Come ogni giorno, alle ore 7 puntuali, mi sveglio. 

Da quando e’ cominciata la pandemia, ed anche se e’ finita da tempo, potrei anche spingere la sveglia alle 9 del mattino, ma e’ alle sette del mattino che mi sveglio. 


Ora ho pure un campanile che mi aiuta. E’ quello della chiesa davanti alla mia nuova casa, che mi sveglia proprio alle sette.

Il Campanile della Chiesa di Santa Maria di Castello, ad Alessandria.
Photo by ©massimousai

Ad ogni modo comincio ad essere attivo intorno alle 9.00, non importa a che ora mi sveglio, perche’ fino quell’ora uso concedermi sempre qualche ora per me stesso.

Una volta svegliato, mi faccio come prima cosa un caffe’, poi mi siedo nel divano gustandomi l’aroma che fuoriesce dalla Moka.

Ho due Moke (si usa il plurale per la Moka in questa maniera come ho scritto?), una monodose e una più grande, che ricorda la bandiera italiana, il primo caffe arriva sempre dalla piccola e vecchia moka.

Dopo averci messo almeno dieci minuti a bermi il caffe, ad assaporarlo nel palato e attendere che piano w dolcemente svanisca il suo gusto dalla bocca, mi alzo e mi dirigo in bagno.

Mi faccio rapidamente una doccia, mi vesto con cura, e a quel punto mi metto a mio agio ancora una volta sul divano. Attendo che il secondo caffe’ del mattino fuoriesca, stavolta dalla caffettiera piu’ grande, che e’ quella tricolore, si, come la bandiera italiana, per capirci meglio.

Mi ci vogliono ben due ore per diventare un essere umano funzionante e senza caffe’ so bene che non potrei farcela. Non e’ colpa mia, e’ proprio il DNA, non sono riuscito a trasformare questa cosa in me neppure dopo 25 anni che ho vissuto lontano dall’Italia.

So che potrebbe per molti non sembrare l’inizio più rilassante che ci sia, ma ascolto sempre musica che abbia un certo ritmo prima di essere, e sentirmi, completamente pronto per lavorare

Quando lavoro poi raramente ascolto musica e se lo faccio e’ con suoni decisamente rilassanti, che non abbiano troppe parole e che siano di una lingua a me sconosciuta, giusto per non farmi distrarre dalla parole.

Il Mercato Vintage di Lille, France
Photo by ©massimousaiphotos

Ma durante il mio viaggio verso l’essere una persona attiva, i Clash o i Talking Heads  – sono l’unica cosa che mi aiuta a sentirmi sveglio. 


Ho le playlist pensate ai differenti momenti della giornata. Ne avro’ almeno una ventina differenti, da quella del primo mattino, fino a quella per guidare di giorno, dopopranzo o in orari notturni.

Decidere cosa scrivere, cosa promuovere, pubblicare o analizzare, dipende sempre da questa fase di risveglio. Un’impostazione che io amo chiamare “Old Style”, e che se modifico leggermente questa routine, ne risento in modo clamoroso per il resto della giornata.

Lavorare per se stessi significa gestirsi il giorno, i momenti, i tempi.

Spetta a me gestire l’elenco delle cose da fare, e cosa voglio pubblicare per quel giorno. 

Nel momento che acquisto la musica, ho in mente esattamente quando la suonero’. 

Sono sempre stato attratto da quello che si distingua dalla massa; di quelle cose che non passano mai alla radio. Cerco suoni nuovi, ma che raccontino storie, storie che non sono mai state ascoltate prima dalle mie orecchie e che diventino familiari nel tempo.

Storie accompagnate da note, non importa quante, importa che siano penetranti nella mia anima e che m’ispirino a fare il fotografo. Musica e fotografie sono sullo stesso piano per me e poi le parole che scrivo devono essere il succo finale delle due esperienze sonore e visive unite.

In questi giorni invernali e’ stata la riscoperta del disco di Nick Cave, registrato da solo all’Alexandra Palace di Londra, alla fine del primo lockdown, che ho deciso doveva consolare i tremolii interni del mio corpo. Doveva sostituire il riscaldamento che avevo limitato per via del costo del gas. 

Domani e’ Marzo, tra poche settimane sara’ Pasqua e tutto sara’ differnte, dalla parole alla musica che mi accompagnera’. Solo il rito del caffe’ rimarra’ lo stesso..