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Pasquale Ciboddo
ERA SEGNO SICURO
Recensione di Maria Rizzi
Ho ricevuto la silloge Era segno sicuro – edita da Guido Miano Editore, 2022 – e ho ritrovato Pasquale Ciboddo, di Tempio Pausania, che ebbi la gioia di recensire nella precedente raccolta Andar via(2021), avvolto nella tunica di solitudine e di predizioni dettate dalla pandemia che ha investito il mondo dal febbraio 2020. L’Opera è prefata da Enzo Concardi e si conclude con gli estratti di vari nomi illustri, come Giulio Cossu, Ninnj Di Stefano Busà, Giorgio Bárberi Squarotti e altri. D’altronde il Nostro rappresenta senza ombra di dubbio il più famoso Poeta sardo vivente e gli scorre nelle vene l’humus di una terra nella quale nascono i colori prima di diffondersi nel mondo. Lessi la splendida silloge Andar via proprio con il turbamento creato da un paese di roccia, che anziché dare il senso della realtà sembrava fatto con il tessuto impalpabile dell’immaginazione.
L’Opera Era segno sicuro, che si annuncia con un dipinto a olio di Franca Maschio dedicato alla Madonna “Madre di ogni grazia”, presenta un impasto linguistico e rapporti extratestuali e intertestuali assolutamente nuovi, di denuncia e di dolore, nel quale solo il rapporto con le radici confitte nella sua terra e la sua fede restano immutati. Ciboddo ricorre alla Madre di tutte le Madri per confessarle in una preghiera che oserei definire disperata, la sua premonizione: «Una notte di tre mesi fa, / febbraio 2020, / prima di manifestarsi il Corona Virus / in sogno mi apparve / la Madonna Incoronata. / Sembrava un po’ sconsolata, / chiusa dentro una rete a sacco / con steli secchi / di rovo e prugnolo. / Io ero con un ragazzino / che non conoscevo / seduti in aperta campagna. / Alla vista della Regina Celeste / abbiamo temuto, gridato, / e ci siamo girati, per la paura, / dall’altra parte. / Non sarò proprio / uno stinco di santo / ma vedendo la Madonna / apparire da sola / così ingabbiata / era avviso sicuro, / per l’intera umanità, / di siccità e di morte. / Fatto che succede oggi / senza tregua. / L’umanità trema / e in silenzio muore» (Era segno sicuro).
Ho riportato per intero questa lirica perché sono convinta che rappresenti il filo conduttore del Nostro attraverso la tragedia che ha investito l’umanità. Se pregare è prendere fiato, è affidarsi, in questa circostanza diviene dialogo con se stesso. La fiamma del nostro vivere è stata minacciata dal soffio della morte e il Poeta, sciamano dei nostri tempi, in virtù della sua straordinaria sensibilità, sente gli eventi, si inchina a quella notte e la sua diviene ‘angoscia d’attesa’ (cit. Sigmund Freud). Si tratta della conoscenza intuitiva di un avvenimento imprevedibile che non può essere compreso con mezzi naturali. E attraverso la fede, cara a Ciboddo, possiamo far entrare nelle nostre anime il dolore di tutti i conflitti, di tutta la fame, la miseria e dei drammi imprevedibili, non per una nostra grande capacità psicologica ed emotiva, ma in quanto i cuori di Dio e della Madonna diventano una cosa sola con i nostri.
Il lirismo del Poeta, ci porta sulla strada dei danni perpetrati da noi uomini alla natura e dei castighi che abbiamo meritato: «Il tempo non si ferma, / passa e va avanti. / Ma, per noi mortali, / per un attimo, si è fermato / e ci ha costretti, per paura / della grave pandemia / a rinchiuderci in casa / e morire, così, in silenzio / senza pianti sottesi / di parenti ed amici. / Le punizioni divine / spesso arrivano inaspettate» (Le punizioni divine). Purtroppo quando si tenta di elevarsi al di sopra della natura si finisce per precipitare al di sotto di essa. Non siamo mai noi uomini che dobbiamo batterci contro un ambiente ostile, ma è la natura indifesa che da generazioni è vittima dell’umanità. «Vaghiamo lontano / dal cammino del Signore / e rifiutiamo la Sua Autorità. / I nostri nemici / profanano le Tue leggi / e Tu ci condanni con pestilenze…» (Squarcia il cielo). E lo stesso discorso vale per la fede.
Ciboddo ci guida attraverso la sublime immagine della Madonna, consapevole che ‘Non è possibile andare a Gesù se non ci si reca per mezzo di Maria’ (cit. San Giovanni Bosco). Nella Madonna si trova l’idea dell’uomo perfetto che Dio aveva in mente nel creare il primo essere umano, Ella non è la seconda Eva, ma la prima, quella che non è caduta e vede come la seconda Eva cade. Maria è la nuova tenda santa, la nuova arca della Salvezza, nel suo grembo dimora l’unica speranza per noi peccatori. «…Solo la Madonna, / nostra madre divina, / se invoca / il Signore suo Figlio / può salvare l’umanità / da questo male oscuro / che miete, con falce / invisibile, spighe di vita…» (A volte pregare).
In questa silloge l’Autore mostra di aver subito in modo violento l’urto con la pandemia e di aver riflettuto a lungo sulle nostre colpe, sull’assenza di rispetto verso gli ecosistemi. I cambiamenti sul pianeta avvengono dove passa l’uomo, si distruggono gli habitat e si va ben oltre la competizione darwiniana per le nicchie ecologiche, che restano integre solo laddove non ci sono esseri umani nei dintorni. Gli individui non spostano altrove gli ecosistemi, li spazzano via, specialmente trasformando praterie e foreste in città e centri commerciali. «…Stiamo perdendo / il senso d’esistenza della terra..» (La vera salvezza), e Pasquale Ciboddo cita con amore gli stazzi, insediamenti rurali presenti nel nord della Sardegna, nella sua Gallura, nei recinti dei quali, nella consuetudine della transumanza i pastori riunivano il bestiame durante la notte. Li definisce «…il tempio / dell’amata natura, / avevano il cielo per volta / e gli astri per luminari…» (Erano il tempio) e correda l’Opera con una sua foto di questa stazzo isolato che è andato perduto.
Il Poeta descrive in più liriche la natura come il nostro Eden personale: spettacoli mozzafiato e scenari meravigliosi al confine tra sogno e realtà. Eppure da molti anni è avvenuta la fuga da quell’Eden, la migrazione verso le città. Queste ultime sono qualcosa di più della somma delle loro infrastrutture. Esse trascendono i mattoni e la malta, il cemento e l’acciaio. Sono i vasi in cui viene riversata la conoscenza umana. Le città si potrebbero definire grandi comunità nelle quali le persone si sentono sole tutte insieme. «…L’uomo di oggi / attratto dalla vita di città / abbandona la terra di nascita / e di crescita nella natura / e si perde così / in un mondo senza valori, / pensando solo alla corsa / di ricchi tesori. / Ma la terra offesa / si vendica» (Ma la terra…).
Ho ritrovato un Poeta con la tristezza nella carne, volto all’indietro, alle isole ridenti della memoria, che forse vorrebbe ancora ‘andar via’, fuggire dalle ‘tenebre del proprio pentimento’ – parafrasi dalla lirica A ognuno – che evoca in modo impressionante Salvatore Quasimodo, per ritrovare uno stazzo, dove piova il canto degli angeli, la notte stellata e la goliardica compagnia.
Maria Rizzi
Pasquale Ciboddo, Era segno sicuro, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 122, isbn 978-88-31497-92-3, mianoposta@gmail.com.