Articolo di Marina Donnarumma . Roma 4 febbraio 2023
Cosa sono i presidi ospedalieri e cosa c’entrano.
Mentre tutto il sistema nazionale crolla, tassi dei mutui altissimi, italiani completamente obnubilati, tartassati, spersonalizzati da tv e social, avvengono cose semplicemente scandalose, emanate come leggi dallo stato. Il servizio delle Iene del 24 gennaio ha scoperto un vero vaso di pandora, che lascia basiti, esterrefatti, tanto è vero che sembra una finzione, una burla.
I presidi ospedalieri sono tutti, ma tutti i materiali che servono a far funzionare un ospedale, indispensabili, essenziali in sala operatoria, tutti i materiali salvavita per operare, senza contare il resto. Io cerco di spiegarlo in modo semplice. L’ospedale di prassi indice un concorso a cui partecipano le ditte che possono procurare presidi ospedalieri. Chi vince l’appalto può fornire i propri presidi. Facciamo conto che un ospedale preveda una spesa di centomila euro, poi capita che, per necessità questo budget venga superato, premetto che la ditta in questione, non può comunque rifiutarsi di fornire il materiale, e questa spesa viene superata anche di altrettante centomila. In ogni fornitura c’è il lavoro di tanta gente, tasse, contributi, costi vari. Ebbene lo stato pretende dalla ditta vincitrice dell’appalto la restituzione delle centomila euro non contemplate dalla prima spesa prevista dell’ospedale. Questo vuol dire che ogni ditta appaltatrice sarà destinata a fallire, chiudere e qualsiasi ditta in futuro potrebbe rifiutare la collaborazione con gli ospedali, In poche parole gli ospedali non potranno curare e operare, perchè verrà a mancare tutto ciò che serve per farlo funzionare. Se gli ospedali superano il tetto della cifra stabilita, è colpa della ditta fornitrice che già paga tasse di suo su tutto ciò che fattura? Certo che no! Poi comodo per lo stato fare leggi su misura che sanno di usura e mettono a rischio posti di lavoro, e provocano la messa all’indice di tante oneste ditte, il fallimento di intere società per una legge ingiusta e assurda.
Una legge del Governo Renzi, nel 2015, introduce il PayBack sui dispositivi medici per le aziende sanitarie. Il Premier Draghi lo rende attuativo prima della sua definitiva uscita da Palazzo Chigi. Ma cos’è il Payback? In sintesi, se una Regione gestisce male la Sanità, si dà un obiettivo di spesa e non lo rispetta sforando tale “tetto”, per legge, a ripianare tale buco di bilancio, devono essere in parte anche le aziende che forniscono Dispositivi Medici.
«Un norma- dichiara Marco Parrivecchio (nella foto), business manager di GM srl- che per 7 anni era stata dimenticata e che in questi mesi si sta abbattendo sulle imprese mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro in Italia e centinaia in Sicilia. Una legge all’italiana che fonda i suoi calcoli su una base imponibile indeterminata ed in realtà già tassata. Infatti, non si tratta di una tassa ma di un prelievo forzoso, per cifre molto alte (a volte enormi) che molte piccole e medie aziende non potranno pagare dichiarando fallimento. Pertanto, lo Stato ha creato le condizioni per far fallire le PMI italiane a totale vantaggio delle Multinazionali che producono e pagano le tasse all’estero. Con questa legge si crea disoccupazione e si creano le basi per drenare sempre più ricchezza all’estero».
Oltre 100mila posti di lavoro a rischio e circa 3,6 miliardi di euro di liquidità che verrà sottratta alle imprese medie e piccole. Banalmente la prima delle conseguenze sarà la sospensione della fornitura di molti Dispositivi Medici (per buona pace dei pazienti che ne hanno bisogno). Ovviamente, da subito, vengono sospesi investimenti in Ricerca e Sviluppo nonché viene interrotto il finanziamento di Eventi Formativi (Corsi e Congressi).
«Ci chiedono di restituire i soldi con cui hanno acquistato, in virtù di regolari gare pubbliche, i dispositivi medici che abbiamo regolarmente fornito. È un meccanismo assurdo- continua l’imprenditore palermitano- Alle aziende vengono chiesti i soldi per ripianare i bilanci delle aziende sanitarie che vengono completamente deresponsabilizzate in questo processo». Una questione di responsabilità quindi che viene rimpallata fra governo, regioni e direzioni sanitarie.
«Se le aziende italiane devono pagare i debiti della mala gestione della Sanità pubblica allora vogliamo essere coinvolte, con pieni poteri, nella gestione delle stesse. Pagare debiti fatti da Direttori Generali che non abbiamo contribuito a nominare e ripianare sforamenti di spesa di piani sanitari che non abbiamo creato noi (e per i quali nemmeno veniamo consultati) è una norma senza alcuna logica, simile ad alcune leggi da regime totalitario».
Il meccanismo del Payback ha messo in subbuglio anche la politica. La Sardegna ha sospeso il provvedimento fino alla sentenza del TAR e in tutte le altre regioni il dibattito è accesissimo.
«Ho letto- conclude Marco Parrivecchio- che un emendamento per la sospensione è stato proposto anche all’Assemblea Regionale Siciliana. Chiedo al Presidente Schifani di prendere in seria considerazione la proposta al fine di tutelare il sistema sanitario siciliano e soprattutto la salute delle persone. Le aziende di forniture medicali vogliono contribuire alla crescita della qualità della sanità siciliana. Per raggiungere questo obiettivo ci devono essere le condizioni di sopravvivenza. Diversamente il Payback sarà una nuova pandemia per la sanità».
DISPOSITIVI MEDICI, IL PAYBACK SLITTA AL 30 APRILE
Più tempo per le aziende fornitrici di dispositivi medici per adempiere all’obbligo di ripiano del superamento del tetto di spesa. Incontro in Commissione Affari e Sociali del Senato con una delegazione Fifo Confcommercio- Aforp.

25 gennaio 2023
Le aziende fornitrici di dispositivi medici dovranno adempiere all’obbligo di ripiano del superamento del tetto di spesa posto a loro carico per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, effettuando i versamenti in favore delle singole regioni e province, entro il 30 aprile prossimo invece che entro il 31 gennaio come originariamente previsto. Lo dispone un decreto legge approvato dal Consiglio dei il 10 gennaio scorso.
Il 25 gennaio scorso, una delegazione di Fifo Confcommercio-Aforp è stata ricevuta, a Palazzo Madama, dal presidente della Commissione Affari Sociali e Sanità, Francesco Zaffini, e dal Capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione, Ignazio Zullo. “L’incontro – ha commentato il presidente Fifo Sanita, Massimo Riem – è avvenuto in una logica di proficua collaborazione. La sensazione è che ci sia una forte attenzione al tema da parte del Governo e delle forze politiche, con un interesse e una voglia a trovare la soluzione migliore. Resta un tema non facile da risolvibile, ma constatiamo una grande apertura a lavorare insieme con l’obiettivo di tutelare tutte le PMI del nostro settore dei fornitori di dispositivi medici”.
“L’ascolto di questo Governo – ha aggiunto la presidente Aforp, Grazia Guida – ci rende fiduciosi in una possibile soluzione del problema payback, per questa grande criticità che investe il nostro comparto e soprattutto per le PMI, che senza un adeguato provvedimento, vedrebbero svaniti anni di sacrifici e di investimenti e crollerebbe l’economia portante del nostro Paese. Noi continueremo a difendere i nostri diritti fino a raggiungere il risultato, che speriamo possa arrivare, coscienti che faremo fino in fondo la nostra parte”.
Il payback mette a rischio il sistema sanitario nazionale
Nella manovra economica il Governo non ha affrontato il tema del payback mettendo così a rischio il Sistema Sanitario Nazionale. Fifo Sanità, la Federazione italiana fornitori ospedalieri aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia, ribadisce così il rischio concreto di un’imminente mancanza di dispositivi medici negli ospedali e lancia l’allarme per l’intera tenuta del settore. La norma costringe le aziende fornitrici di dispositivi medici a pagare 2.1 miliardi di euro entro il 15 gennaio, con conseguente fallimento per centinaia di pmi che distribuiscono a tutti gli ospedali d’Italia dispositivi salvavita e altro materiale per il corretto svolgimento delle attività chirurgiche.
“Siamo inorriditi – dichiara il presidente Massimo Riem – per quello che potrà accadere se la norma non sarà superata. Stiamo parlando di una certezza, non una possibilità. Mancheranno dispositivi medici come strumenti chirurgici e diagnostici. Chiediamo al Governo, che in queste ore sta lavorando alla manovra, di superare la norma o almeno garantirne la sospensione”.
“Abbiamo lavorato e lavoreremo – conclude Riem – per tutelare il futuro prossimo delle pmi che rappresentiamo, e soprattutto la tenuta dell’intero Sistema Sanitario Nazionale. Il Governo ci dia ascolto per evitare un pericolo concreto e incombente per la salute dei cittadini. Di fronte a questo rischio, la politica non può girarsi dall’altra parte”.
Fifo Confcommercio e Confindustria Dispositivi Medici sconcertati: “mai fatto accordi sul payback”
“Siamo sconcertati dalle dichiarazioni che giungono da alcuni esponenti delle Istituzioni regionali che parlano di ‘accordo con le associazioni di categoria’ in riferimento al payback sui dispositivi medici”. Così la Federazione Italiana Fornitori in Sanità, aderente a Confcommercio Imprese per l’Italia, e Confindustria Dispositivi medici che ricordano che il payback resta un’imposizione di legge che richiede coattivamente parte di compensi precedentemente concordati secondo gare d’appalto regolarmente aggiudicate. Nessuna azienda, ribadiscono le due Associazioni, può sopportare tali richieste per entità e tempistiche.
“Dopo mesi di proposte e di richieste di aiuto alle istituzioni rimaste inascoltate, siamo sbalorditi dalle dichiarazioni in merito a un’intesa con le associazioni che rappresentano le aziende del comparto. È, inoltre, da rilevare l’assoluta illegittimità e incostituzionalità di questa misura che distrugge una filiera cruciale per il Sistema Sanitario Nazionale”, aggiunge Massimo Riem, presidente di Fifo Sanità.
“Restiamo sconcertati – dichiara Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici – di fronte alle false dichiarazioni di una parte della classe politica che parla addirittura di un precedente accordo con le associazioni di categoria sul payback, senza considerare le catastrofiche conseguenze che questo avrà sulla salute dei cittadini. Vorremmo piuttosto poter discutere col Governo e le Regioni una soluzione”.
L’allarme era già stato lanciato dalla Federazione il 6 dicembre scorso nel corso di una conferenza stampa a seguito dell’approvazione nel Decreto aiuti bis della normativa sul payback che obbliga le aziende del comparto a rimborsare il 50% delle spese effettuate in eccesso dalle regioni. Per FIFO Sanitàil provvedimento mette a rischio il tessuto dei fornitori ospedalieri, composto nel 95% da micro, piccole e medie imprese, con oltre 100mila lavoratori coinvolti. Dispositivi salvavita, strumenti per dialisi, valvole cardiache, protesi e ferri chirurgici: sono solo alcuni dei dispositivi medici che potrebbero mancare negli ospedali a partire da gennaio.
Strumenti che potrebbero mancare negli ospedali in caso di stop forniture |
Sterilizzatori |
Prodotti per circolazione extracorporea |
Protesi cardiache |
Valvole cardiache |
Stent coronarici e cardiaci |
Dispositivi protezione per radiologia e radioterapia |
Protesi ortopediche |
Stent vascolari |
Dispositivi per traumatologia (ossa) |
Ventilatori polmonari per rianimazioni, terapie intensive, reparti Covid |
Strumentario e ferri chirurgici |
Disinfettanti e antisettici |
Accessori per radioterapia |
Camici monouso |
Garze, bende e cerotti |
Dispositivi per dialisi |
Dispositivi salvavita |
Dispositivi per pronto soccorso |
NB. Tempi per stop alle forniture – Il lasso di tempo tra la chiusura delle imprese e la fornitura dei dispositivi può variare da pochi giorni a qualche settimana
La stima dell’impatto del payback 2015-2020 sulle imprese
Sulla base dei dati resi pubblici dalla Corte dei Conti (che, per quanto riguarda i tetti di spesa 2015-2020, ha ripreso quelli dei due Accordi Stato-Regioni sopracitati), FIFO ha stimato lo sforamento della spesa e il payback a carico delle imprese fornitrici del SSN.
La spesa è cresciuta nell’arco di tempo considerato del 18,3%, passando da 5,8 miliardi di euro nel 2015 a 6,8 nel 2020. Nell’ultimo anno, in particolare, la spesa è cresciuta del 7,3%, pari in valore assoluto a oltre 460 milioni di euro.
Dati i tetti lo sforamento complessivo è cresciuto nell’arco dei sei anni considerati sia in valore assoluto che in percentuale della spesa ammessa. Complessivamente il payback che le aziende sono tenute a pagare ammonterebbe alla cifra “monster” di 3,6 miliardi di euro, che confrontata alla spesa annua pubblica in dispositivi medici ne rappresenta ben oltre il 50%.
Sforamento nella spesa a livello nazionale e relativo al payback complessivo
Valori in milioni di euro e in %
2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | |
Tetto di spesa | 4.800 | 4.856 | 4.925 | 4.962 | 5.011 | 5.261 |
Spesa effettiva | 5.782 | 5.838 | 5.986 | 6.226 | 6.430 | 6.842 |
Sforamento (mln.euro) | 1.041 | 1.052 | 1.105 | 1.287 | 1.419 | 1.642 |
Sforamento (in %) | 21,7 | 21,7 | 22.4 | 25,9 | 28,3 | 31 |
Payback | 416 | 474 | 553 | 643 | 710 | 821 |
Fonte: Elaborazioni FIFO Sanità su dati Corte dei Conti (2020, 2021) e Accordi Stato-Regioni 2019
Riem: “Centinaia di aziende saranno costrette a chiudere”
“Come Federazione che rappresenta le pmi in Sanità – ha detto il presidente di FIFO, Massimo Riem – siamo assolutamente d’accordo a perseguire una spesa pubblica razionale e oculata. Ma questo obiettivo non può passare per una deresponsabilizzazione degli amministratori e un tracollo del tessuto delle pmi italiane. Con l’attuazione del payback centinaia di aziende saranno costrette a chiudere, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Le imprese non saranno più in grado di fornire dispositivi medici, a gennaio ci troveremo davanti a una crisi senza precedenti da un punto di vista economico e sanitario”. “Chiediamo la cancellazione di questa norma – ha concluso Riem – che è inapplicabile e chiediamo l’apertura di un tavolo di discussione con il governo”.
Articolo di Marina Donnarumma. Roma 24 gennaio 2023.