Un segreto nascosto per anni, custodito, blindato dal resto del mondo. Tra i ricordi legati alla mia infanzia uno in particolare, irreale sotto alcuni aspetti, è un’esperienza di vita che mi è stata cara ed è ancora lì, nel mio cuore. È un ricordo singolare: basta un nonnulla per riattivare la memoria, perché noi siamo i ricordi e per questo ho cura di loro.

Un giorno qualunque, come di consueto, mi allontanai da casa per avviarmi in prossimità del bosco che era circondato da alte montagne: un posto che inseguito divenne il mio habitat.  Una volta arrivata non persi tempo a iniziare il mio gioco preferito, quello di imitare il canto degli uccelli che a loro volta si mostravano lusingati per il mio tentativo di aprirmi a una relazione con l’ambiente circostante. Insieme a loro, in un’armonia festosa, avvertivo una suggestione. Un incanto alimentava quello strano concerto, quando a un tratto il silenzio fece da padrone. Udii un ritornello, cantato da una voce di donna, innalzarsi sopra di noi: una melodia che arrivava dalla collina. Incuriosita, m’inoltrai in direzione della voce, così acuta da zittire tutti gli animali abitanti della selva. La cantante era vestita con noncuranza, trasandata, disordinata, con un cappellino in testa, messo all’indietro come per dire: «È così!»

Quando ebbi il piacere d’incontrarla, lei generosamente mi sorrise, protese la sua mano e, presentandosi, mi disse il suo nome: «Marta».

Da quel giorno m’insegnò la sua musica, capace di trasportarmi in un mondo fantastico che, ancora, non ho capito cosa fosse di preciso. Il nostro canto sincronizzato, all’unisono, s’innalzava fino a toccare il cielo.

A Marta piaceva perdersi nei suoi monologhi, con il suo modo di parlare, gesticolando. Immaginava di scambiare parole con persone, oppure vedeva personaggi fantasiosi che, pontile si affacciavano nella testa. Quando Marta camminava in paese, i bambini, in compagnia degli adulti, la prendevano in giro e si divertivano schernendola.

Nell’osservarli, soffrivo molto, anche perché inevitabilmente al suo passaggio si sussurravano credenze erronee o cupe fantasie. Marta, incurante, per tutta risposta li guardava e passava. Devo confessare che, in sua compagnia, mi sentivo una principessa e lei diventava la mia regina, e come per magia la sua voce, mentre bevevo ogni sua parola, mi dava la sensazione di assaporare uno squisito gelato. Assaporavo tutto quello che lei diceva.

Estasiata, non volevo perdermi nulla.

Il tempo scorreva, come sempre, e al tramonto ci salutavamo per rientrare nelle nostre rispettive dimore.

Ricordo che, una sera, mia madre a tavola, in presenza della famiglia, mi riprese con queste testuali parole: “Tu con quella pazza non devi avere nulla a che fare, capisti

Annuii con la testa osservando mio fratello, di fronte soddisfatto, mentre mi faceva la linguaccia, contento per il rimprovero. Con mio dispiacere, anche gli altri presenti si unirono a dare ragione alla mamma. Solo mio padre prese le mie difese: «Lasciala stare! Non fanno niente di male, cantano e basta! Cosa vuoi che sia un canto? Male non fa! “Mia madre non si diede per vinta e disse: «Tutto il paese considera Marta strana per non dire pazza… Non vorrai che su tua figlia cada la stessa insinuazione?!»

Papà si alzò di scatto con voce autorevole, per farsi sentire anche dai sordi: “Hai detto bene: insinuazioni! Questi sono solo pettegolezzi di persone che sono sempre lì a giudicare il prossimo! Noi dobbiamo essere lontani da questo bisbiglio continuo: un sussurrare che non ci appartiene. Eva non commette alcun errore a frequentarla. Le ho osservate nel bosco e non hanno fatto altro che cantare e ridere; questo non mi sembra affatto strano! Non voglio più sentirti riprendere la bambina per queste stupidaggini. Lasciala libera, non è scema!» Detto questo si ritirò nella sua camera, non prima di avermi strizzato l’occhio in segno di approvazione.

Mamma rimase a bocca aperta, non fece nessun commento all’omelia del marito e, nel guardarmi, alzò le spalle come per dire: veditela tu!

Da quel giorno spesso andai a trovare Marta nel bosco. Il silenzio mi aiutava a carpire la sua presenza. La seduzione del posto dove ci s’incontrava si sentiva a pelle e, nonostante la mia tenera età, captavo quell’attrattiva ogni volta che mi trovavo in sua compagnia. Marta, una donna con mille risorse, grazie alla sua ricchezza interiore affascinava tutti quelli che riuscivano a conoscerla per davvero. Non a caso si avvicinò a lei, prima come amico e poi come marito, un giovane del posto molto sensibile, e Marta non rifiutò le sue attenzioni. Un giovane geologo che, appieno titolo, conquistò il cuore di Marta, fino a farla diventare sua sposa e madre dei suoi figli.

Tutto il paese fu incuriosito dall’evento del matrimonio di Marta.

In chiesa accorsero numerosi per guardare la sposa che non disdegnò l’attenzione dei presenti regalando loro sorrisi luminosi. Il mormorio, alle spalle della coppia, sembrava non avere fine, tanto è vero che il parroco fu costretto più volte a invitare i fedeli al silenzio. Persino la mia famiglia, nonostante fosse a conoscenza della nostra amicizia, non risparmiò i commenti senza curarsi della mia presenza. Per mio conto continuai a guardare felice la coppia, strizzando l’occhio come faceva mio padre, che era assente, quel giorno, per ragioni di lavoro.

In seguito, nonostante Marta avesse impegni di moglie e madre, non smise di venirmi a cercare nel nostro spazio, lì nel bosco, per parlare e ridere anche di cose banali che, però, a noi bastavano.

Una volta arrivò in compagnia del suo gatto dallo sguardo umano. Avvertivo un certo disagio e facevo fatica a osservarlo, ma Marta mi rassicurò nel dirmi che il suo gatto, in un’altra vita, era stato una persona e che ora la sua anima era prigioniera nel corpo di un animale. Mi disse che anche lei in passato era stata una volpe furba e intelligente. A questo punto mi chiesi io chi fossi stata, e non feci in tempo a formulare il pensiero che Marta mi anticipò rispondendomi: «Tu eri uno scoiattolo rosso, vivevi nella foresta, eri disseminatore all’interno del bosco, grazie all’abitudine tipica degli scoiattoli di sotterrare e nascondere scorte alimentari, proprio come fai adesso che mi porti avanzi di pranzo e altro per consumarli nei nostri incontri!»

Replicai: «Bello essere stato uno scoiattolo carino con i dentini sporgenti, un roditore autonomo, libero di muoversi nel suo spazio, non come noi che abbiamo dei limiti circoscritti: questo si può fare, quest’altro no! Ci sono delle regole da osservare per il bene di tutti, non è vero?»

   «I codici di comportamento a volte sono validi, altri sono stati attuati per tenerci buoni e trattenerci dal fare tutto quello che si vuole; se così non fosse vivremmo in un mondo per sbranarci a vicenda!  Ti chiami Eva come la prima donna, almeno per quello che dice la Bibbia sei stata la prima figura femminile nella storia dell’umanità. Chi può negare il contrario? Chi può averne la certezza? Chi può fare da garante a tutto questo?»

   «Ma allora… siamo in un mondo d’incertezze pronte a dispensare confusione!»

   «Ebbene sì! Però la forza del pensiero supera i confini: possiamo pensare liberamente quello che vogliamo. Eva, parliamoci chiaro: quando tu pensi c’è qualcuno che ti mette le catene o ti proibisce di pensare?»

«No!»

   «Allora noi siamo gente libera nell’immaginazione, nell’osservazione, nell’intelligenza; questo spirito non può essere chiuso, imprigionato…Nessuno ha questo potere! Tu, ragazzina, non farti mettere i piedi in testa dalla prepotenza altrui. Io sono quello che sono, nonostante alle mie spalle si continui a schernire il mio essere, ovvero una donna fuori dagli schemi fissati dai protocolli di comportamento. Io sono libera perché sono diversa da tutti gli altri e mi accetto per quello che sono!»  

Mi precipitai a rispondere: «Tu mi sei piaciuta così come sei e nessuno mi ha impedito di avvicinarti per conoscerti ed esserti amica. Sei bella! Non ti serve altro! Ho capito che il giudicarti da parte nostra non è corretto. Io voglio essere come te che: anche da sposata, trovi ugualmente spazio per continuare a essere te stessa e spesso vieni in questo posto con i bambini a insegnare loro l’amore per la natura! Felice di essere parte di questo gruppo e che tu, in questa esperienza, sia stata anche la mia insegnante!»

   «Sono lusingata per le cose belle che pensi di me. Quest’altopiano mi chiama come un’attrattiva che nessuno riuscirebbe a comprendere, perché da questi alberi emana un’atmosfera magica che la mia fantasia non può fare a meno di trascurare; intravedo figure storiche del passato che hanno dato lustro alla nostra letteratura in tutto il mondo. Per questa ragione cammino a qualsiasi ora per venire in questo posto, perché alcune voci mi chiamano per salutarmi prima di partire!»

Ascoltavo con la bocca aperta: «Davvero… tu vedi personaggi importanti?!»

   «Certo! Attenta, ti farò vedere il rito…La prima cosa è quella di accendere un piccolo fuocherello per poi gettarvi sopra una polvere magica custodita sempre nelle mie tasche; una spolverata capace di formare una nube di fumo che si dissolverà con la comparsa di gente che passeggia.»

   E così fu! Un rito magico accompagnato da formule e invocazioni con alcuni nomi complicati mai sentiti. Ma non ebbi paura nemmeno quando lo sguardo penetrante di Marta si posò su di me.

«Si! Tu mi devi credere se ora ti confermo di vedere un letterato sotto braccio al suo maestro Virgilio passeggiare in questa selva. Si avviano per soffermarsi di fronte alla fiamma, sorridenti mi cercano per scambiarci i pensieri, per poi salutarmi e proseguire il cammino fino a scomparire. Sono una visione operata da un potere soprannaturale.»

Impaziente, per l’eccitazione dello scenario, chiesi: «Ma che cosa dovrei fare per vederli?»

   «Ci vuole pazienza, il tempo ti dirà come fare.»

   «Sono i soli, ospiti di questa collina? “Domandai ancora, ansiosa di sapere.

   «No. Ci sono altre persone. Ancora adesso, nel nostro tempo, si parla di loro: un certo filosofo con un suo seguito di discepoli che si ferma a tratti per spiegare loro il Demiurgo, l’artefice dell’universo; un musicista sordo, che se ne va in giro con una bacchetta in mano e continua a fare il direttore d’orchestra senza sentire musica, perché lui nel suo silenzio è già uno strumento musicale; l’imperatore Nerone, che è stato il più amato e allo stesso tempo il più odiato imperatore dei romani, per aver causato l’incendio di Roma, fugge inseguito da sua madre Agrippina che con la scopa in mano rincorre il figlio incendiario per continuare a colpirlo; infine c’è Petrarca che cerca ancora la sua Laura con le trecce morbide sull’affannoso petto.»

Esclamai: «Mamma mia! Cosa mi dici!  Per questo vieni qui! Tu non sei sola come tutti credono, ma in compagnia di personaggi incredibili. Dimmi… anche i tuoi figli riescono a vedere qualcosa?»

«No! Non credo. Questo è un dono, che appartiene ad alcune persone sensibili, la cui anima che va oltre la sensibilità comune.»

Impaziente di capire chiesi: «Ma come si fa ad avere questa sensibilità rara?»

«Si nasce! Poi a un certo momento della vita senti dentro un richiamo che t’invita ad allontanarti da tutti per cercare te stessa. Solo raggiunto questo traguardo cominci ad avvertire dei suoni, scorgi immagini che si accavallano e che piano piano si focalizzeranno nella memoria con la volontà di vederci chiaro.»

Quel giorno particolare vive dentro di me, limpido e incollato nel ricordo di aver conosciuto una persona che, oltre l’immaginario, è stata per la mia fanciullezza una persona speciale che mi ha spinta a non smettere di sognare, perché attraverso i sogni si raggiunge l’impossibile, il desiderio e la speranza si riaccendono per darci la forza di andare avanti fino alla fine del mondo. Io non sono mai riuscita a vedere le cose e i personaggi da lei descritti, però è come se lo avessi fatto: attraverso i suoi occhi ho visto quello che lei vedeva.

Il suo amore verso la natura ancora oggi mi commuove, quando ricordo quel periodo ricco di fantasia che solo una mente speciale come Marta è riuscita a darmi; quella purificazione necessaria a proseguire questo viaggio da sola senza di lei.

Per mesi rimanemmo tranquille a improvvisare e sognare l’impossibile, ma tutto questo a un certo punto finì: per qualche oscura ragione, di Marta non si seppe più nulla. A giorni alterni mi assentavo da casa per recarmi al solito posto, ma lei non veniva per consolare il mio pianto, che non dava segno di fermarsi. Uno di quei giorni, a oscurità inoltrata, ritornai dalla mia famiglia che era lì in pensiero per la mia assenza prolungata oltre l’orario prestabilito.

Mamma e papà, con gli occhi spalancati, mi chiesero la ragione delle mie lacrime. Risposi di essere triste per la mia amica Marta che sembrava essere svanita: «Qualcuno sa dirmi cosa è successo?» domandai.

«Certo! Sappiamo che Marta con la sua famiglia si è trasferita in un’altra città lontana. Suo marito ha accettato una proposta di lavoro importante per tutti loro. Tu non ti devi preoccupare per Marta: lei, con il suo temperamento e la sua particolare genialità, si farà apprezzare in qualsiasi luogo.»

   «Ma… come, è andata via senza salutarmi, lei che mi ha sempre detto di volermi bene? … Perché mi ha fatto questo?!»

Mia madre, stranamente, si avvicinò e, nel baciarmi per consolarmi, mi disse: “Bambina mia, le sorprese non finiscono mai… Non disperare, un giorno si farà rivedere o sentire, e tornerete a essere amiche.»

Sono passati molti anni dalla sua scomparsa…  Ma non dal mio cuore che continua ad amarla per la sua stranezza peculiare. So bene di non aver incontrato mai più una persona che mi ricordasse il suo sorriso. Non sentii più la sua voce inconfondibile danzare nell’aria, la sua melodia preziosa rimuovere le foglie per echeggiare e diffondersi, per attaccarsi nella memoria di chi, come me, non riesce a scordarla.

Confesso che, nonostante Marta non venisse più nel bosco, più volte tornai per sentirla vicina in qualche modo, come accadde quel pomeriggio con il sole amico che filtrava tra la siepe e gli alberi ondeggianti. Mi sembrò di vederla in compagnia di poeti e sofisti intenti a raccontarle leggende legate a eventi che hanno lasciato il segno. La meraviglia mi regalò pochi attimi di gioia, e devo ammettere che in quel momento io mi sentii Marta.

Ho imparato che la diversità è un valore aggiunto, che le cose strane fanno parte della nostra esistenza e anche oltre. Nulla è sbagliato, e tutto può entrare a far parte della logica se accettato dalla ragione che, illuminata dal cuore, non risparmia di suggerirci la via del bene