In un mondiale di calcio in cui si parla di diritti umani negati del paese ospitante e di ammonimenti sulla libertà di espressione, come ha espresso la FIFA alla fascia arcobaleno dei capitani, mi sono fatto qualche domanda anche sulla censura che c’è stata nel nostro belpaese. Mi ricollego in particolare al fatto che la regia del Quatar incaricata di passare le immagini alle testate giornalistiche del mondo si stia rifiutando di inviare immagini in contrasto con gli ideali del paese.

“Non invieremo le immagini di protesta, non invieremo le immagini delle fasce arcobaleno indossate dagli spettori, faremo immagini dall’alto se i giocatori indosseranno scarpe arcobaleno”: questo è ciò che hanno espresso dopo le prime plateali proteste dei giocatori.

Ma approfondiamo questo tema andando a ricordare il nostro passato…

L’ultima censura postale attuata nel nostro paese è stata introdotta a partire nel 1939, inizialmente avviata negli uffici postali di confine per valutare gli umori della popolazione di diversa etnia residente a ridosso dei confini. Successivamente all’invasione della Polonia infatti il Ministro dell’interno si rivolge proprio al controllo della posta in uscita per testare lo stato d’animo della popolazione e provvedere dunque a modifiche di propaganda.

Solo un anno dopo si parla però di vera e propria censura con la costituzione, in ogni prefettura, di Commissioni provinciali di censura. Lo scopo di queste commissioni non era uguale per ogni provincia o per ciascun mittente ma aveva delle priorità, ad esempio era totalitario per gli apparati militari operativi (quindi lettere con timbro postale “posta militare”) e per telegrammi o telefonate mentre era parziale per le provincie con bassa strategia politica. Il personale impiegato per la censura era costituito da insegnanti, avvocati e militari e contava oltre 7.000 persone.

I censori, dopo aver verificato la sussistenza di frasi a rischio per la sicurezza del paese nonché segreti militari, cancellavano con inchiostro di china e indelebile le frasi tale da renderle illeggibili ed apponevano il timbro o la fascetta “verificato per censura”. Le lettere totalmente compromettenti venivano sequestrate direttamente e tolte dalla circolazione.

L’attività dei censori veniva tutta annotata, raccolta e studiata per rilevare le tendenze politiche della popolazione, le sensazioni popolari dinanzi agli insuccessi militari, il disagio della gente. Si trattava di un meccanismo di controllo molto puntuale ed in tempo reale comunicato agli strateghi di governo.

Esistevano inoltre altre attività di censura che caratterizzano l’epoca fascista, il Minculpop ad esempio emanò un provvedimento antisemita già nel 1938 atto a togliere dal commercio opere di autori ebrei o “simpatizzanti ebrei” mentre i poliziotti in incognito verificavano l’assenza di gruppi di persone in pubblico che potessero scambiarsi opinioni politiche contrarie al regime.

Francesco Bianchi https://francescobianchiautore.com