Il nome di Theodule è strettamente legato alla Catania di età imperiale, e precisamente alla sua primissima comunità cristiana. Seconda solo a quella di Siracusa per quantità di epigrafi rinvenute, la Chiesa catanese delle origini è stata sicuramente tra le più vitali del suo tempo. Gli scavi archeologici del Novecento ne hanno attestato, in particolare, lo speciale valore attribuito al martirio come testimonianza di fede.

La sepoltura di Theodule è stata ritrovata negli anni Sessanta del secolo scorso in un’area cimiteriale dedicata appunto alla memoria e al culto dei martiri, la stessa che accoglieva il sepolcro della piccola Iulia Florentina. Il cimitero, ubicato in corrispondenza dell’odierna via Dottor Consoli, si sviluppava intorno ad un martyrium (forse il più antico nel suo genere ritrovato in Sicilia), accanto al quale, nel IV secolo, venne costruita una basilica.

Dallo studio della tomba e in particolare del suo epitaffio emerge che Theodule, poco più che ventenne al momento della sua morte, sia stata una vergine consacrata. L’iscrizione, databile alla prima metà del IV secolo, la definisce infatti “sempre vergine”. Come già Sant’Agata, Theodule scelse quindi di consacrare la sua vita a Cristo entrando nell’Ordo Virginum. A quei tempi, questa scelta non era ancora vissuta in una dimensione cenobitica: le giovani che si consacravano, quindi, continuavano ad abitare con le proprie famiglie. Solo nei secoli successivi lo sviluppo del monachesimo avrebbe associato la consacrazione verginale ad un modello di vita comunitaria separato dal contesto mondano.

Lodate dai Padri della Chiesa, che in loro vedevano riflessa l’immagine della Chiesa sponsae Christi, le vergini consacrate erano giovani donne che, spinte da una particolare vocazione, decidevano di perseverare nella verginità per tutta la vita per amore di Cristo. A partire dal IV secolo, l’ingresso in questo Ordine venne istituzionalizzato con un apposito rito liturgico nel quale le vergini manifestavano il loro fermo proposito dinanzi al Vescovo, che ne riconosceva lo status attraverso una solenne preghiera consacratoria. Nel corso della stessa cerimonia veniva loro imposto il velo, simbolo delle sacre nozze che le avrebbero legate per sempre.

Da allora in poi, le vergini avrebbero vissuto, in totale comunione con Cristo e in piena conformità al modello evangelico, una vita ritirata fra le mura domestiche, in continenza e preghiera, fuggendo le tentazioni e mostrando un atteggiamento modesto, umile e raccolto che fosse di esempio alla comunità. In questa scelta di vita, le cristiane dei primi secoli trovavano anche un modo per sfuggire all’imposizione di un matrimonio indesiderato e per dare un senso nuovo alla propria esistenza. Alcune di loro avrebbero poi prestato “servizio attivo”, diventando presbitere o (come già S.Agata) diaconesse. Non ci sono però sufficienti elementi per affermare che Theodule abbia svolto incarichi di carattere sacerdotale.

Possiamo quindi immaginare la vita di Theodule come un’esistenza molto semplice fatta di preghiera “nel segreto della propria camera”; di lettura, ascolto e meditazione delle Scritture, ma anche di lavoro e di servizio agli altri (dal sostegno ai propri familiari nelle faccende di ogni giorno alle vere e proprie opere di misericordia a favore dei bisognosi). Abbigliata e pettinata con molta semplicità, senza trucco, gioielli e altre civetterie, Theodule sarebbe sempre stata pronta all’ascesi e alla rinuncia, digiunando spesso, evitando il vino, i cibi ricercati e qualsiasi concessione al lusso e alla mondanità, ma mantenendo sempre, nonostante le mortificazioni, un contegno gioioso e dignitoso.

Ricostruito sulla base di 17 frammenti, l’epitaffio di Theodule è in greco e presenta nell’incipit tre monogrammi cristiani. Ed ecco la particolarità: nell’iscrizione si specifica che Theodule è stata inumata in quel luogo “per il dono del battesimo”. Una motivazione che potrebbe destare perplessità: essere semplicemente battezzata, infatti, non costituisce un merito eccezionale, o comunque tale da giustificare la sepoltura accanto ai martiri. Uno studio di Irma Bitto ha esaminato la lapide alla luce della tradizione patristica che, da Origene in poi, insiste sull’esistenza di due battesimi: quello con acqua e quello di sangue. Quest’ultimo è rappresentato dal martirio, ben più importante e fondamentale ai fini della salvezza. Tale dualismo si fonda sul parallelismo con l’acqua e il sangue del costato di Cristo che fu, come diceva Origene, a tutti gli effetti il primo dei martiri.

Diceva lo stesso Origene nella sua Exortatio: Non possiamo essere battezzati una seconda volta con l’acqua e con lo spirito per cancellare i peccati… ma ci è dato il battesimo del martirio. Lo stesso battesimo-martirio di Cristo, quindi, è l’atto più antico in tal senso, il fondamento della nuova dottrina di salvezza. In questa ottica, l’epitaffio terrebbe a sottolineare che Theodule, accettando il martirio, ha ricevuto il vero battesimo ad imitazione del Salvatore, meritando la sepoltura in quel luogo e, cosa ancor più importante, la vita eterna. La datazione del suo sepolcro potrebbe suggerire che ella sia morta in occasione della stessa persecuzione nella quale fu martirizzato S. Euplio (+304).

Donatella Pezzino

Dal blog dell’autrice: https://donatellapezzinosicily.wordpress.com/2020/11/09/theodule/

Immagine di apertura (puramente rappresentativa visto che non esistono ritratti di Theodule): “Eirene”, uno dei celebri “Ritratti del Fayyum”. Da Wikipedia. Foto di RudolfSimon – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49231989

Foto 2: la cripta di Sant’Euplio in via S.Euplio a Catania (foto da Tripadvisor)

Foto 3: Catania, Chiesa paleocristiana di Santa Maria La Grotta (II sec.), interno (da Wikipedia, autore: Io’ 81, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons)

Foto 4: l’epitaffio di Theodule, da Vittorio Rizzone, Opus Christi Edificabit. Stati e funzioni dei cristiani di Sicilia attraverso l’apporto dell’epigrafia secoli IV-VI, Catania, Studio Teologico S.Paolo, 2011.

Fonti:

  • Irma Bitto, Catania paleocristiana: l’epitaffio di Theodule, in AA.VV. Catania Antica. Atti del convegno della S.I.S.A.C. (Catania, 23-24 maggio 1992), Pisa-Roma, 1996, pp.279-292.
  • Atti dei martiri, a cura di G.Caldarelli, San Paolo Edizioni, 1985.
  • Origene, Esortazione al martirio, a cura di Celestino Noce, Urbaniana 1985
  • G.Rizza, Il martyrium paleocristiano di Catania e il sepolcro di Iulia Florentina, in Oikoumene. Studi in onore del C.E Vaticano II, 1964, pp.593-612.
  • M.Sgarlata, L’epigrafia greca e latina cristiana della Sicilia in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, serie IV, Quaderni 2, Pisa, 1999.
  • V.G.Rizzone, La più antica comunità cristiana di Catania attraverso i documenti epigrafici (sec. IV-V) in  in Agata santa. Storia, arte, devozione, Firenze 2008, pp. 175-189.
  • Vittorio Rizzone, Opus Christi Edificabit. Stati e funzioni dei cristiani di Sicilia attraverso l’apporto dell’epigrafia secoli IV-VI, Catania, Studio Teologico S.Paolo, 2011.
  • Mariella Carpinello, Libere donne di Dio. Figure femminili nei primi secoli cristiani, Mondadori, 1997.
  • San Girolamo, Lettere, Milano, 1855.
  • http://www.diocesidipescia.it
  • Istruzione <i>Ecclesiae Sponsae Imago</i> sull’Ordo virginum (8 giugno 2018) (vatican.va)