Lo scorso weekend ad Alessandria, presso la libreria Feltrinelli, c’è stata la presentazione del libro “Quel Pulmino Giallo..”, scritto da Giuseppe “Leo” Leonelli

Giuseppe ha passato l’intera giornata ad incontrare chi rimaneva incuriosito dalla copertina del libro e dal quella coda del titolo, specie per chi ha superato i 45 anni, incuteva una forte curiosità’ “… Per la Beat Generation”.

Come sempre mi accade quando passo in libreria, mi ricordo di una verita’ fondamentale e cioe’ che e’ vero che su Amazon trovi il libro che vuoi, ma in libreria trovi anche il libro che non sapevi di volere.

Cosi e’ accaduto a me sabato scorso.

La Beat Generation non è mai stata un grande movimento in termini di numeri, ma in termini di influenza e status culturale e’ stata la piu’ visibili tra quelle nate negli anni ’50. Gli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale videro una rivalutazione totale delle strutture convenzionali della società. Proprio mentre il boom economico del dopoguerra stava prendendo piede, gli studenti delle università stavano cominciando a mettere in discussione il materialismo dilagante della loro società. La Beat Generation è stata il prodotto finale della loro domanda di societa’. 

Gli studenti universitari americani vedevano il capitalismo galoppante come distruttivo per lo spirito umano e antitetico all’uguaglianza sociale. Oltre alla loro insoddisfazione per la cultura del consumo, i Beats si scagliarono contro la soffocante pruderie della generazione dei loro genitori. I tabù contro le discussioni franche sulla sessualità erano visti come elementi malsani e potenzialmente dannosi per la psiche. 

Nel mondo della letteratura e dell’arte, i Beats si opponevano al formalismo pulito, quasi antisettico, dei modernisti del primo Novecento. Hanno modellato una letteratura che era più audace, diretta ed espressiva di qualsiasi cosa fosse venuta prima. Gli stili musicali underground come il jazz erano particolarmente evocativi per gli scrittori Beat, mentre minacciosi e sinistri per l’establishment.

Giuseppe “Leo” Leonelli alla Feltrinelli di Alessandria = ©massimousai

Su questo si basa la storia del libro di Giuseppe Leo Leonelli e lo fa raccontando la storia di Loris Salieri, da tutti conosciuto come “Agonia”.

Senti Giuseppe, ma chi e’ Ago? E come l’hai conosciuto?

Conoscevo Ago e sapevo della sua esperienza come autista per il tour di Poesia Festival 1979. Non era il tipo che si vantava delle proprie esperienze, al contrario conservava una timidezza che nascondeva indossando abiti appariscenti. Gli chiesi di raccontarmi qualcosa al riguardo e così è stato. Purtroppo i ricordi erano offuscati dal passare degli anni e da malanni fisici. Quello che mi ha raccontato, tuttavia, ho potuto verificare che fosse vero; ho infatti rintracciato Roberto Terribile che mi ha confermato quello che Ago mi aveva raccontato. Allo stesso modo sono andato a trovare Marcello Baraghini nella sua libreria di Pitigliano e ho integrato il libro con il suo racconto.

Quella telefonata di Roberto Terribile, non condizionò solo gli anni che seguirono per Agonia, ma ebbe ripercussioni su tutto il territorio vignolese e modenese. Ago portò il Living Theatre a Vignola, invitò sull’entusiasmo per quel movimento Beat, migliaia di giovani per la raccolta delle ciliegie. Inevitabilmente la comunità vignolese ne fu toccata e influenzata. Quei pochi che si riconoscevano come figli dei fiori ebbero la possibilità di restare a casa propria, di non andare in cerca di luoghi migliori dove sentirsi parte di un movimento, perché quel movimento Ago l’aveva portato a Vignola. 

Qual’e’ il tuo rapporto con la beat generation? Sei nato nel 1963, quanto ne hai vissuto direttamente di quel movimento?

Il mio rapporto con la Beat Generation, come per molti della mia età, per molti anni è stato contrassegnato dal rammarico di esser nato con qualche anno di ritardo. Gli anni in cui la forza dirompente di quel movimento si espresse in maniera più decisa, erano quelli della mia infanzia o adolescenza e tante cose non le ho potute vivere direttamente. Certo che le letture i On The Road, dei Vagabondi del Dharma o delle poesie di Allen Ginsberg hanno contribuito alla mia formazione. Poi, vivendo a Vignola ho potuto vivere sulla mia pelle l’onda lunga delle novità che l’esperienza di Ago portò in paese, che allora era fondamentalmente legato alla cultura contadina.

Vignola 2013. Cosa rimane di quel periodo e che influenze pensi siano rimaste per sempre impresse sulla cittadina?

Sono passati tanti anni, però dal mio punto di vista Vignola risente ancora di quello che successe in quel periodo. L’esperienza vissuta da Ago e il successivo arrivo di migliaia di persone “fuori dagli schemi” costrinse gli abitanti di Vignola a confrontarsi con stili di vita che non conoscevano. Non fu facile, ma anno dopo anno venne posta in essere un’apertura nei confronti del diverso che ancora oggi, seppur in modo meno evidente, è riscontrabile in alcuni degli abitanti, tra i circoli culturali e giovanili che nascono e muoiono con il passare degli anni. Forse non è un caso che nel centro storico di Vignola ci sia una piazzetta intitolata a un “diverso” a un ultimo tra gli ultimi, al clochard del paese morto alcuni anni fa. Non so se esistono luoghi simili in altre città o paesi italiani o addirittura del mondo.

Non sei alla tua prima esperienza editoriale ma sei al quinto libro. Mi pare di aver capito tu sia molto legato al tuo libro Santiago, sia come successo che come esperienza di vita. Programmi di ripetere nuovamente  questa esperienza in terra spagnola?

Certo Santiago, o meglio il Cammino di Santiago, hanno segnato in modo indelebile ciò che sono ora. Ci sarebbero tante cose da dire sugli insegnamenti che si ricevono quando ci si mette in cammino. Sul cammino non esistono differenze sociali, siamo tutti esseri umani con uno zaino sulle spalle e più cose ci metti dentro più farai fatica per raggiungere la meta. Da qui la consapevolezza di alleggerirsi di tutte le cianfrusaglie inutili con le quali riempiamo le nostre vite. Questo è solo un esempio… poi, camminare è un atto rivoluzionario, almeno per se stessi. È un ritorno alle nostre origini, ai tempi e alla velocità che madre natura ha pensato per noi. Ci muoviamo con l’ausilio di mezzi tecnologici, ma siamo la sola razza animale che non segue i ritmi naturali. Il libro Santiago è stato un buon successo, ho fatto tante presentazioni e, in un certo senso, continuato il cammino che avevo iniziato. Da allora, come capita a tutti, sono diventato un dipendente dei cammini. Ne ho fatti altri, ho rifatto Santiago, e non vedo l’ora di rifarlo partendo da casa mia.

Ed ora? Cosa dobbiamo aspettarci dopo questo bel libro sulla Beat generation? Progetti in cantiere?

Negli ultimi due anni mi sono dedicato all’apertura di un nuovo itinerario nelle zone dove vivo. Si chiama Cammino dell’Unione ( ilcamminodellunione.com ) è un anello che parte e arriva a Vignola. 5 giorni 100 km. Sono in uscita con 2 guide al riguardo di cui una tecnica e una sentimentale legata ai luoghi e alle persone che si incontrano lungo il Cammino dell’Unione. Poi continuo a scrivere e a organizzare eventi di cui 3 festival letterari: 21 – 22 – 23 aprile Marano sul Panaro (Mo) – 16 – 17 – 18  giugno Monzuno (Bo) Campeggio dello Scrittore – corso di scrittura con editor, agente letterario, addetto alla promozione e docenti tecnici – 25 – 26 – 27 agosto Guiglia (Mo) letteratura di viaggio.  

Il libro e’ disponibile su Amazon.it ed e’ consigliato a chi quel periodo l’ha vissuto ed ha sempre considerato Kerouac, Ginsberg, e Burroughs dei “padri formativi”, ma anche per chi e’ curioso del saperne di piu’ e vuole conoscere come quel movimento internazionale arrivo’ nella provincia emiliana, tra Bologna e Modena.