Il 10 marzo del 1964 Simon & Garfunkel registrano una delle loro canzoni più famose: The Sound of Silence. Inizialmente in versione acustica, il pezzo scala le classifiche l’anno successivo. Fa parte della colonna sonora del film “Il laureato”, pellicola inserita nelle zone alte della classifica delle migliori cento statunitensi di ogni tempo. Attore protagonista Dustin Hoffman, all’esordio sul grande schermo riceve la prima candidatura all’Oscar.

Simon è appassionato di ossimori; a dircelo è lo stesso Garfunkel, uno che lo conosce bene. Questa figura retorica, da sempre amata dai poeti, consiste nell’affiancamento di due o più parole che normalmente si negano l’un l’altra. Ma può succedere, a volte, che questo contrasto dia vita a un’espressione perfettamente sensata, un’immagine difficile da evocare altrimenti. “Il suono del silenzio” è una di queste, e c’è da scommettere che qualcuno che soffre di acufeni sarebbe pronto a darcene conferma. Battute a parte, comunque lo si intenda il silenzio ha una voce: può essere un dolce sussurro, come quando si abbraccia una solitudine cercata a lungo; oppure può gridare, se essere soli è una maledizione da cui non ci si riesce a liberare. Invece, il silenzio a cui pensava Paul Simon quel giorno di febbraio di 57 anni fa è ben più terribile e disumano: è il silenzio dell’incomunicabilità.

Il silenzio piacevole si trasforma in qualcosa di angosciante: individui, fisicamente vicini tra loro, sono separati dall’incapacità di comunicare. Parlano senza esprimere concetti né emozioni, ascoltano distrattamente. Il dominio del silenzio, in cui si infiltrano solo rumori indistinti, è assoluto.

Ascoltare questa canzone è un’esperienza strana, soprattutto se la inseriamo nel contesto dei giorni nostri. Da un lato ci si sente cullati dall’arpeggio e dal lieve canto, dall’altro si ha come la sensazione di essere rimproverati, accusati di non aver ascoltato l’avvertimento e provato a cambiare le cose. Anzi, l’abisso della non-comunicazione è oggi più profondo che mai. Chi più chi meno, ci siamo dentro tutti.

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