Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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Coldiretti Alessandria traccia, settore per settore, il bilancio dell’Annata Agraria 2022  

Economia: situazione produttiva altalenante e complicata a causa del clima e caro prezzi

Per effetto degli aumenti dei costi 1 azienda agricola su 10 si trova in grave difficoltà

UNO SGUARDO GENERALE

L’annata agraria 2022 per il comparto agricolo è stata caratterizzata da una prolungata siccità che ha pesantemente colpito tutta l’Italia senza risparmiare l’intero territorio alessandrino. Situazione aggravatasi a tal punto da portare il Governo, lo scorso mese di luglio, a dichiarare in Piemonte lo stato di emergenza in relazione alla situazione di deficit idrico.

Parallelamente è proseguito il folle e vertiginoso aumento dei costi di produzione, dalle materie prime all’energia, proseguendo il trend negativo avviato dallo scorso anno. La situazione si è drasticamente aggravata a febbraio con lo scoppio del conflitto russo-ucraino. La crisi che sta tuttora attraversando l’intero tessuto produttivo nazionale, agroalimentare e non, ha portato al varo di misure eccezionali. Nel settore agricolo, in particolare, sono state approvate misure straordinarie per la zootecnia.

L’aumento del valore dei prodotti sul mercato non sempre, o comunque nell’immediato, si è adeguato per controbilanciare la crescita dei costi lasciando così gli agricoltori in grave difficoltà.

Vediamo nel dettaglio la situazione settore per settore.

CEREALI

Quella che si è conclusa è stata un’annata altalenante e complicata. Il problema principale è stata la siccità estrema che ha determinato danni più o meno gravi praticamente su tutte le colture e in tutti gli areali, sia sui cereali autunno-vernini sia sulle colture primaverili, estive ed anche foraggere.

Per via delle temperature estreme e della prolungata siccità si è anche registrata una forte pressione degli insetti dannosi quali la cimice asiatica, la piralide e la diabrotica che hanno contribuito a ridurre le produzioni e compromesso il prodotto finale.

A farne le spese sono stati i cereali autunno-vernini per i quali si è compromessa in parte la germinazione e soprattutto l’accestimento che ha determinato un basso numero di spighe a metro quadro.

Questa situazione ha generato un calo produttivo della granella con produzioni ridotte di almeno il 20% attestandosi su medie produttive di circa 65 q/ha su tutto il territorio provinciale. Le qualità reologiche dei frumenti raccolti, tuttavia, sono risultati conformi alle richieste effettuate dai mulini e di ottima qualità.

Grazie agli accordi di filiera attraverso il progetto Grano Piemonte, promossi da Coldiretti Alessandria e Consorzio Agrario delle Province del Nord-Ovest, sia con mulini e centri locali sia con la grande industria di trasformazione, si è permesso alle aziende agricole territoriali di ottenere premialità qualitative per valorizzare economicamente le produzioni.

Per quanto riguarda i cereali primaverili-estivi, le lavorazioni nella fase di semina sono iniziate dalla seconda decade di marzo e si sono protratte fino alla metà di aprile, favorite da terreni perfettamente in tempera. Malgrado ciò, la germinazione delle plantule è stata ritardata a causa della bassa umidità del terreno e dalle forti escursioni termiche notturne che hanno favorito la competitività delle piante infestanti.

Superata questa fase, è stata determinante la disponibilità idrica, che ha creato situazioni non uniformi: negli areali dove è stato possibile irrigare la coltura, considerate le somme termiche, ha raggiunto con largo anticipo la fase di fioritura (fine giugno), mentre in caso di mancata irrigazione il ciclo è stato fortemente compromesso causando altezze ridotte e assenza di fioritura.

Infine, hanno inciso e stanno incidendo in maniera incontrollata i costi dei mezzi tecnici che hanno raggiunto livelli mai visti e che stanno influenzando l’economia e i profitti delle aziende agricole. A completamento della difficile annata, le tensioni imprevedibili dei mercati alla luce della preoccupante situazione internazionale che, da un lato, determina un’impennata del prezzo delle commodity e, dall’altro, mina alla stabilità dei mercati dei prezzi e dei costi.

VITICOLTURA

Se la campagna scorsa è stata caratterizzata da una marcata carenza idrica, il 2022 ha messo a dura prova la capacità della vite a resistere ad una siccità mai vista in tempi moderni.

Si è arrivati alla vendemmia con assenza di piogge (salvo rari fenomeni temporaleschi) per l’intera estate e per giunta dopo un inverno decorso asciutto e senza neve. La vite è riuscita tuttavia a sorprendere tutti, mostrando una resilienza straordinaria e la capacità di portare a frutto una qualità inaspettata.

Le esposizioni meno solatie hanno patito di meno così come i vigneti su terreni più strutturati e profondi e più ricchi di sostanza organica. L’equilibrata fertilizzazione e l’inerbimento ha, infine, giocato un ruolo determinante sulla rigogliosità della vegetazione e di conseguenza sul superamento delle condizioni critiche.

La ripresa vegetativa è avvenuta con oltre una settimana di anticipo, ma il margine si è poi dilatato anche oltre i 10 giorni. Viceversa si è invece dovuto accorciare talvolta in base a esposizioni o anticipare ulteriormente la raccolta per evitare danni da appassimento e crollo di acidità. La fioritura, avvenuta in assenza di piogge, è stata regolare e di conseguenza l’allegagione.

La carenza di acqua in condizioni più estreme ha comportato la formazione di grappoli spargoli e, nei casi più gravi ma limitati, un inizio di avvizzimento che ha determinato la scelta di distacco precoce.

Le malattie tipiche come la peronospora e l’oidio grazie al clima secco sono state controllate meglio e con meno trattamenti rispetto ad altre campagne.

Poca è stata la presenza anche di tignola e tignoletta. La flavescenza dorata, invece, ha avuto una marcata recrudescenza sintomatica, amplificata e resa più evidente dalla siccità. La vendemmia è iniziata, mai successo, ancora prima della metà di agosto per le uve da spumante, che si sono presentate ottime. 

La scarsità di piogge ha determinato un calo produttivo stimato fino al 15-20%, anche se variabile da zona a zona, ma il decorso stagionale asciutto ha favorito la maturazione di grappoli sani, con una bassa carica di patogeni, offrendo nel complesso una vendemmia di qualità, capace di regalare prodotti in cantina eccellenti.

Sul versante mercato emerge la consolidata reputazione del vino italiano nel mondo: nonostante pandemia, guerra, stagnazione e ombre di recessione generale, le vendite interne stanno sostanzialmente tenendo le posizioni storiche pur con qualche flessione rispetto all’ultimo anno, specialmente nella GDO (che era invece balzata in piena pandemia). L’export ha pareggiato nei primi mesi in volumi per poi rallentare al giro di boa annuale, mentre cresce in valore (+ 13,5% a giugno) rispetto all’anno scorso, quando ha raggiunto il record di 7,1 miliardi di euro. Il 2022 potrebbe fare ancora meglio, ma la situazione è resa incerta dalla congiuntura economica globale.

Altro aspetto da considerare è l’aumento dei prezzi dei fattori produttivi: si stima un aumento percentuale del costo di produzione oltre la doppia cifra, sia in vigneto che in cantina. Dai concimi al gasolio alle materie prime “secche “come bottiglie, tappi, all’energia elettrica e al gas. L’aumento medio dei listini delle bottiglie è però tenuto a freno poiché le aziende tentano di assorbire internamente i costi per limitare l’impatto negativo sulle vendite. I rincari suddetti si riflettono sui prezzi dell’uva, ma Coldiretti Alessandria ha invitato la filiera a cercare equilibrio con la contrattazione immediata tra viticoltore cedente e acquirente trasformatore, per giungere ad un prezzo finale da subito pattuito in vendemmia.

COLTURE INDUSTRIALI

La campagna di trasformazione 2022 del pomodoro da industria per il bacino del Nord Italia è iniziata a metà luglio, in anticipo di una quindicina di giorni rispetto alle scorse annate, e si è conclusa a fine settembre con il completamento degli ultimi conferimenti alle industrie di trasformazione delle varietà a maturazione tardiva.

È stata un’annata caratterizzata da grandi difficoltà, dovute principalmente alla necessità di irrigare per far fronte alla prolungata siccità.

Buon andamento produttivo per le varietà precoci, che meno hanno sofferto lo stress idrico, più difficoltà per le varietà a media maturazione e tardive.

Nel complesso la qualità è stata discreta, con una buona sanità del prodotto a causa dell’assenza di precipitazioni atmosferiche, ad eccezione di qualche precipitazione in alcuni areali intorno a Ferragosto, ma con un livello di gradi brix inferiore rispetto alle precedenti annate.

Le rese produttive si collocano nell’ordine degli 800 quintali/ettaro, ma occorre tenere conto che variano notevolmente da un’area all’altra, con scostamenti notevoli (da 550 a 1.200 quintali/ettaro).

Per il raccolto 2022 l’accordo sul prezzo di riferimento del pomodoro da industria del distretto del Nord Italia è stato raggiunto lo scorso 12 aprile, con un prezzo di riferimento di 108,5 euro a tonnellata (+18% rispetto al 2021), il più elevato di sempre.

L’accordo 2022 ha confermato la premialità più elevata, introdotta lo scorso anno, per il prodotto tardivo in modo da incentivare gli agricoltori a dedicare maggiore superficie alle varietà tardive e, conseguentemente, favorire una migliore programmazione della raccolta e nei successivi conferimenti all’industria di trasformazione.

Per quanto riguarda le patate, sia per quelle da consumo che per quelle da industria, il 2022 è stato un anno molto problematico, con una forte riduzione della produzione dovuta alle condizioni climatiche avverse, a causa della lunga assenza di piogge e del perdurare di temperature molto elevate. A ciò si sono aggiunge le principali fisiopatie del periodo che hanno contribuito ad un aumento degli scarti.

Le rese produttive sono state nettamente inferiori rispetto al 2021, soprattutto a causa di cali molto importanti di pezzatura dei tuberi; solo in rari casi si è riusciti a raggiungere dei livelli leggermente inferiori rispetto alla media storica.

Queste stesse problematiche si sono verificate anche in altri Paesi europei produttori di patate da consumo o da industria. Addirittura in alcune aree di coltivazione, in particolare nelle zone con scarsa acqua da irrigazione o nelle zone di montagna, l’eccesso di caldo e la carenza di precipitazioni, oltre alla presenza di insetti terricoli quali gli elateridi, hanno compromesso in maniera drastica la produzione; in alcuni casi si è arrivati a rinunciare alla cavatura. A tutto ciò si sommano gli aumenti esponenziali dei costi di produzione: dai mezzi tecnici all’energia per l’irrigazione sino alle spese di stoccaggio.

Stante un’offerta generale ridotta di patate e a testimonianza di un mercato vivace sin dalle prime battute, le quotazioni sono state superiori a quelle della scorsa campagna di commercializzazione.

L’auspicio è di un prosieguo altrettanto favorevole, sia in termini di domanda che di rialzo dei prezzi.

Tuttavia, nelle situazioni in cui si sono registrati significativi cali produttivi, difficilmente i produttori riusciranno a chiudere il bilancio aziendale in pareggio.

Nello specifico, i contratti per le patate da industria non sono stati così favorevoli (16/17 centesimi al Kg), a fronte di una forte riduzione di resa produttiva (-30%) e già si prospetta una nuova annata con un considerevole aumento dei prezzi (si ipotizza già di 20 centesimi al Kg), in quanto si ridurranno i produttori, soprattutto in alcune zone italiane, a fronte di un prodotto estero molto caro.

SETTORE CORILICOLO

Il comparto corilicolo, reduce dalla scorsa annata pesantemente influenzata da fattori climatici avversi, auspicava un’annata migliore.

Se la primavera ha fatto sperare in una buona differenziazione dei frutti, con il proseguo della stagione si sono verificate condizioni climatiche avverse fra siccità prolungata, grandinate e tempeste di vento; le piante hanno faticato a conservare i frutti differenziati e, soprattutto, ad avere un’adeguata fecondazione ed allegagione. Il principale problema registrato è stato, dunque, una forte cascola dei frutti e a risentirne maggiormente sono stati i noccioleti più vetusti.

La raccolta è poi avvenuta regolare e in ambiente molto asciutto, condizione importante per un prodotto sano. Mediamente gli standard qualitativi sono rimasti nella norma con criticità limitate legate al sotto calibro.

Nelle aree tradizionalmente vocate del territorio alessandrino, con il protrarsi della siccità, si è riscontrata una produzione medio-bassa, ampiamente inferiore alle attese, ma di qualità molto ragguardevole.

Negli areali dove è stato possibile ricorrere ad interventi di irrigazione e nei giovani impianti in produzione si sono riscontrate, invece, buone produzioni.

La difesa fitoiatrica è stata gestita con ottimi risultati e un bassissimo impatto ambientale: in moltissime aziende non sono stati eseguiti trattamenti insetticidi con un risultato finale che non ha tradito le attese facendo registrare danni da cimice contenuti.

È continuato il lavoro di contenimento “sostenibile” della cimice asiatica attraverso i rilasci di Anastatus bifasciatus e tramite la lotta simbionticida. In questa campagna si è avuta un’intensità di lanci decisamente superiori, grazie alla collaborazione e al sostegno dei corilicoltori, anche dal punto di vista economico.

La lotta simbionticida, invece, è ormai entrata a pieno regime nelle strategie aggiuntive di difesa, consolidandosi e crescendo di anno in anno. Infine, sono continuati i rilasci in natura della cosiddetta Vespa Samurai. Per contro, si sta monitorando attentamente l’espansione della Popillia Japonica sul territorio regionale.

Riguardo la campagna di commercializzazione, per il raccolto 2022, le aspettative iniziali dei produttori erano nettamente superiori alle prime quotazioni ufficiali in un’annata già fortemente condizionata dai rincari dei mezzi tecnici e dai volumi produttivi ridotti.

FRUTTA

L’estate particolarmente afosa ha favorito i consumi, anche se il contesto instabile in Europa e i rincari energetici hanno inciso in modo notevole sui costi, rendendo la fase della produzione non più remunerativa rispetto agli investimenti effettuati.

Infine, nel 2022 è stata quanto mai sentita l’ormai strutturale difficoltà nel reperire la manodopera per la raccolta.

Per il ciliegio la produttività e la qualità della produzione sono state ovunque buone e l’aumento della coltivazione ha favorito un aumento considerevole della produzione. L’accavallamento delle maturazioni nelle diverse aree produttive ha reso il mercato difficile e premiante solo per i frutti di pezzatura più elevata.

Per quanto riguarda l’albicocco, dopo la gelata del 2021, la produzione è tornata alla normalità. Ormai da diversi anni il calendario di raccolta si è allungato con l’aumentata coltivazione delle varietà più tardive a maturazione estiva.

La qualità della produzione è stata ovunque buona e il mercato, soprattutto locale, ha ancora una volta dimostrato la propria preferenza per le varietà con caratteristiche organolettiche superiori.

Per quanto riguarda il comparto pesche e pesche noci, la pezzatura media dei singoli frutti è stata ovunque leggermente inferiore alla media degli anni precedenti e l’andamento del mercato è stato notevolmente favorito dalle buone quotazioni del prodotto destinato all’industria di trasformazione.

Tuttavia, nonostante la diminuzione degli ettari coltivati in Europa e l’andamento climatico favorevole, si è registrato ancora una volta un calo della domanda e delle quotazioni sintomatico dell’elevata debolezza strutturale della filiera produttiva nei confronti delle grandi catene di vendita europee.

Appare sempre più evidente come la forte deriva verso il mercato del basso prezzo, della conseguente bassa qualità e, non ultimo, il notevole ritardo nelle liquidazioni non lascino intravedere per il futuro alcun miglioramento.

Le aree e le aziende che per tradizione si dedicano alla produzione di pesche per il mercato locale, purché meno rappresentative in termini percentuali, hanno ottenuto una buona rimuneratività.

Per quanto riguarda le mele, la campagna di raccolta ha fatto registrare un discreto aumento produttivo rispetto all’anno scorso a compensazione della produzione mancante a causa del gelo.

Mediamente su tutte le varietà c’è da registrare sul nostro territorio una leggera diminuzione del calibro medio delle partite e un aumento generalizzato del grado zuccherino.

Se guardiamo alla campagna di commercializzazione, le prime fasi sono state caratterizzate da quotazioni inferiori trascinate al ribasso dal prezzo basso proposto dalle industrie di trasformazione e da un comportamento generalizzabile  del mercato, che tende ad abbassare il prezzo infischiandosene dell’aumento generalizzato dei costi di produzione e della rimuneratività delle aziende produttrici.

Per non aggravare ulteriormente tale situazione molte imprese hanno deciso di abbandonare in campo la parte di prodotto non conforme al mercato del “fresco”. Di conseguenza la minore disponibilità di prodotto fa sperare in una buona evoluzione della stessa.

Nel complesso per il comparto frutticolo la corrente campagna di commercializzazione sarà ricordata per il forte condizionamento delle dinamiche internazionali, ma permane soprattutto sul mercato europeo una pesante problematica di tipo strutturale tra la filiera produttiva e quella distributiva. 

Oltre a ciò, i produttori cedono la maggior parte della partite con il cosiddetto sistema del “conferimento”: le quotazioni effettive saranno dunque note soltanto a fine campagna di commercializzazione.

Proprio dal rispetto tra i diversi attori della filiera può partire il rilancio della stessa.

LATTE

Ancora un’annata difficile per il comparto del latte vaccino. Così come per tutta la zootecnia, pesa l’aumento vertiginoso e contestuale di più voci dei costi di produzione, dall’energia alle materie prime per l’alimentazione.

Negli allevamenti i rincari dell’energia si sono fatti sentire per la fasi di mungitura, refrigerazione e per il funzionamento dei sistemi di raffrescamento e ventilazione; per l’alimentazione degli animali, i livelli elevati su cui continuano ad attestarsi le quotazioni di mais e soia hanno inciso in maniera negativa sui costi. A soffrirne particolarmente sono gli allevamenti con un minore grado di autoapprovvigionamento di materie prime.

ZOOTECNIA

In Piemonte, dove si alleva il 20% dei capi nazionali da carne, il comparto ha vissuto un’altra annata complicata, sia per i vitelli da ristallo, importati prevalentemente dalla Francia (Garonnese, Charolaise e Limousine), sia per i bovini di Razza Piemontese.

Se nelle ultime due annate il fattore Covid aveva comportato notevoli difficoltà a fronte di una domanda in contrazione, il 2022 è stato caratterizzato dall’aumento esponenziale dei costi di produzione. Le materie prime per l’alimentazione hanno subìto rincari esponenziali, dal mais alla soia, ma anche il fieno ha raggiunto prezzi che superano abbondantemente i 300 euro/tonnellata (l’ultimo listino della Borsa merci di Torino ha rilevato 350 euro/tonnellata per il fieno maggengo). Prezzi che, soprattutto per mais e fieno, risentono anche di una stagione pesantemente condizionata dal fattore siccità, che ne ha ridotto significativamente la produzione.

I costi elevati hanno portato ad un rallentamento dei capi destinati all’ingrasso e, conseguentemente, a una minore offerta complessiva di bovini sul mercato.

Nonostante una minore disponibilità di animali, i prezzi di vendita si sono progressivamente innalzati, ma non ancora sufficienti per coprire i maggiori costi degli allevatori.

A fronte di tutte queste difficoltà, Coldiretti ha contribuito alla messa in campo di misure straordinarie a favore della zootecnia, in particolare per il comparto bovino da carne, dall’integrazione all’aiuto accoppiato al sostegno sulle razze autoctone.

SETTORE SUINICOLO

Il 2022 sarà anche ricordato come l’anno in cui è giunta la Peste Suina Africana in Piemonte: il 7 gennaio è stato confermato il primo caso di PSA in una carcassa di cinghiale rinvenuta nel Comune di Ovada.

Prontamente sono state attivate tutte le misure di emergenza, dalla definizione dell’area infetta a quella cuscinetto, come previsto dalla normativa sanitaria e tutte le restrizioni necessarie. Tuttavia, non sono mancate, soprattutto nelle settimane successive alla conferma del focolaio, le strumentalizzazioni da parte di alcuni macelli che pretestuosamente hanno sospeso i ritiri di suini provenienti da allevamenti piemontesi in territori indenni, seppur non ci fosse alcun rischio sanitario. Superata la prima fase emergenziale, ad oggi assistiamo purtroppo ad un rallentamento dell’attuazione del piano di eradicazione della PSA che comporterebbe, tra l’altro, ad una considerevole riduzione della popolazione dei cinghiali, al fine di ridurre il più possibile i rischi per gli allevamenti domestici.

Ogni anno in Piemonte vengono allevati e destinati al circuito delle DOP, in primis per le filiere del Prosciutto di Parma e Prosciutto di San Daniele, circa 1,3 milioni di suini.

Numeri che nel corso del 2022 hanno registrato una considerevole contrazione, soprattutto a causa dei rincari delle materie prime (mais e soia) che fanno lievitare i costi di produzione.

Secondo i dati pubblicati sul portale RIFT (Registro Italiano Filiera Tutelata) nel periodo gennaio/settembre 2022, nell’ambito del circuito delle DOP sono stati macellati circa 5,91 milioni di suini, il 4% in meno rispetto al medesimo periodo del 2021 (6,17 milioni). Solamente nei mesi di maggio e giugno si è riscontrata una breve inversione di tendenza, con macellazioni superiori allo stesso periodo 2021.

Nel complesso, una minor offerta di suini pesanti da destinare alle pregiate DOP e che rappresentano la maggior parte degli allevamenti nazionali e piemontesi, conferma l’attuale clima di incertezza che sta attraversando tuttora il comparto.

Altro elemento da sottolineare è il peso medio dei suini che, come pubblicato sul portale RIFT, da luglio in avanti si è stabilizzato a 169 Kg, in calo rispetto ai primi mesi dell’anno.

Sul fronte del mercato, dopo aver registrato il punto più basso a fine febbraio, i prezzi dei suini sono progressivamente aumentati e, a parte la flessione di maggio, sono arrivati a posizionarsi al di sopra dei 2 euro/Kg.

Prezzi che, in annate “normali” sarebbero stati molto positivi, mentre in un contesto come quello attuale consentono agli allevatori di pareggiare solo in parte le perdite accumulate nei mesi precedenti.

AVICUNICOLI

In Pimonte sono presenti circa 350 allevamenti, per un numero complessivo di 6,6 milioni di capi, perlopiù organizzati in filiere (fonte BDN – Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica del Ministero della Salute al 30 settembre) 2022). Nel corso dell’annata i prezzi si sono progressivamente stabilizzati, posizionandosi su livelli di mercato ancora soddisfacenti. Anche per l’allevamento avicolo da carne ha pesato l’aumento dei costi di produzione, che non sembra destinato a scemare nel breve periodo, al pari degli altri comparti zootecnici. I rincari delle materie prime e dell’energia hanno portato ad un raddoppio dei listini dei mangimi, voce di spesa fondamentale per la sostenibilità del comparto.

Anche per quanto riguarda la produzione di uova, l’annata agraria è stata particolarmente difficile.

Al pari del comparto carne, si è verificata una offerta nazionale ridotta, dovuta all’influenza aviaria e ad una ripresa generale dei consumi, dopo due anni di restrizioni dovute alla pandemia.

Nonostante i produttori abbiano evidenziato, a più riprese, un mercato dinamico e pressoché con un trend al rialzo e un’offerta limitata di uova, solamente a partire dal mese di agosto la CUN Uova in natura da consumo ha registrato progressivamente gli aumenti dei listini.

Al pari del comparto carne, il settore uova ha sofferto gli aumenti dei costi di produzione, dal mangime all’energia; solamente negli ultimi due mesi dell’annata agraria, con i recenti adeguamenti dei prezzi riconosciuti dal mercato, inizia ad intravedere, seppur in minima parte, una lieve marginalità.

Nella nostra Regione sono presenti circa 270 allevamenti, per un numero complessivo di 2,16 milioni di capi in deposizione, a cui si aggiungono circa 127 pollastre (fonte BDN – Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica del Ministero della Salute al 30 settembre 2022).

Su spinta di alcuni produttori, nei mesi scorsi è stato riattivato il COAVIP (Consorzio Avicolo Piemontese), portando alla creazione di una rete di scambio di informazioni tra i produttori. Attualmente è in costruzione un “borsino” delle uova con l’obiettivo di ottimizzare la produzione regionale e collocare eventuali surplus di produzione ed evitare sprechi.

Il settore cunicolo ha iniziato l’annata agraria con quotazioni soddisfacenti ben superiori ai riferimenti storici degli anni passati per poi avviare da gennaio un progressivo crollo dei prezzi, toccando il minimo di 1,61 euro/Kg, arrestatosi solamente a inizio luglio.

Dalla prima metà di luglio in poi ha gradualmente registrato un aumento che ha portato a sfiorare, a fine ottobre, i 3 euro/Kg; tale incremento è legato principalmente alla carenza di prodotto sul mercato.

Non bisogna però farsi trarre in inganno dall’aumento record dei prezzi dei conigli: come tutta la zootecnia, il comparto vive un momento difficilissimo, con gli aumenti spropositati di materie prime, energia e mangimi che hanno raggiunto picchi del 90% in più. Gli incrementi del prezzo stanno sostenendo gli allevatori a coprire i maggiori costi di produzione e in questi mesi il comparto sta cercando il più possibile di recuperare ciò che non si è fatto nei primi mesi dell’anno, come attestano i prezzi settimanali della CUN conigli da macello. Il Piemonte conta circa 280 allevamenti, per un totale di 2,11 milioni di capi.

MIELE

L’annata apistica 2022 è stata caratterizzata da un incremento delle produzioni di miele rispetto agli ultimi anni, in particolare alla pessima stagione 2021. L’aumento delle produzioni non compensa, però, il prolungato trend negativo che interessa il settore da ormai quasi dieci anni e purtroppo si mantiene su un livello ancora di molto inferiore a produzioni considerate soddisfacenti.

Sostanzialmente la produzione complessiva di miele per il 2022 si attesta su circa un 30% in meno rispetto ad un’annata considerata normale.

La siccità estiva, aggravata dalle elevate temperature, annulla quasi totalmente la raccolta della melata di bosco che caratterizza il mese di luglio e le prime settimane di agosto.

Questo fenomeno interessa ormai l’intero territorio nazionale, in particolare l’Italia settentrionale considerata zona di produzione privilegiata.

Un inverno particolarmente mite ha determinato un sufficiente sviluppo degli alveari ad inizio stagione, consentendo discrete raccolte dei mieli primaverili come il tarassaco, il ciliegio e il millefiori, che si attestano sui 5-10 Kg medi per alveare; aspetto questo che rientra nella normalità per le raccolte del mese di aprile, caratterizzate da alveari ancora non del tutto popolosi e condizioni climatiche instabili.

Anche il successivo raccolto del miele di acacia, che interessa il mese di maggio, si è attestato in media sui 5-10 Kg per alveare, una produzione ben al di sotto delle aspettative, probabilmente influenzata negativamente dalle condizioni siccitose e di forte insolazione che in alcune zone ha bruciato parte dei fiori nel pieno della fioritura. Discrete o buone si rivelano le produzioni d’inizio estate, anche se caldo e siccità hanno dimezzato la durata dei raccolti del miele di castagno che si sono attestati su valori di 15 Kg per alveare, con una variabilità compresa in una forbice piuttosto ampia tra i 10 e i 25 Kg per alveare a seconda delle zone di raccolta. Nota positiva è rappresentata da un rinnovato interesse dei consumatori per il miele italiano che, unito a maggiori difficolta d’importazione del miele estero, in particolare dei mieli di origine asiatica, ha determinato un leggero rialzo dei prezzi sul mercato. Un rinnovato interesse dei consumatori per il miele italiano che, unito a maggiori difficolta d’importazione del miele estero, in particolare dei mieli di origine asiatica, ha determinato un leggero rialzo dei prezzi sul mercato.

FIORI

Il 2022 è stato un anno difficile per il comparto florovivaistico, con un aumento del 95% dei costi totali per piante e sementi.

Oltre a ciò, il caldo e la siccità nella tarda primavera 2022 hanno determinato notevoli difficoltà nella pratica agronomico-produttiva presso i produttori del comparto floricolo, con ulteriore aggravio sui costi di produzione, un più rapido deprezzamento intrinseco del prodotto (in particolare per gli steli recisi) e un sensibile calo dei consumi di prodotti floricoli e di conseguenza nella rete distributiva in generale.

Il settore è messo sotto pressione dalle importazioni dall’estero cresciute del +59% nei primi sei mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con oltre 2/3 (71%) rappresentati dagli arrivi dall’Olanda.

Fra gennaio e giugno di quest’anno le importazioni di piante e fiori hanno sfiorato i 452 milioni di euro coprendo in sei mesi il 77% del valore registrato in tutto il 2021.

In pratica, 1 prodotto su 5 arriva dall’estero, nonostante la frenata degli scambi internazionali causata dalle tensioni per la guerra in Ucraina con la riduzione nell’UE del 40% del commercio di fiore reciso.

BIOLOGICO

Il 2022 ha segnato per la prima volta un leggero rallentamento della crescita per il biologico.

Negli ultimi cinque anni in Italia le superfici e le aziende bio sono cresciute del 40% e i consumi interni di circa il 70%: dall’ultimo censimento, gli ettari certificati in Italia sono circa 2.190.000 portando la SAU Bio al 17,4%. Nell’ultimo anno sono aumentati gli ettari a cereali biologici, soprattutto per frumento duro e tenero e i fruttiferi grazie alla vite (+ 9%) e al nocciolo (+12,5%).

Il Piemonte è cresciuto del 4,5% arrivando a circa 51.500 ettari. La zootecnica, seppur ancora a rilento, è cresciuta molto per il comparto avicolo (+20%) e per l’apicoltura (+13%). Anche gli operatori (produttori, preparatori e importatori) sono cresciuti arrivando a circa 86.000 di cui circa 3.300 in Piemonte. Per quanto riguarda i consumi, si è di fronte ad un rallentamento; l’inflazione spinge parte dei consumatori a modificare le proprie scelte nel carrello della spesa o a scegliere altri prodotti o “certificazioni”. Il dato sui consumi è anche riscontrabile dall’ampliamento dei negozi in cui il consumatore cerca i prodotti biologici, dai discount alla grande distribuzione in genere. Tuttavia, il comparto rimane stabile: il 39% dei consumatori europei “medio alti” vogliono continuare a consumare bio e il 70% dei giovani italiani, francesi e tedeschi crede ancora che il bio sia il futuro. Anche la politica continua ad incentivarlo per centrare nel 2030 l’obiettivo del 25% della SAU europea certificata bio.