
SONETTO DELL’EPIFANIA
Sopra la piazza aperta a una leggera
aria di mare, che dolce tempesta
coi suoi lumi in tumulto fu la sera
d’Epifania! Nel fuoco della festa
rapita, ora ritorna a quella fiera
di voci dissennate, e si ridesta
nel cuore che ti cerca, la tua cera
allegra – la tua effigie persa in questa
tranquillità dell’alba, ove dispare
in nulla, mentre gridano ai mercati
altre donne più vere, un esitare
d’echi febbrili (i gesti un dì acclamati
al tuo veloce ridere) al passare
dei fumi che la brezza ha dissipati.
GIORGIO CAPRONI
Questo sonetto fa parte della raccolta “Finzioni”, composta nel 1938/39. Sonetto a rima incrociata nelle quartine e alterna nelle terzine ABBA ABBA CDC DCD.
Caproni, con la consueta ironia, scherza sul mito della befana. Descrive una città sul mare, Livorno, dove nacque nel 1912, la sera dell’Epifania; nel sogno rivede il volto della ragazza che amava, Olga Franzoni, ospitata con la madre nella casa di Caproni a Rovegno, che morì di setticemia, poco prima del progettato matrimonio, ai primi di marzo del 1936. Caproni conosce un’altra donna Rina Rettagliata, che sposerà, e che sarà sua moglie per tutta la vita; ebbero due figli, Silvana, nata nel 1939 e Attilio, nato nel 1941. Diplomato all’Istituto Magistrale, fu maestro elementare a Genova e poi a Roma, dove si era trasferito nell’ottobre 1945, insegnando nella scuola elementare ‘Giovanni Pascoli’ di Trastevere, a “bambini trovatelli, che vivevano dalle suore, e arrivavano a scuola con solo una rosetta di pane”. Andò in pensione nel 1973; morì nel 1990.