Molti parlano delle ragazzine che hanno ferito con le forbici una loro coetanea, forse per un ragazzino conteso, sicuramente per antipatia viscerale. Le ragazzine sono tredicenni, frequentano la terza media. Una picchiava con pugni e feriva la vittima, l’altra la teneva ferma. La vittima è grave. Le piccole carnefici sono di buona famiglia. È accaduto nel mantovano, in una provincia ricca, dove non c’è la criminalità organizzata a fare il bello e il cattivo tempo e dove non c’è grave disagio sociale. E allora come spiegarsi l’accaduto? La legge italiana si dimostra anche inadeguata: le ragazzine per l’età non sono imputabili di niente.
E tutti a dire che siamo prossimi sll’Apocalissi e che questo è un segno tangibile, concreto. Tutti dicono che non c’è più religione, che non c’è più morale. Dicono che ci vorrebbe educazione civica, che i genitori non fanno più i genitori, che ci vorrebbe molta più severità, che anche gli insegnanti oggi si fanno dare del tu e vogliono essere amici degli studenti, che non c’è più autorità, che i giovani sono allo sbando, che non ci sono più valori né figure di riferimento. Giustamente qualche opinionista si è chiesto come mai i genitori non si sono accorti di cosa avessero nelle tasche le figlie: insomma perché non erano adeguatamente controllate? Poi viene da chiedersi come mai odiassero così una loro compagna di scuola.
Riflettiamoci un momento: queste due ragazzine hanno fatto un agguato nel parco come dei delinquenti incalliti. Forse la risposta è che al giorno di oggi si cresce sempre più in fretta e probabilmente si odia sempre prima. Oppure si potrebbe affermare che oggi siamo tutti più disumani rispetto a un tempo, anche le ragazzine. Ma non sono forse risposte abbozzate e improvvisate? Io voglio porre però l’accento sul fenomeno mediatico, che ogni volta si ripropone in casi del genere. Ogni volta le persone si scandalizzano per brevissimo tempo per il fatto di cronaca saliente, fino a che non cade nell’oblio, sostituito e rimpiazzato da altri fatti di cronaca.
Alla base di tutto c’è che abbiamo tutti scarsa memoria, che niente poi alla fine ci scandalizza veramente nel profondo, che niente ci fa infervorare e indignare, che tutte queste notizie colpiscono la nostra attenzione in modo molto superficiale, epidermico. Un altro aspetto, per usare i termini psicologici, è che i frame episodici hanno sempre la meglio sui frame tematici. Detto in parole povere, di ogni notizia viene dato risalto al fatto in sé e non all’approfondimento. Il sociologo Goffman riteneva decenni fa che ogni frame fosse strettamente connesso ad altri frame, ma qui nessuno al mondo d’oggi riesce a ricomporre il puzzle: l’overdose di informazioni crea un contesto troppo caotico e insensato.
L’informazione ha un ruolo determinante e non deve sottrarsi a una comunicazione più etica e corretta; deve indagare le cause della notizia, approfondire, non deve essere faziosa e non deve cercare il sensazionalismo. Talvolta la rappresentazione mediatica è distorta. Ci troviamo così disorientati rispetto alla serie inenarrabile di brutte notizie. Che dire allora riguardo a quelle due giovinette che hanno ferito gravemente la compagna?
Alcuni si stupiscono del fatto che individui sempre più giovani commettono crimini e nefandezze, arrivando a domandarsi: “ma che mondo è diventato questo?”. Che dire allora? Che viviamo in una società violenta, in un mondo sia reale che virtuale violento, che non c’è da un secolo più comunità, che manca a molti il senso del limite come il senso di responsabilità, che quelle ragazzine non sapevano cosa facevano e oltre a essere violente erano disturbate, che quelle piccole aguzzine sono lo specchio, il riflesso di questi tempi e di questa epoca.
Ho elencato diversi motivi, che sono delle concause perché di fronte a questi eventi non c’è una ragione specifica. Non si può andare mai a botta sicura e affermare che se tutto ciò si è verificato è esclusivamente e sicuramente per questa causa. Inoltre viene da interrogarsi: noi adulti che esempio diamo? Non siamo noi stessi ad essere i primi messaggeri di una perenne estetica del male? Comunque non c’è da stupirsi: anche decenni fa c’erano adolescenti violenti.
Un’altra cosa è che oggi si sa tutto di tutti in questo villaggio globale e anche in Italia ci sono decine di quotidiani, decine di televisioni, migliaia di testate giornalistiche online. Oggi non si può non sapere, niente viene più nascosto e tutto il lato oscuro assurge alla cronaca. Ma non c’è da condannare per poche mele marce un’intera generazione di giovani. I vecchi hanno sempre criticato i giovani, ritenendosi migliori e ritenendo migliori i loro tempi quando le epoche e le generazioni non erano meglio, non erano peggio ma solo differenti.
Ci sono sempre state incomprensioni dovute al gap generazionale. Aristotele nella sua Retorica (IV secolo a.C.) già si lamentava dei giovani: «I giovani sono magnanimi; poiché non sono ancora stati umiliati dalla vita, anzi sono inesperti delle ineluttabilità, e il ritenersi degni di grandi cose è magnanimità: e ciò è proprio di chi è facile a sperare (…). Essi credono di sapere tutto e si ostinano al proposito; questa è appunto la causa del loro eccesso in tutto». Eppure Aristotele non era uno qualsiasi e la Grecia allora era la culla della civiltà. I maturi e gli anziani si sono sempre lamentati dei giovani.
È sempre stato così. I più grandi hanno sempre pensato che il mondo degenerasse. In realtà la loro opinione era tarata dal grande rimpianto e dalla grande nostalgia per i bei tempi andati quando erano giovani. È una costante umana. Ciò nonostante il mondo continua ad andare avanti.