INTERVISTA ALLO SCRITTORE POLACCO GREGORY SPIS (a cura di Izabella Teresa Kostka)

Il mondo è immenso, anche se ultimamente sembra così piccolo e facile da conquistare con un semplice clic sullo schermo di uno smartphone o di un computer. I percorsi umani divergono dal punto di partenza e si incrociano in modi strani, favorendo gli incontri in realtà lontane nonostante le radici comuni. Esattamente così è accaduto a me e a Gregory Spis. Siamo due connazionali e, a vario titolo, abbiamo costruito le nostre vite in due mondi diversi e distanti dalla nostra Patria: Gregory in Inghilterra, io in Italia. Nonostante le frontiere, ci siamo incontrati e conosciuti attraverso la letteratura, la poesia e… lo schermo di un computer digitale. In seguito, con grande piacere, ho deciso di scoprire qual è l’altro punto di vista, quello “britannico” di Gregory Spis: poeta, scrittore e traduttore, uomo di brillante intelligenza, penna ironica e radici polacche.


1) I.T.K.: Un vecchio proverbio indiano disse: “Viaggiando per conoscere paesi lontani, ogni volta si scopre un nuovo continente”. Da giovane fanciullo sognavi lunghi viaggi e una vita piena di sfide? Hai scoperto la “tua” America?


G.S.: Sì, come ogni bambino e ogni adolescente! Nella mia infanzia non c’era né Internet né tutti questi gadget, smartphone, ecc. Era come pura fantascienza per me, quindi stavo sfogliando l’atlante geografico, sognando i paesi in cui mi piacerebbe andare. Per me il GPS e l’applicazione Google Maps, dove puoi controllare il luogo in cui vuoi andare prima di partire, è una rivelazione ma, a volte, è un peccato che l’elemento sorpresa non sia più così importante. Comunque i tempi cambiano! Quando ero bambino mi piaceva leggere “Le avventure di Sindbad il marinaio”, mentre più tardi, già da adolescente, ho iniziato a interessarmi all’Inghilterra e agli Stati Uniti e, grazie alle canzoni e alla musica moderna, anche alla lingua inglese. Ho sognato di andarci. Come sapete, ai miei tempi non era facile. A vent’anni volevo viaggiare e volevo trascorrere almeno un anno in ogni capitale d’Europa per migliorare le mie competenze linguistiche: Roma, Parigi, Bonn, Berlino, Madrid e la mia Londra. Ovviamente non sono riuscito a fare questo viaggio come il mitico “Sindbad il marinaio”. E non perché non ci sia mare tra la Polonia e Roma o Parigi e mi fosse impossibile partire per una crociera spontanea per inseguire i miei sogni! Sono stato in questi paesi molte volte, lavorando come traduttore o in vacanza, ma come sappiamo, la vita a volte ci gioca brutti scherzi e non potevo permettermi di trascorrere un anno intero in ognuna di queste città. Un altro scherzo del destino è accaduto a Londra. Volevo restarci soltanto per un anno e, all’improvviso, sono trascorsi 15 anni! Quando si tratta di “scoprire l’America”: tutto è proprio come quello che sappiamo all’inizio. Euforia, infatuazione, gioia, e poi, più rimaniamo in un determinato ambiente e le realtà della vita offuscano le nostre attrazioni turistiche, iniziamo a scoprire questa nostra America in modo ironico: “Oh mamma! Ho scoperto l’America! Strano anche per me!”. Sfortunatamente, la prosa della vita è la stessa ovunque e la misura in cui ci colpisce dipende dal nostro potere onirico interiore, dalle capacità di ingannare noi stessi e dall’attitudine di fingere che certe cose non esistano. Sono un maestro nell’autoinganno e, spesso, scappo dalla realtà verso il mondo della poesia: una specie di illusione, dove tutto è proprio come piace a me.


2) I.T.K.: Parli fluentemente cinque lingue: polacco, inglese, italiano, francese e tedesco. Sei come un camaleonte che cambia pelle, adattandosi all’ambiente circostante. Esatto, l’argomento dominante di questa intervista è “Altri mondi, altri modi”. La tua vita è legata all’Inghilterra, dove risiedi di recente. Dal punto di vista di un uomo mondano, qual è la differenza tra la mentalità slava e la mentalità inglese, tra il modo di essere un uomo del continente e un isolano? Siamo fatti della stessa materia, della stessa carne?


G.S. : Ahah! Riguardo a questa padronanza delle lingue, devo ammettere che in questa frase sei andata un po’ troppo oltre la realtà! Inglese e italiano sì, quando si parla di linguaggio colloquiale e letterario, sì. Ovviamente tralascio traduzioni o colloqui specialistici, per i quali a volte devo prepararmi. La lingua tedesca occupa il terzo posto. In Polonia ho avuto l’opportunità di tradurre alcune conversazioni occasionali e documenti o socializzare seduto comodamente “davanti a una birra”. A Londra, ho lavorato in un’azienda per tre anni e ho usato il tedesco e l’inglese quotidianamente. Il francese è un po’ trascurato, perché a parte le conversazioni casuali nei bar o in Francia ecc., non ho avuto possibilità di approfondire questa materia. È molto difficile tenere “attive” cinque lingue quando una persona deve lavorare. Bisognerebbe leggere libri e guardare film in queste lingue 48 ore al giorno. Come sai, anche noi scriviamo le nostre cose e le traduciamo subito in inglese e italiano ecc.


3) I.T.K.: In passato hai lavorato come interprete / traduttore presso stabilimenti Fiat e non solo. Tuttavia, vorrei sapere come è iniziata la tua avventura con la letteratura? Ce l’hai nei tuoi geni o hai deciso di raccogliere tu stesso questa stimolante sfida?


G.S.: Domanda interessante! Non so se sia semplicemente nei miei geni. A partire dall’infanzia mi piaceva molto leggere. Più tardi, da adolescente tra i 12 e i 17 anni, non ho continuato troppo la lettura. Come tutti gli altri, ho passato molto tempo in cortile, ho giocato a calcio e ho dato la caccia alle ragazze. Tutto sommato, leggevo quello che si doveva leggere a scuola e, a volte, non avevo nemmeno voglia di farlo! Per pigrizia, invece di leggere, guardavo film o i miei amici mi raccontavano un riassunto. Ho anche imparato a suonare la chitarra, ho suonato un piccolo pianoforte ed ecco perché mi interessava la poesia, soprattutto la poesia cantata. Suonavo ballate, ma ero principalmente interessato al Rock’n’Roll. All’epoca ho provato a scrivere i miei testi. Da ragazzo chitarrista, ho avuto più successo con le ragazze e questo ha avuto un grande impatto sulla mia scrittura e sulla mia poesia. Quando avevo circa 22 anni volevo diventare uno scrittore, ma poi non ho pensato di scrivere libri ma volevo solo essere qualcuno, qualcuno diverso dai miei coetanei. Desideravo diventare famoso, sognavo interviste, proprio come nel programma letterario e culturale polacco “Pegaso”. Si trattava soprattutto di quella ribellione giovanile che accompagna ogni nuova generazione. Ho avuto la fortuna che mio fratello avesse quattro anni più di me e, in seguito, avessi libero accesso ai libri, anche a quelli proibiti! Era l’epoca comunista e ho visto molta gente ribellarsi. Ho già letto “Bei ventenni” di Marek Hłasko, “Piccola apocalisse ” di Konwicki ecc. I libri più datati erano come un frutto proibito e aggiungevano un brivido alla vita di tutti i giorni. Forse anche per questo ho iniziato a sognare di scrivere libri così “proibiti”, ho immaginato di rilasciare un’intervista in francese a “Cultura parigina”. Ho letto con attenzione “Diari” di Gombrowicz, Witkacy e altri, e tutto ciò mi ha influenzato molto. All’epoca non ho compreso appieno il significato di questi libri, ma molti avevano un significato profondo e sono rimasti impressi nella mia memoria.


4) I.T.K.: Sei famoso per la tua penna di sfumature ironiche eccezionali. Si sente spesso parlare del particolare “senso dell’umorismo inglese”. La tua ricetta per scrivere è ispirata all’umorismo britannico o pensi che la satira e l’ironia siano i migliori mezzi di comunicazione di massa e armi?


G.S.: Penso che tutto questo insieme abbia avuto una grande influenza sul modo di pensare e di scrivere. Mi ricordo bene i film di Woody Allen o Monty Python e le commedie polacche dell’assurdo nella Polonia comunista, tutto ciò ha creato nella mia testa una miscela esplosiva, una specie di bottiglia molotov, che lancio contro la stupidità umana. Dicono che viaggiare abbia un valore educativo. Giusto! Sono rimasto davvero scioccato quando ho incontrato in Francia e in Germania degli inglesi assolutamente non impressionati dai Monty Python. Ma è così dappertutto. Non tutti in Italia apprezzano quello che ha fatto Fantozzi. Anche se il nostro Bareja piace alla maggior parte dei polacchi, non so come ora, ma la generazione più anziana lo capisce perfettamente e sa di cosa ridere! Insomma penso davvero che la satira sia uno dei mezzi migliori per comunicare il modo in cui vogliamo “contrabbandare” e plasmare la nostra visione della realtà nella mente del lettore come destinatario.


5) I.T.K.: Il tuo libro “Il diario dell’interprete” è molto popolare. Puoi raccontarcelo o condividere con noi qualche aneddoto? È basato sui fatti realmente accaduti o è finzione letteraria?


G.S.: Il libro è scritto in forma diaristica, in tono da cabaret e descrive gli eventi degli anni ’90 e oltre. È molto divertente e originale. “Il diario del traduttore” è la storia di un giovane traduttore freelance per la Fiat. All’interno del libro intendo mostrare la realtà polacca in rapido cambiamento della consapevolezza sociale, nella condizione della famiglia polacca e, soprattutto, delle donne sullo sfondo degli eventi rivoluzionari degli anni ’90. È anche uno sguardo ironico e cabarettistico sulla realtà polacca nel periodo di svolta politica, economica e culturale degli anni ’90 fino alla fine del 2010. Mi interessa mantenere la credibilità del linguaggio dei miei protagonisti e ricordare il clima di diversi cambiamenti sociali. Il contenuto sfiora leggermente la politica, ma è ambientato nella realtà dei rapporti italo-polacchi che prevalevano in quel momento. Come traduttore e interprete della mutevole gerarchia dei direttori e di altri dignitari, sia da parte italiana che polacca, ho partecipato direttamente a tutti questi cambiamenti. “Il diario dell’interprete” sembra essere una raccolta di capitoli vagamente collegati. L’intero contenuto e la trama sono uniti in modo abbastanza forte tramite il concetto di famiglia quasi proverbiale: il ruolo della donna nella compagnia della Fiat e della sua amministrazione come unità fondamentale e più importante della società, vista attraverso il prisma della politica statale e del clero. Riguardo alla famiglia un proverbio disse: “I panni sporchi si lavano in famiglia”, riguardo alla politica aziendale c’è uno slogan proclamato dalla propaganda dell’amministrazione Fiat: “Fiat è una grande famiglia!”. Gli italiani aggiungevano sempre in silenzio che questa è “una grande famiglia di figli di puttana”. Infine, il governo e il clero dichiarano: “la famiglia come cellula è il valore più alto e più importante nella società”. Questa frase, in pratica, si è rivelata una bugia. Un altro elemento che distingue il libro dagli altri è la capacità di giocare con le parole in chiave cabarettistica, partendo dalla radice latina, seguendo poi l’italiano, l’inglese o il tedesco. Nell’introduzione al libro, ho spiegato che alcune delle parole sono state trasformate e semplificate per preservare il carattere comico del contenuto. Il gioco di parole e la personificazione di concetti come “Finzione e verità” esistono praticamente dall’inizio, ma il culmine arriva quando “l’interprete” viene trattato in modo troppo esplicito e schietto come “un’ erbaccia”, in italiano “Mal’Ǣrba” (non fa altro che parlare e guadagna tanto). È allora che avviene la svolta, in cui passo alla personificazione delle erbacce, che in modo molto vivido rispecchiano tutti i tratti caratteriali dei miei personaggi. Il libro può essere suddiviso in tre parti: nella prima si osserva la “realtà normale”; nella seconda “le erbacce” si trasformano e si personificano per descrivere il carattere dei miei personaggi; nella terza fase culminante avviene la metamorfosi della “fotosintesi” cioè “fiatosintesi”. Questo libro può interessare tutti i linguisti che amano neologismi. Espressioni che ci appaiono hanno la loro forma coerente in due o tre lingue. Ad esempio, la parola di partenza: Hitlerjugend, HJ come parte del cabaret, è stata trasformata in Unkrautjegend, e in italiano, MJ – Malærbajugend – un gioco di parole cabarettistico con HJ – Hitler-Jugend, un ramo del NSDAP e la sua controparte polacca “Chwastenjugend”. Un altro esempio delle conseguenze della traduzione: la parola Ǣsus, la forma latina corretta. Nel libro come Ǣsus Chwastus, in italiano Ǣsus Erbactus, procedimento di personificazione stilistica, viene associato all’immagine del martirio in cui credono “l’erbacce”. Inoltre, per preservare la lingua del cabaret, ci sono anche parole come: debiligentny – debilligente – tale parola non esiste in italiano, ma introdurrò questa parola nella lingua italiana. Oppure “tępoligent”, in italiano “imbecilintelligente”, “fiatolic view” in italiano “cretineria fiatolica, “omnifiat” in italiano “universo omnifiatente” e altri. Riassumendo, il contenuto del Diario è universale e si adatta a qualsiasi ambiente attraverso un linguaggio brillante e una ricca formazione di parole, all’interno del libro ci sono anche descrizioni erotiche e sensuali che mettono il lettore in uno stato d’animo diverso per riportarlo, in seguito, in un vortice di sarcasmo e farsa. Insomma, nel diario ci sono molte emozioni e una grande dose di umorismo!


6) I.T.K.: Appartieni alla comunità letteraria polacca e partecipi con entusiasmo a molte antologie e iniziative culturali. Come viene accolta la creatività polacca in Inghilterra? Ti sei mai sentito discriminato o “diverso” per motivi razziali?


G.S.: Giusto. Purtroppo non posso partecipare a tutte le feste e a tutti gli eventi organizzati dalla comunità letteraria polacca. Qui a Londra, la vita è molto frenetica. Anche l’ambiente stesso di scrittori, poeti e promotori di cultura polacca è un po’ diviso e un po’ “arrugginito”. Ma sono contento che stia accadendo qualcosa e cerco di partecipare agli eventi secondo il tempo a disposizione. Recentemente ho partecipato alla celebrazione del 75° anniversario dell’Associazione degli scrittori polacchi all’estero, presso l’Ambasciata polacca. Pensavo di poter leggere almeno una delle mie poesie o un frammento di prosa, ma purtroppo tutto era già programmato in anticipo. È vero, i miei lavori sono stati pubblicati in molte antologie in polacco, inglese, bulgaro ecc e ne sono molto soddisfatto. Una pubblicazione molto importante è “The Literary Diary / Diario letterario”, edita dalla “Writers’ Union” di Londra. L’editore Regina Wasiak-Taylor fa di tutto affinché la rivista abbia un carattere proprio e allo stesso tempo sia trasversale per quanto riguarda tutti i contenuti. Quando si tratta di “discriminazione” userei però un tono più leggero. Di recente, in un incontro riguardante l’esistenza stessa di “Diario Letterario” si è verificata una piccola controversia. Si tratta di una censura imposta dalla redazione che tiene alla bellezza e alla correttezza del nostro linguaggio. Vorrei parlare di una piccola “discriminazione” del linguaggio colloquiale che contiene volgarità. A mio avviso, “spulciare” questo linguaggio, che illustra il modo in cui i polacchi comunicano a Londra o a casa, non ha senso, perché il “Diario letterario” perde il suo carattere naturale. Come scrittore, mi siedo spesso in un ristorante polacco a Londra e ascolto involontariamente le conversazioni dei polacchi a pranzo o a cena. Queste conversazioni contengono spesso alcune volgarità ed è difficile non catturarle nei dialoghi scritti. Alcune persone in redazione ritengono che uno scrittore che usa parolacce sia lui stesso volgare. Non sono d’accordo, la volgarità non è una novità e vagliare il contenuto come parte della cura della lingua è un po’ inutile, perché crea solo un’immagine falsa della nostra emigrazione polacca. Quanto al razzismo devo dire, con rammarico, che ho provato questa discriminazione molte volte e, paradossalmente, da parte delle nazioni europee. Da parte degli abitanti dell’Africa in misura minore. Londra è una città in cui le persone desiderose di denaro e successo sono in grado di “camminare sui cadaveri” e non ci sono più né sentimenti né debolezze.


7) I.T.K.: Mi piacciono le domande bizzarre. In passato, l’artista polacco Andrzej Rosiewicz ha cantato con successo: “le ragazze polacche hanno più vitamine”. Sei d’accordo con lui? Sei un patriota o un cosmopolita?


G.S.: Conosco bene questa canzone ed è molto divertente! Per esperienza, le ragazze polacche sono al primo posto per me! Tuttavia, non possiamo dire che non ci siano belle ragazze in altri paesi. Infatti, ci sono belle ragazze in ogni paese e ci sono di quasi tutte le nazioni anche a Londra. Quando si tratta di essere un patriota o un cosmopolita penso che tutto sia sfocato nella realtà odierna. Sto scrivendo in polacco ma, se necessario, scrivo in inglese, ecc. Abbiamo un lusso psicologico di poter essere sia cosmopoliti che patrioti. Se abbiamo a cuore le nostre tradizioni, quelle razionali, non quelle prese per superstizione, è il più sano patriottismo. Le persone si spostano per una serie di motivi: amore, soldi, carriera e questo è il corso normale della vita. L’uomo non ha imparato a suonare molti strumenti per poi diventare organista in una chiesa del villaggio e fare soltanto un concerto alla settimana. Abbiamo più scelta e possibilità d’azione. Se qualcosa va storto, puoi andare in Francia, Germania o Regno Unito e migliorare la tua situazione economica grazie alla quale la tua famiglia ha un sostegno finanziario e non deve soffrire la miseria perché “il governo è una banda di ladri”! Una persona semplice è costretta al cosmopolitismo e deve padroneggiare una lingua straniera ecc. Io, purtroppo, sono uno dei “perdenti” perché negli anni non sono riuscito ad accumulare capitali sufficienti per assicurarmi il futuro, per non parlare della costruzione di una casa in Polonia. Altri, invece, stanno facendo carriere da capogiro in Occidente, costruendo case in Polonia, ma dobbiamo questo patriottismo al fatto che al momento giusto abbiamo avuto il coraggio e l’opportunità di diventare cosmopoliti. L’emigrazione economica non è una novità!


8) I.T.K.: Cosa ne pensi della globalizzazione? Pensi che l’unificazione culturale debba vincere contro la ricerca dell’individualismo? Cosa significa per te la tolleranza?


G.S.: Questo è un problema molto complicato. Sappiamo dall’esperienza storica che tutti i colossi artificiali, prima o poi, sono caduti: l’Impero Romano, Bisanzio, l’Unione delle Repubbliche Sovietiche dovevano essere saldi! Nonostante i molti anni trascorsi dalla creazione dell’UE, con l’adesione di più paesi in seguito, questa “unificazione culturale” esiste solo sulla carta e nelle leggi. C’è molta libertà quando si tratta di confini, viaggi e opportunità di lavoro, ma non esiste “unione mentale”. Un ottimo esempio di questo “malessere” troveremo tra le minoranze di emigrazione economica in vari paesi europei. In realtà non si sentono parte dell’Europa e la sensazione di sicurezza o libertà trovano soltanto nei beni economici per i quali devono lottare ogni giorno. Ogni nazione che arriva in una grande capitale per guadagnare denaro crea immediatamente la propria enclave, una comunità chiusa in cui si sente relativamente al sicuro, ma i suoi membri non si sentono europei, non ancora, e non si sa se succederà mai. Le nazioni dell’Europa orientale che hanno aderito all’UE non si tollerano molto, non c’è il senso di unità o comunità: questa è competizione e non ci sono sentimenti qui. Si prega di notare un rovescio della medaglia: cittadini francesi, tedeschi o inglesi, non li elencherò tutti, non hanno un senso di comunità tra di loro. Queste nazioni apprezzano le opportunità create dall’Unione, il progresso della scienza, i viaggi, ecc., ma un tedesco non vuole davvero sentirsi un francese, un francese non si identifica con un inglese ecc. D’altronde, le nazioni non vogliono cambiare la loro personalità né perdere la loro identità. Non esiste un linguaggio comune. Questa libertà è regolata da accordi commerciali pertinenti, progetti futuri ed è determinata dal denaro. È una questione delle giovani generazioni, i figli di immigrati nati all’estero possono già pensarla diversamente. Ma ecco un altro paradosso: un bambino nato in Germania, Italia o Regno Unito verrà cresciuto nella mentalità di una città o di un paese. Anche quei bambini che nascono nelle capitali d’Europa non hanno il senso del globalismo, non si sentono europei e sono sempre seduti coi loro smartphone. Più importante per loro è ciò che Joanna ha detto a Kate o Brian a Jessica. La comunità europea è una grande idea, ma sopravviverà finché non sarà richiesto alla nazione di perdere la sua identità e proprietà. La proprietà di terreni garantisce pace e tranquillità. Se una parte in questa comunità inizia a dominare e ad avere maggiori esigenze, una tale Unione di solito non ha il futuro. Maggiore è l’indipendenza finanziaria, maggiore è la tolleranza e la probabilità di una relazione duratura.


9). I.T.K.: Cosa vorresti ottenere nella vita e quale sarebbe il tuo desiderio se potessi chiedere al mitico Jin di realizzarlo?


G.S.: Vorrei avere di nuovo 20 anni e la saggezza di oggi. Mi piacerebbe avere la massima tranquillità finanziaria per poter scrivere. Ho tante idee in un cassetto! Ho già tradotto in inglese e italiano “Diario dell’interprete”, la mia seconda raccolta di poesie e una raccolta di testi satirici, e vorrei finalmente portarle alla luce. Inoltre, sogno la pubblicità non solo in Polonia, ma anche in Europa e all’estero. Mi piacerebbe viaggiare di nuovo e trascorrere del tempo in altre città europee, non necessariamente nelle grandi capitali ma più vicino al Mar Mediterraneo.


10) I.T.K.: “Amico a tutti, amico a nessuno (latino “Amicus omnibus, amicus nemini”). Quanto sono preziose l’amicizia, la famiglia e le relazioni interpersonali? Come ricordi il tempo della pandemia e del lockdown?


G.S.: Giusto, questo proverbio ha molto a che fare con quanto ho detto sul senso di comunità nell’Unione Europea. Sappiamo dalla storia che gli stati che avrebbero dovuto garantire la sicurezza e prevenire la guerra non hanno mantenuto la loro promessa come amici e alleati. Penso che sia simile anche ora, solo gli affari contano. Pertanto, il Regno Unito ha lasciato l’UE perché la Gran Bretagna non può essere amica di tutti. Da un punto di vista economico e strategico, chi cerca di accontentare tutti perde personalità, identità e denaro, e quindi indipendenza e libertà. Londra è una città molto difficile. Qui, infatti, si svolge quotidianamente la lotta per la sopravvivenza. Non ho molti amici ma alcuni amici nell’ambiente letterario e lavorativo. La mia famiglia è importante per me e l’amicizia è di grande valore ma è molto difficile. Quando si tratta di contatti interpersonali, non ho mai avuto problemi in nessun paese! Per quanto riguarda la pandemia, speriamo di tornare ai tempi normali in cui tornerà anche la parola “influenza” e tutte le truffe sanitarie, gli interessi contraffatti del governo con capitali privati usciranno allo scoperto. Questo è il più grande scandalo mondiale del 21° secolo e ho anche scritto un testo satirico a riguardo. Ebbene, grazie alla tecnologia e allo scambio istantaneo di informazioni abbiamo ciò che lo scrittore polacco Lem ha menzionato nel passato: tutto questo è usato contro gente comune. Ho voglia di dire: “La Russia ha invaso l’Ucraina e qualche milione di persone, senza passaporti covid, senza mascherine, vaccinazioni, ha invaso l’Europa e non è successo niente! Il tasso di mortalità nelle prime settimane era inesistente. Miracolo!” Grazie mille per questa opportunità di intervista, ne sono davvero molto felice. Saluto tutti gli amanti della letteratura e della poesia!




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Intervista allo scrittore Gregory Spis (conversazione e traduzione in italiano a cura di Izabella Teresa Kostka), agosto 2022.

Gregory Spis

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