l’autore si domanda perché “continuiamo a leggere romanzi, e ad apprezzarli e a prenderli sul serio e perfino a premiarli, in un mondo sempre meno ingenuo? Sembra un dato di fatto che l’uomo- e forse la donna ancora di più – abbia bisogno di una certa dose di finzione, vale a dire, abbia bisogno dell’immaginario oltre che dell’accaduto e del reale.” Parafrasando lo scritto di Marias, il romanzo si presenta quindi come la forma più elaborata di finzione, in cui si racconta l’inganno come condizione naturale, affollata da zone d’ombra, episodi non spiegati, scelte non compiute, opportunità mancate.

Ale Fortebraccio

Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

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