È tempo di combattimenti e di notizie.

La democrazia contro la guerra.

La pace contro la sopraffazione.

Democrazia e pace (cercata e difesa) da una parte, a Occidente.

Guerra e sopraffazione (a senso unico naturalmente) dall’altra, a Oriente.

Due incontri ma lo stesso copione.

Le elezioni di medio termine in USA sono esempio fulgido di potere popolare ed esercizio democratico per eccellenza.

Il conflitto Russo-Ucraino mostra una lampante emergenza dello scontro tra i valori buoni ed il male con il suo prezzo sanguinoso.

Li unisce un filo conduttore unico e straordinariamente coerente: la narrazione.

In entrambi i casi trovo pertinente la metafora sportiva della Boxe, la “noble art”  come si chiamava un tempo, leale e brutale al contempo.

Non c’è confronto, tenzone, sfida e duello che non sia rappresentato tanto fedelmente quanto accade nel match a mani nude tra due contendenti al titolo sul ring. Mani nude e armi pari, i presupposti della nobiltà di quell’arte.

Pari peso, pari guanti, pari protezioni, stesso tempo, stesso recupero e stesso rischio. Con una sola eccezione, uno difende e l’altro sfida. Una peculiarità non trascurabile, con conseguenze significative. Ciò che per uno sfidante può costituire un successo, infatti, potrebbe essere per il campione una disfatta pari alla sconfitta al tappeto.

Questi eventi hanno costituito momenti emblematici di intere stagioni storiche, politiche, sociali, ognuno ha in qualche modo testimoniato la sua epoca e ha continuato a costituirne l’emblema nelle sue frequenti trasposizioni cinematografiche.

Per due contendenti c’è sempre stato un grande pubblico pagante pronto a scommettere ed un nutrito stuolo di cronisti a magnificare le gesta dei campioni.

Giornalisti e anchorman, il meglio, l’elite, uomini con tali conoscenze tecniche ed un’esperienza così vasta da fare delle loro cronache un ingrediente indispensabile per rendere mitica ed indimenticabile l’esperienza del combattimento.

Ed eccomi ad oggi. Dove sono finiti oggi quei narratori competenti e qualificati, tanto onesti da essere degni di rappresentare il fair-play che qualsiasi fighter possiede, anche quello più violento e indisciplinato ?

Non ne vedo tra i narratori nostrani che si sono evoluti e trasformati in cantori senza qualità e con un bel listino al collo: un prezzo per ogni occasione. O almeno così mi pare.

Ne analizzo due esempi: uno in occidente e in democrazia e l’altro in oriente e in guerra.

Clou e sotto-clou, quindi, per rimanere nel gergo.

7.11.22 – USA, mid term election.

A distanza di oltre dieci giorni, nessun verdetto, né vinti, né vincitori.

E i commentatori d’Italia?

Intenti a interpretare e distorcere, tutti presi dalla loro consueta e altezzosa pretesa di essere depositari della conoscenza del mondo anglosassone per definizione, quello Dem. Ché guai… a mostrare simpatia per i repubblicani di ogni risma, grezzi e grossolani simboli di un’alternanza impossibile da concepire, pur nel mezzo del cammino di una presidenza senza guida, o con una mezza guida alle prese con evidenti segni di alcune patologie, senili e non. 

Il primo messaggio dei nostri giornalisiti, dunque, diventa quello di una parità simbolica.

Tra l’eletto tra i GOP (Grand Old Party), Ron De Santis, trionfatore in Florida, e lo strano fenomeno di uno che a dirlo vincente è “nientepocodimenochè” il Sole 24ore del 9 novembre; per cui i veri (e finora unici) vincitori sarebbero De Santis e John Fetterman, meritevole di aver sconfitto in Pennsylvania un ictus e un avversario “politicamente scorretto”.

Come dire che siamo venuti a vedere l’incontro per il titolo mondiale ma finiamo per concentrarci solo sul fondoschiena delle ring-girls tra un round e l’altro.

Perché se dovessimo applicare veri principi politici o sportivi ci toccherebbe accettare che il campione e detentore del titolo non ha vinto e, dunque, ha perso.

Tuttalpiù, gli tocca preparare la rivincita, ma contro Trump il trucco potrebbe non riuscirgli più e allora conviene tentare di avanzare la candidatura di uno sfidante nuovo e suggerire le scelte anche agli avversari. È De Santis il vero leader eletto dai democratici “denoantri” per lanciare la sfida alle presidenziali 2024.

Della stessa opinione è anche il grande esperto nazionale di equidistanza e aplomb Lucio Caracciolo che su La Stampa del giorno dopo (10 novembre) titola di un’America spaccata a metà e sposta l’asse sull’interesse del Presidente in carica per un negoziato indiretto con la Russia sul fronte geopolitico che ha la Cina come suo riferimento e così glissa facilmente sul verdetto elettorale che diventa un altro pareggio.

In fondo, cosa importa a noi di chi vince o perde laggiù, mica siamo una colonia soggetta a quei venti di potere, tanto che l’eccellente Caracciolo chiosa proprio mettendoci in guardia sul rischio di perdere il privilegio del “vincolo esterno”. Troppo tardi, mi verrebbe da dire, ma saremmo fuori tema. 

15.11.2022 – PRZEWODOW.

Se nel match occidentale nessuno vince, con buona pace della nobiltà, a oriente dopo il missile caduto in Polonia, il mainstream nostrano sale direttamente sul ring e ruba addirittura la scena ai contendenti.

È il trionfo del “doppio standard”.

Ci mostrano le foto che proverebbero con certezza scientifica (ah, la scienza…) la responsabilità Russa poichè si tratta di pezzi di missile di fabbricazione certa. Poi qualche vero esperto ci spiega che un missile quando esplode si disintegra in migliaia di schegge piccolissime, mentre quei resti sono grandi come paracarri; ma che importano le prove, quelli sono assassini senza scrupoli e di certo è colpa loro.

Anche quando il vento cambia e gli stessi USA non possono che riconoscere che la causa è Ucraina accade l’impensabile ed un coro si leva a precisare che quel missile non ci sarebbe stato se non fossero partiti gli attacchi Russi a Kiev; quindi i morti Polacchi sono solo uno spiacevole effetto collaterale di un conflitto a senso unico.

Del resto, è accaduto lo stesso in altre occasioni. Ricordate i droni Iraniani e quel paese accusato di essere in guerra per il solo fatto di averli venduti alla Russia ?

Niente a che vedere con la condotta dei paesi europei, Italia in testa, che le armi le regalano all’Ucraina e non possono, al contrario, essere considerati belligeranti ma benemeriti.

Qui la “noble art” non arriva e i pesi e le misure sono uno per ogni evenienza.

Un tempo avremmo pagato per sentire il commento appassionato a un incontro sanguinoso ma leale e avremmo scelto da che parte stare.

Infine, avremmo atteso e preteso un verdetto.

Oggi ci tocca assistere alle contorsioni di quattro menestrelli infedeli e fare cenno di sì con la testa.

Restano sempre le grazie morbide e rotonde della ragazza che solleva il cartellone, ma poi mi accorgo della sua strana barba e qualcosa non mi convince più.

A Occidente come a Oriente, il tempo dell’arte nobile è davvero finito.