Io e Lele stiamo sempre bene insieme. La nostra è un’amicizia collaudata e di vecchia data. Non c’è mai stato uno screzio vero e proprio tra di  noi. Dopo la prima birra diventiamo raffinati viveur.  Alla seconda parliamo delle nostre delusioni sentimentali. Alla terza fatico a spiegargli cosa è un enjambement. Alla quarta diventiamo amici degli amici, insomma mafiosi di prima categoria. Poi le birre finiscono. Nel frattempo mi ha fatto delle domande sul latino a cui non ho saputo rispondere perché è da 30 anni che ho regalato il vocabolario di latino e i pochi libri i di letteratura latina giacciono nella mia libreria tutti polverosi. Ma le mie letture private attuali di poesia contemporanea, di filosofia, di saggistica, di giornalismo, di psicologia possono ben poco perché lui non è lì che va a parare.

Così mi rifugio, dopo questo terzo grado, dietro a un gucciniano  “a scuola ero scarso in latino e il pop non è fatto per me”. Al ristorante cinese c’è poca gente. Oltre a noi solo cinque persone e l’ambiente è grande, spazioso. Si è mangiato molto bene e nessuno ci ha disturbato.  Si gira con la macchina. Si va a zonzo per la città, a vedere i giri notturni. A Pontedera c’è un grande giro di spaccio. Così ci dicono. Ma i cocainomani fanno i moralisti con chi si beve una birra di tanto in tanto come noi.

Andiamo a casa di suo fratello. Sono poco più di 3 mesi che è successa la disgrazia. Lele si immerge nei ricordi. Andiamo a parlare sul terrazzino. Il fatto è che i conti non tornano per nessuno. I migliori sono passati a miglior vita o hanno mollato tutto e sono andati in Brasile. Gli unici fessi che sono rimasti qui, avendo poco da perdere, siamo io e lui. Parliamo di quelli di classe, degli insegnanti di un tempo. Parliamo dei nostri familiari. Parliamo di una ragazza che a suo tempo mi ha preso in giro e oggi è sposata con prole. E così ci chiediamo cosa vogliono davvero le donne, ma la risposta resta in sospeso e noi rimaniamo interdetti.

E poi ognuno insegue le sue chimere. Parliamo di piccole vendette che non metteremo in atto, ma discuterne già fa bene. Parliamo di vecchie conoscenze che non abbiamo più visto e di sogni che non abbiamo realizzato.  Parliamo di amori che poi si sono rivelati voli pindarici, fuochi fatui. Parliamo della nostra fantasia di prenderci una donna in due e fantastichiamo sulla candidata improbabile. 

Ma poi concordiamo che non ce ne importa più di niente del sesso e che l’importante è ritrovarsi a fare una serata corsara come questa. Insomma parliamo tanto per parlare. E poi dov’è la vera vita? Dove si è nascosta? È estremamente salutare per tutti e due questa serata. Ci distraiamo un poco senza strafare.  Mi racconta di nuovo i suoi problemi all’ordine del giorno. Io gli parlo della mia noia. Siamo stati due anni senza uscire. Dalle pareti filtrano voci, rumori. Mi dice che forse l’appartamento di suo fratello  verrà svenduto. Noi abbassiamo la voce. È tardi ormai. Lui ha sua moglie che lo aspetta. Io ho i miei.  Guardo i libri di suo fratello. Decidiamo di chiudere qui la serata.

Ci incamminiamo verso la macchina. Lui continuerà a vendere nei bar. Io continuerò a leggere nel mio sottotetto. Ma non ho voglia di colmare quel vuoto: i libri di latino rimarranno ancora intatti. C’è chi dice che il latino apra la mente e aiuti a mettere tutto in prospettiva. Ma non è solo il latino ma molte altre cose che ci possono aiutare in questo senso. A ogni modo la serata è finita. Prendiamo la macchina. La strada è deserta. Il cielo è sgombro, pulito. Domani sarà una bella giornata. Ci salutiamo.