Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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LA SIRENETTA…

Che in realtà fosse una sirena, beh, ne avevo avuto il sospetto fin dalla prima volta che l’avevo vista.

Anzi, non vista, ma sentita.

Il suo canto mi aveva preso al lazo all’istante, e da quel giorno non avevo fatto altro che pensare a lei.

Il mare era il suo elemento, ma anche il mio, nonostante io non fossi altro che un essere umano pieno di difetti.

Lei invece era perfetta.

Il suono della sua voce mi uccideva un po’ alla volta, a fuoco lento, come uno di quei mali incurabili con la spiccata dote della pazienza.

Non so come accadde, ma anche lei si innamorò di me.

Allora le chiesi di fare un patto col diavolo e di venire a vivere con me, di abbandonare il suo essere una sirena, e di sporcarsi le mani sulla terraferma, dove ogni cosa era gravida di imperfezione.

Lei mi disse che, se avesse fatto una pazzia del genere, suo padre, il Dio del mare, non l’avrebbe mai perdonata, e in lacrime mi chiese di fare altrettanto, di chiedere a Satana di trasformarmi in un pesce.

Rifiutai, e così la nostra storia d’amore finì prima ancora di cominciare.

Piansi a lungo, e anche lei pianse.

Sentivo il suo canto straziante farsi largo attraverso le onde.

Distrutto, abbandonai il paese e mi trasferii in una grande città lontana dal mare, e mi rifeci una vita.

Fu difficile, ma in qualche modo riuscii a reinventare me stesso, grazie anche a una donna che capì il mio tormento e mi stette vicina nei momenti più duri.

Quando le due donne della mia vita si ritrovarono una di fronte all’altra, faccia a faccia, io ero al lavoro, a caricare chili di frutta sui camion.

Al Tg dissero che una ragazza bellissima si era presentata a casa di mia moglie e aveva preteso di essere ascoltata da lei.

Camminava in maniera incerta, come una neonata alle prime armi, ancora incapace di mantenere l’equilibrio su quelle gambe che sembravano essere piovute addosso dal cielo.

C’era stata una colluttazione, e mia moglie aveva avuto la peggio.

Della donna bellissima si erano perse le tracce, come se fosse svanita nel nulla.

Piansi di nuovo a lungo.

E quando tornai al paese nel cuore della notte, mi gettai in mare e nuotai fino a farmi scoppiare i polmoni.

C’era la luna piena, e quando lei emerse dall’acqua a qualche metro di distanza da me, vidi spuntare sulla sua faccia un sorriso soddisfatto.

– Tu sei mio – disse.

– Lo so, sono venuto qui per te – dissi.

La vidi nuotare verso di me con tutta la grazia che una sirena può avere, e quando fece per abbracciarmi, tirai fuori il coltello e mi pugnalai al cuore.

Il suo urlo di dolore mandò in pezzi le onde del mare.

Mi strinse forte a lei e prese a chiamare il mio nome.

Io morii all’istante, sotto gli occhi sconsolati di una luna testimone omertosa di un suicidio.

La sirena nuotò con il mio corpo tra le sue braccia fino a riva, poi si abbandonò sulla battigia e attese l’arrivo del sole.

Morì alle prime luci dell’alba.

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