In questi giorni ogni anno impazza sui social questa storia accaduta durante la grande guerra, ma è sempre un piacere riproporla e rileggerla; scalda il cuore in un periodo purtroppo gelido, per qualcuno non solo metaforicamente.

In questo momento in cui i venti di guerra soffiano incessantemente e non sembrano placarsi, leggere di uomini che hanno saputo metterli a tacere, seppur per una giornata, è di grande conforto. I sentimenti di amore, fratellanza, solidarietà, di cui è portatore il Natale, a prescindere da qualsiasi credo, sono più forti di qualsiasi ostilità. Per questo Natale dovrebbe essere ogni singolo giorno dell’anno.

Eccovi la storia brevemente, così come dalle testimonianze raccolte:

“La palla apparve da qualche parte, non so da dove, ma proveniva dalla loro parte. Segnarono alcuni gol e un giocatore andò in porta e poi è iniziata una normale partita di calcio. Dovremmo aver partecipato in circa duecento. Provai la palla. Ero abbastanza bravo allora, avevo 19 anni. Sembrava che tutti si stessero divertendo. Non c’era alcun tipo di cattiva volontà tra noi. Non c’era nessun arbitro e nessun punteggio”.

A raccontare questa storia è Ernie Williams, un ex soldato britannico, durante un’intervista in una televisione inglese nel 1983. Quello che emerge dal suo racconto è l’incredibile naturalezza e spontaneità con cui i soldati dei due fronti iniziarono a giocare a calcio nella zona grigia di 50 metri che divideva le due trincee opposte e nemiche giurate. Era il 25 dicembre 1914, il giorno in cui la guerra lasciò il posto a una normale partita di calcio.

Il freddo invernale del continente europeo e la terra umida bagnavano i corpi dei tedeschi e dei britannici. L’unica ragione per cui erano lì, precisamente nelle Fiandre, in Belgio, era uccidersi a vicenda. Si combatteva nelle trincee, uno dei simboli della Prima Guerra Mondiale, la prima guerra veramente planetaria, perché ogni angolo del pianeta ha risentito direttamente o indirettamente della devastazione dei combattimenti.

Da giorni i soldati si alzavano sopra il margine della buca e puntavano i fucili di fronte a loro, in un tiro al bersaglio con il bersaglio umano, che in realtà aveva lo stesso identico umore e solo la divisa di un altro colore. Ma quel giorno era Natale, e questo qualcosa ha significato. Non che il calendario della guerra tenesse conto dei giorni di festa, ma quel giorno il 25 dicembre ha davvero fatto emergere lo spirito di solidarietà e dell’essere tutti un po’ più buoni.

La notte e il giorno di Natale del 1914 infatti, lungo la linea del fronte occidentale, militari tedeschi, britannici ed in parte anche francesi interruppero per qualche ora le ostilità. Il tutto senza aver ricevuto alcuna autorizzazione ufficiale dai superiori, tanto che in alcune zone i combattimenti proseguirono pure durante le feste.

Tutto iniziò con dei canti natalizi intonati dai tedeschi. All’alba iniziarono ad accendere le candele e addobbare qualche albero là intorno, accompagnando l’atmosfera con Stille Nacht (Silent Night in inglese). La distensione del clima quotidianamente teso, arrivò fino al fronte opposto. E anche gli inglesi conoscevano le parole di quella canzone. Fu così allora che i nemici iniziarono a cantare la stessa melodia, simbolo di una sorprendente vicinanza culturale che esisteva nonostante tutto.

In seguito da entrambe le parti i soldati iniziarono a uscire dalla trincea, e i Tommies strinsero le mani ai Boche, si scambiarono cibo e bevande e trascorsero insieme quella mattina di Natale. Cercando di assomigliare anche solo minimamente a tutte le famiglie ordinarie nel giorno di 25 dicembre. Poi successe che qualcuno buttò nella mischia un pallone, come descrivono molte testimonianze, fatto di stracci legati insieme, che di lì a poco si sarebbero infradiciati. E così, istintivamente, si formarono due squadre, suddivisione facilitata dalle divise kaki degli inglesi, e grige dei tedeschi. Giocarono in tantissimi nel freddo e nel fango: finì 3-2 per i tedeschi.

L’eredità che ha lasciato la tregua di Natale del 1914 è inoltre anche letteraria e cinematografica. Già Paul McCartney nel video di Pipes of peace ne presentò una versione romanzata nel 1983, come nel 2005 il regista Christian Carion raffigurò la storia nel film Joyeux Noèl – Una verità dimenticata. Nel 2014 invece, l’allora presidente Uefa Michel Platini inaugurò un monumento a Ploegstreert, per ricordare quei soldati-giocatori del 1914. E infine a Liverpool si trova una grande statua che raffigura due uomini stringersi la mano sopra ad un pallone, per ricordare il giorno in cui il calcio insegnò la differenza tra le parole nemico e avversario.

“Il pallone aveva rimpiazzato le pallottole, e per la durata di una partita di calcio l’umanità aveva ripreso il sopravvento sulla barbarie“.