La mia migliore nemica

Credo di aver compreso qualcosa di nuovo sulla paura. Ne hanno già parlato tutti e sono tutti più qualificati e competenti, ma qualcosa ancora sfugge ai ragionamenti consueti, tanto a quelli compiuti per affermare che è proprio la paura a decidere la vita della maggior parte degli esseri umani, quanto a quelli fatti per negarlo.

La mia “scoperta“ giunge al termine di un processo che è, in parte, un ragionamento e, per un’altra parte, un atto di fede, l’affidamento ad una conoscenza di origine divina che mi si è rivelato.

Intendiamoci, non sono stato testimone di un evento soprannaturale, piuttosto mi è accaduto qualcosa di simile, e certo meno grande e significativo, alla folgorazione sulla via di Damasco che ha indotto la conversione di Saulo di Tarso.

Fuggivo come molti per paura, pur non sapendo di farlo, finchè gli effetti di quella fuga ininterrotta e senza fine mi hanno fatto talmente paura da farmi fermare. Ho fronteggiato la paura, l’ho guardata bene da vicino e – non potendo fare altro – le ho riso in faccia.

Per spiegare questo piccolo miracolo, è necessario partire da due punti fermi, per me.

Il primo è che il tempo non esiste. 

Il secondo è che la morte non esiste.

Mi rendo conto che si tratta di due affermazioni forti, difficili da accettare ricorrendo agli strumenti abituali, ma poiché si tratta di un quasi-miracolo, il ragionamento dovrà essere “differente“ e provo a tracciarne il percorso. 

Possiamo ricorrere alle molte teorie disponibili su questi temi, tanto in campo scientifico che in campo spirituale, a volte anche religioso.

Non sarà difficile ispirare la comprensione (o quantomeno l’accettazione temporanea) dei due assoluti di partenza ricorrendo alla fisica quantistica, in un caso, o ai “miracoli“ nel secondo.

Il tempo è un mezzo ideato dall’uomo per potersi percepire, per riconoscere se stesso e discernere attimo dopo attimo il fluire della vita mondana a cui è giunto, è uno strumento di consapevolezza che diviene indispensabile appena all’uomo è chiesto (o imposto) di entrare a far parte di una collettività che consegna a ciascuno le medesime convenzioni. Non esiste il senso del tempo per i bambini e così la loro vita scorre nel presente perenne, esattamente come quella dei minerali, delle piante e degli animali; ho forte l’idea che il soffio vitale è presente in ciascuna di queste forme della vita su questa terra.

Così è fino a che non diventa necessario uniformare il proprio sentire a quello di ogni altro e per farlo siamo costretti a “sincronizzarci”. Di quel momento non abbiamo una memoria precisa perché sopravviene strisciando e si impossessa della nostra vita senza chiedere alcun permesso; da allora il tempo segnerà inesorabilmente il nostro puntuale ritardo ad ogni occasione con le svolte della vita. Da quel momento correremo sempre più veloce nel tentativo di non esaurire troppo presto la riserva di vita che ci separa dalla fine, trascorreremo gran parte della vita e contare il tempo rimasto e ad aver paura di quando sarà finito.

La morte, in questa allucinazione convenzionale diventa un traguardo che nessuno vorrebbe tagliare. Con il senso del tempo, dunque, sopraggiunge la paura. Che è sempre e soprattutto paura della morte.

Ma se non esistesse il tempo, la nascita non sarebbe essa stessa l’inizio della morte ?

Non è forse vero che dal nostro primo vagito mortale diamo il via al conto alla rovescia che ci condurrà alla fine ?

A questo punto nel mio ragionamento sopraggiunge il secondo e determinante atto di fede. 

Se non esiste il tempo allora non esiste la morte.

In un susseguirsi di momenti presenti non c’è posto per un epilogo definitivo che dovrebbe porre fine alla possibilità di vivere ancora un giorno nella piena consapevolezza di sé.

Quando nasciamo mutiamo la nostra forma energetica, assumiamo il sembiante di un nuovo corpo in costruzione ma questa forma-energia esisteva già prima ed è programmata per dissolversi ancora e morire.

Morire, appunto, ma non finire per sempre.

Esistevamo prima di venire al mondo, ci siamo trasformati, ci siamo incarnati, siamo nati.

Esisteremo, dunque, anche quando questa manifestazione corporea si dissolverà, trasformando ancora la nostra essenza energetica e immortale.

La morte non è una fine, ma un passaggio inevitabile da una forma di vita ad un’altra. Il passaggio stretto che ci permette di evolverci e crescere proprio grazie a quella nascita ed alla morte che ne seguirà.

Questo cambiamento di partenza comporta che nel perfetto equilibrio universale nascita e morte si susseguono senza soluzione; ne deriva che non c’è nulla di sbagliato o inutile o disfunzionale, occorre ripensare anche questo tema.

Quello del rapporto con la paura e del ruolo dei suoi tanti e supposti contrari/antidoti.

E se invece di combatterla fosse necessario accettarla, comprenderne il messaggio e infine farci la pace ? Ammettere di avere (o di avere avuto) paura. Far pace con la paura.

Se niente inizia e davvero niente finisce, la paura è utile, necessaria per porre un argine, interrompere le abitudini che lei stessa genera. 

Insomma, la paura ha (almeno) due facce: induce a fuggire dalla vita e mostra chi ti e stato insegnato ad essere; genera il troppo e la tua reazione ad esso (o meglio ai suoi effetti).

Ci spinge a cambiare quando per non essere mai cambiati non ci e rimasto più nulla da perdere.

C’è un prezzo alto e terribile per questo, anche questo fa paura.

Si muore.

A volte si muore prima di aver capito e di poter cambiare, molti di noi si perdono nel cammino. Ma se la morte non è fine ma continuità eterna, allora quell’incontro è proprio ciò che serve alla nostra anima per passare oltre.

Si spiegano così, senza ricevere spiegazioni dal nostro corpo terreno, senza risposte dalle emozioni travolgenti che ci rendono umani, ma anzi con la sofferenza insopportabile delle braccia e del cuore, con il pianto dirotto e incontenibile, la malinconia e la tristezza che soffoca la luce, le tragedie più inaccettabili.

La morte dei puri, degli innocenti e persino la nascita di esseri destinati alla fine prima di crescere assume un senso perfetto nel disegno che è dell’universo magico e di Dio al contempo.

Tutto è nascita e tutto è morte. La vita è il dono della scelta e il privilegio di sperimentare ogni opposto semplicemente con l’intenzione e senza cercare giustificazioni effimere.

C’è un’alba per ogni notte nera e luci dietro alle dune che sembrano insuperabili. Mare calmo che conquista la tempesta più terrificante e nuovi amori dopo ogni strappo.

Ci sono anime andate che non vanno mai via e ci soccorrono, ci parlano da altri mondi e ci fanno coraggio senza farsi vedere. Ci sono figli mai diventati grandi che fanno enorme il cuore di madri perdute chi li ritroveranno di là. C’è un giusto per ogni torto, senza che giustizia e dolore dividano il nostro cuore di uomini. 

C’è il presente ed è qui, con e senza la paura.

Si nasce per morire e si muore per rinascere: nel mezzo scorre la vita.

Niente paura, buona paura.